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Maschilismo? Moralismo?


Brida
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1 ora fa, aleman dice:

(P.S. per Scrigno: in un altro topic hai fatto fuoco e fiamme perché qualcuno, non ricordo nemmeno chi, ha detto "ma tu ti droghi", che è un modo di dire abbastanza solito tra amici per intendere che stai dicendo una sciocchezza, qui non hai avuto remore ad usare la parola cagna, che ha un'accezione simile, volendo, ma decisamente più volgare, specialmente in questo contesto... Lo dico senza critiche, ma ti invito a riflettere.)

 

Da te non mi aspettavo questo intervento. Per un OT che quindi col contesto, che tu citi addirittura con l'avverbio "specialmente", non c'entra come ho ben specificato proprio niente!

 

Tra di noi "amici" del forum è un conto, Asia Argento invece è un attrice del cinema con cui non abbiamo a che fare personamente da  quasi un ventennio!

Per me vale Manuela Arcuri, Nicolas Vaporidis, o Gabriel Garko, cioè attori che per me sono cani.  Se non si può dire che un attore è un cane e un'attrice una cagna forniteci il dizionario dei termini abilitati, e quelli no,  a esprimere sdegno per le inesistenti doti artistiche di questo attore o quella attrice. 

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(Non può considerarsi OT o fuori contesto perché proprio di quello si parlava e cagna è una parola che ha più significati, uno dei quali è puttana, il che la rende una parola, secondo me, fuori luogo. In ogni caso, il mio era solo un invito a riflettere sull'uso di certe espressioni che possono dare fastidio. ) 

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9 minuti fa, aleman dice:

(Non può considerarsi OT o fuori contesto perché proprio di quello si parlava e cagna è una parola che ha più significati, uno dei quali è puttana, il che la rende una parola, secondo me, fuori luogo. In ogni caso, il mio era solo un invito a riflettere sull'uso di certe espressioni che possono dare fastidio. ) 

 

Si parlava di Asia Argento. E io ho specificato ampiamente che il mio commento riguardava solo le sue "doti" artistiche e di recitazione, senza alcuna altra connotazione, vattelo a rileggere.

 

Io non ho usato mai il termine cagna come puttana in vita mia, non so tu. Francamente ribadisco che potevi risparmiarti queste code fuori luogo a un OT che si riferiva semplicemente a un film da me visto poco fa in cui Asia Argento aveva recitato da schifo.

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4 ore fa, GURU baba rey dice:

 

Da quel che ho letto non l'ha violentata, ha accettato di lasciarlo fare per non danneggiare la sua carriera.

 

Posto che si può pensare che asia argento si sia inventata tutto, lei sostiene di aver subito una violenza (sesso orale non consensuale)

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3 ore fa, Toremoon dice:

 

Che il problema del mondo è il desiderio di potere sull'altro. Il maschilismo ci è chiaro perché nel mondo moderno è l'uomo che ha il potere, ma se lo avessero le donne non cambierebbe molto (e infatti quando queste vanno al potere sacrificano il loro essere donna).

 

Però il femminismo non è l'equivalente del maschilismo, le presidenti donne difficilmente si dicono femministe 

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3 ore fa, GURU baba rey dice:

 

È un esempio poco calzante. Dipingere lo steccato è un sacrificio da niente, accetterebbe chiunque.

 

Prendi il mio esempio invece: accettare la bustarella significa che da quel momento e per sempre sei compromesso, avrai la coscienza sporca, non potrai più insegnare  valori come l'onestà a tuo figlio senza sentirti una merda e un giorno o l'altro potrebbe venire qualcuno a chiederti conto o a mandarti in galera in quanto corrotto. 

È diverso da aver dato il culo? Certamente si. È meno grave? Onestamente non so, dipende dalle persone. Personalmente penso che non potrei più dormire la notte.

 

Quelle che oggi denunciano, eccetto asia argento che dice di essere stata violentata, generalmete non si sono concesse: il punto è che non hanno denunciato l'evento per non perdere il lavoro. Rivedendo l'esempio, rifiutare bustarella ma denunciare pubblicamente solo quando si è al sicuro diventa diverso dall'essere corrotti.

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3 ore fa, Zero dice:

Ma in teoria se cerchi l etimologia del termine Femminismo non indica un movimento opposto al maschilismo. Anzi, nasce come movimento paritario per abbattere i muri, tabu e raggiungere una completa parità. Quindi di base è un qualcosa di giustissimo.

 

L'uguaglianza è un principio universale che non ha nulla a che vedere con il genere. Vuol dire sentire (almeno) tutti gli esseri umani come uguali aldilà di fede, genere, tratti somatici, credenze politiche, azioni, pensieri, manifestazioni sociali, eccetera.

 

Vuol dire ritenere Weinstein uguale alle sue vittime, insomma. 

 

Il femminismo, invece, come tutti i particolarismi dettati da un sentito di inferiorità in qualche campo, desidera avere gli stessi diritti di una maggioranza oppressora, senza considerare che chi opprime, lo fa prima di tutto con se stesso. Le femministe, semplificando, non chiedono uguali diritti fra tutti gli esseri umani, ma vogliono solo uguali diritti rispetto a chi soggiace minoranze religiose, etniche, economiche, sociali, arrivando ad esempi come quelli che hai postato tu, nei quali una pretesa di uguaglianza diventa, invece, solo un'altra forma di oppressione. 

 

Ti faccio un altro esempio: prima del XX secolo le donne non potevano fumare, finché le femministe vinsero la battaglia e pure a loro fu consentito fumare. L'uguaglianza con gli uomini, insomma, ha dato loro il diritto di intossicarsi. Non proprio una grande vittoria per l'umanità.

 

Quello di cui c'è bisogno del mondo è di un movimento umanitarista che veda tutti impegnati affinché l'intera collettività non cerchi gli stessi diritti per tutti, ma che promuova una concezione di essere umano più vicino alla felicità che alla infelicità. 

 

Finché cerchiamo tutti gli stessi diritti, ci dimentichiamo che qui neppure i primi sono felici. 

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7 minuti fa, Tersite dice:

Però il femminismo non è l'equivalente del maschilismo, le presidenti donne difficilmente si dicono femministe 

 

Non ho capito.

 

Le presidenti donne immagino che dicano di volere gli stessi diritti fra uomini e donne. 

 

Sul resto della storia, ho risposto su

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14 minuti fa, Toremoon dice:

Quello di cui c'è bisogno del mondo è di un movimento umanitarista che veda tutti impegnati affinché l'intera collettività non cerchi gli stessi diritti per tutti, ma che promuova una concezione di essere umano più vicino alla felicità che alla infelicità. 

 

Finché cerchiamo tutti gli stessi diritti, ci dimentichiamo che qui neppure i primi sono felici. 

 

Non penso sia conosciuto un modo universale per rendere felici le persone, ma dar loro diritti (o meglio smettere di discriminarle) aumenta il loro benessere. si suppone che le donne stiano meglio in svezia che in arabia saudita, o anche nel nostro paese che stiano meglio ora che negli anni 40. I diritti sono un buon modo per dare benessere alle persone, di felicità non mi intendo (magari un fachiro eremita che sta tutta la vita a contemplare la sofferenza digiunando è più felice di noi, ma non proporrei un movimento globale per portarci tutti alla sua condizione).

 

Sulle presidenti, dicevi giustamente che le donne al potere si conformano al patriarcato: margaret thatcher, golda meir, condoleeza rice, non si direbbero mai femministe. Poi la definizione non è una sola, in accademia è una metodologia che interpreta ogni disciplina in maniera alternativa e non l'ho mai capita. Lei ne dà una bella:

 

Modificato da Tersite
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Per quanto riguarda invece il merito del topic, ho già espresso il mio pensiero 6 giorni fa, magnificando e condividendo al 100% la profondità e giustezza delle parole di Giulia Blasi. Che ho detto che secondo me  andrebbero appese nelle aule dei tribunali e nelle farmacie, e aggiungo anche negli ospedali, e  nelle scuole. E che riporto qui, per chi se le fosse perse...

 

La reazione della collettività al suo racconto è il motivo per cui le donne non denunciano le violenze.

Niente di quello che Asia Argento ha detto a Ronan Farrow della sua esperienza con Harvey Weinstein mi suona strana o stonata rispetto a un quadro di violenza. Niente. Nei racconti delle donne stuprate o molestate, questa modalità ritorna spesso: violentata da qualcuno che conosci, puoi scegliere se farti il vuoto intorno o provare a razionalizzare questa violenza continuando a frequentarlo, fingere che vada bene anche se non va bene, addirittura averci un rapporto negli anni successivi. Come se il sesso offerto cancellasse quello preso con la forza, lo attenuasse. Non è così, la ferita rimane, ma il tempo passa e chi ti crede più? Se sapevi che non ti avrebbero creduta a vent’anni, figurati se ti credono a quaranta, con la tua reputazione, poi.

Potevi non andarci. Non ci si fida di quelli in vestaglia. Potevi sottrarti. Non l’hai fatto. Ne hai approfittato per fare carriera e adesso frigni.

Dovremmo stare tutti dalla parte di Asia Argento. È difficile, vero? E invece fatelo, questo esercizio di empatia. Provateci, smettete di fare quelli che “Ah, se ero io” (lo so che pensate senza congiuntivi, anche se vi sforzate di essere corretti nella lingua scritta: il congiuntivo è sfumatura, e il pensiero perentorio, assolutista, di chi crede di essere sempre nel giusto è così, senza sfumature). Provate a essere una ragazza di ventun anni, minuta, davanti a un bestione in accappatoio che ha più potere su di te di chiunque altro, pure del Presidente del Consiglio, del Papa e di Clinton. Weinstein è l’uomo più potente di tutto il sistema hollywoodiano. Possiede la Miramax. Controlla i tabloid. Ha dalla sua soldi, politici, un esercito di persone influenti che lo difendono. Tu non sei niente, non sei nessuno.
Subisci una violenza, poi te ne vai. La affronti come puoi.

Il pensiero perentorio dice: denuncia! Se non denunci, lui può farlo con altre donne.

Lui in effetti l’ha fatto con altre donne, e quasi nessuna l’ha denunciato. Ambra Battilana Gutierrez si è sentita dire che anche se aveva la registrazione della voce di Weinstein che le diceva dai, su, cinque minuti, cosa vuoi che sia, il procuratore distrettuale di New York non avrebbe mandato avanti il suo caso. E del resto, quanto sarebbe stato difficile per lei provare che non ci stava? Era una ragazza del bunga bunga, dopotutto. Denuncia, Ambra! Anzi, no.
Rose McGowan ha detto: Harvey Weinstein molesta le donne, è uno stupratore, io lo so, io sono una di quelle. Da quando l’ha detto, è praticamente svanita nel nulla insieme alla sua carriera. Ma un’attrice che sparisce non lascia un vuoto, viene subito sostituita da altre attrici. Rosanna Arquette ha detto di no a Harvey Weinstein ed è caduta nello stesso buco nero.

Denunciate, denunciate subito! Tanto, a noi che ce ne frega se la vostra carriera finisce? Le stuprate le vogliamo solo se martiri. Le vogliamo solo se Donatella Colasanti, spezzate nell’intimo, distrutte, annichilite, processate nelle intenzioni al posto dei loro stupratori. Anzi no, non ci vanno bene neanche quelle. Quando si presentano lacere e singhiozzanti alla Polizia per denunciare di essere state violentate dai Carabinieri, si trovano davanti un muro di omertà, notizie false, montature. Figuriamoci se ci vanno bene quando sono tutto sommato in salute, attive, e hanno persino osato avere una carriera. Figuriamoci se possiamo resistere all’impulso di dire che se hanno avuto una carriera è non perché sono brave, ma perché l’hanno data a quello là.
Le stuprate devono essere sofferenti. Solo soffrendo possono espiare la colpa di essere state stuprate.

Asia Argento non ha denunciato subito. Ha cercato di riscrivere la realtà: è una reazione tipica delle donne abituate a mantenere il controllo. Non ci è riuscita, e quando ha capito era troppo tardi ed era sola, e Rose McGowan veniva trattata come la moglie pazza in soffitta. Se avesse parlato, non le avrebbero creduto. E infatti non le credono, ora che Ronan Farrow è riuscito a farsi raccontare da lei e da molte altre quello che è successo. Casi che non si possono denunciare, molto difficili da provare già all’epoca: come fai a provare che non ci stavi? Lui continua a dire che non c’è stato alcuno stupro. La paura rende docili: messe davanti alla possibilità di subire un danno – materiale, professionale, ma anche fisico, che ne sai? Weinstein è grosso, ha fama di uno che si incazza facile e chiaramente non ha considerazione per la tua integrità fisica – le donne molestate hanno scelto la linea di minor resistenza. Ma anche quando dicevano “no” lui andava avanti lo stesso.

Non c’è niente di dubbio, sospetto o incongruo nei racconti delle donne che sono state molestate da Harvey Weinstein. E ora che la presenza di Asia Argento ce l’ha portato in casa, stiamo perdendo l’occasione di interrogarci su cosa succeda davvero negli alberghi, nei camerini, negli uffici ai piani alti dei grandi network televisivi. Con gli opinionisti arroccati su posizioni nonnesche (“Cosa pensavi che succedesse, sciocchina?”) o di una violenza insostenibile, intrise di virtù e di “Se ero io” (c’è differenza fra avance sgradite e uno che ti mette in una posizione di vulnerabilità psicologica totale, per cui se gli dici di no e sei sgradevole lui non ti fa nulla ma ti distrugge la carriera, e se non te ne vai finisci per dover subire), ci stiamo perdendo l’occasione di farci una domanda di cui non vogliamo conoscere la risposta.

È proprio vero che sul divano del produttore, del regista, del direttore di rete ci si va volentieri? Quelle di cui si bisbiglia che abbiano fatto carriera dandola a destra e a manca, sono tutte delle Veronica Castello (la spietata arrivista di 1992 e seguenti) o sono delle Asia Argento, messe in un angolo perché tanto chi ti crede?

Lo stupratore seriale potente (come Weinstein, per dirne uno: ma sono tanti) ama raccontarsi che il suo potere fa parte del suo fascino. È un’idea molto diffusa, questa, che il potere sia erotico e che le donne non possano resistervi. La quantità di orrendi maiali di successo che c’è in giro lo rende piuttosto evidente, ma anche se non bastassero quelli, fate mente locale: quanti uomini conoscete per cui mostrare ricchezza, una bella macchina, orologi costosi è fondamentale nel presentarsi alle donne? “Alle ragazze piacciono quelli col macchinone”, si dicono l’un l’altro i ragazzi di provincia, e il sottinteso è: le donne sono tutte puttane. Le donne cercano i soldi.
A un certo punto della nostra vita, tutte abbiamo subito un approccio da un uomo che trovavamo fisicamente repellente e al quale non avevamo dato alcun segnale di disponibilità, ma che pensava di poterselo permettere in quanto ricco, potente, o entrambe le cose. La maggior parte delle volte si svicola. Io so di averlo fatto. E credo che sia solo culo, e circostanza, se non mi è mai successo di trovarmi con le spalle al muro, a dover prendere la decisione meno dannosa per me, calcolare cosa potevo sopportare, sbagliare il calcolo, doverne gestire le conseguenze, decidere di rompere il silenzio, sentirmi dire che sono una puttana e che potevo parlare prima.

Perché non ho parlato prima?
Perché i costi superavano i benefici. Perché volevo dimenticare. Perché volevo riconfigurare tutto. Perché pensavo di potercela fare. Perché pensavo di essere sola. O la sola. Perché quando denunci qualcuno di straordinariamente potente, un centro gravitazionale del tuo universo, rischi di distruggere la tua vita e quella delle persone che hai intorno. Perché non posso provare niente. Perché è la mia parola contro la sua. Perché so benissimo cosa succederà, poi. Ho visto cosa è successo ad Asia Argento.

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21 minuti fa, Tersite dice:

I diritti sono un buon modo per dare benessere alle persone, di felicità non mi intendo.

 

2 minuti fa, aleman dice:

Ma avere tutti gli stessi diritti non è una base necessaria da cui partire per cercare poi (o nel contempo) la felicità? 

 

Io credo che sia un'illusione del patriarcato, questa. 

 

Lottiamo per i diritti, ma già nel fare questo presupponiamo che ci sia qualcuno che questi diritti ce li deve concedere. Chiediamo diritti, quando l'esistenza stessa di questi dovrebbe essere prerequisito naturale. 

 

Negli Stati Uniti, ad esempio, lottano per il diritto a possedere armi. A noi sembra una barbarie, ma ad alcuni di loro sembra un diritto inalienabile di ogni cittadino. Dal nostro oblò ci sembra inconcepibile che qualcuno possa avanzare questa richiesta, ma immagino che molti siano anche disposti a morire per questo. Così come, un tempo, sono morte persone per il diritto a possedere schiavi. 

 

Tornando all'esempio delle armi, adesso in Italia in pochi hanno il diritto di possederle. Ma avere tutti gli stessi diritti non è una base necessaria da cui partire per cercare poi (o nel contempo) la felicità? Probabilmente molti di noi risponderebbero negativamente a questa domanda, perché sembra che avere tutti il diritto a possedere armi non aumenti la felicità, ma che, anzi, la faccia diminuire. 

 

O, per fare un meraviglioso crossposting, molti lottano per il diritto a potersi drogare. Aumenterebbe questo la felicità personale e generale? Ne aumenterebbe anche solo il benessere? O il diritto all'aborto? O il diritto di fumare?

 

Io non credo, insomma, che i diritti abbiano a che fare direttamente con il benessere e con la felicità, ma con l'idea (che è ben lontana dall'essere la realtà) che possano farlo. Credo di essere felice o di stare nel benessere se ho il diritto di possedere un'arma, di fumare, di possedere schiavi. 

 

Lo stesso diritto di voto ci dà la percezione di essere governati meglio, ma nessuno è contento di come vanno le cose e in molti sono seriamente contrari al suffragio universale (che magari non riguarda le donne, ma gli analfabeti, gli stranieri, i berlusconiani). Eppure non poter votare ci sembra una perdita profonda di un nostro diritto, per poi notare con desolante sconforto che il nostro voto non ha poi questo grande impatto nelle nostre vite, se non aumentare diritti farlocchi che non ci fanno essere effettivamente più felici. In America, ad esempio, dopo aver avuto un Presidente premio Nobel come Obama che ha fatto una riforma che ha esteso la copertura sanitaria a decine di milioni di persone (cose che sembra cosa buona e giusta, no?), mai ci saremmo aspettai l'elezione di un Presidente come Trump che già in campagna elettorale ne aveva annunciato l'abolizione. Le decine di milioni di americani che hanno beneficiato di questo sistema avrebbero dovuto votare in massa per mantenere questa forma di assistenza che avrebbe così tanto migliorato le loro vite, e invece in molti (immagino anche fra i beneficiari) hanno preferito abolirla (anche se mi pare che il Congresso abbia problemi a farlo).

 

Perché mai questa cosa? Forse perché, paradossalmente, il diritto all'assistenza sanitaria non è così importante per molte persone. Non aumenta realmente il loro benessere, né la loro felicità. Sono matti? Forse sì, o forse noi crediamo che dovrebbe farlo, ma in realtà potrebbe non essere così. Nonostante tutti questi diritti, gli americani sono così infelici da preferire l'elezione di un Presidente nuovo che scompigli un po' le carte e possa creare così le condizioni per un nuovo benessere. Chiaramente non sarà così e si andrà avanti all'infinito, con il nuovo che avanzerà di elezione in elezione. 

 

Perché? Perché è il sistema stesso in cui viviamo che è lontano dall'essere produttore di benessere e di felicità. E non è con l'illusione che avendo più diritti che saremo felici. Domani potremmo avere il diritto a possedere armi, schiavi, droga, paghe più alte, assistenze sanitarie sontuose, eccetera, ma tutto questo non ci procurerà neppure un po' di benessere e di felicità reali se non accompagnato da altro: una profonda trasformazione della società in direzione di un aumento della coscienza globale. 

 

I diritti sono tali solo se seguono questa direzione (perché naturali, connotati profondamente con il nostro intrinseco stato di esseri umani). In tutti gli altri casi, come vediamo, sono solo specchietti per le allodole, come il diritto ad andare in giro con flusso mestruale sui jeans. 

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Tore sui diritti umani ci sono scuole di pensiero anche vicine alla tua ma il tuo messaggio sbaglia approccio:

 

7 ore fa, Toremoon dice:

Lottiamo per i diritti, ma già nel fare questo presupponiamo che ci sia qualcuno che questi diritti ce li deve concedere. Chiediamo diritti, quando l'esistenza stessa di questi dovrebbe essere prerequisito naturale. 

 

Qui dici che sono un prerequisito naturale (quindi positivo, a differenza di quel che scrivi dopo) e che è sbagliato il metodo di richiederli come concessione (ma nessuno qui sta manifestando in piazza: si sta parlando del loro valore in astratto). 

 

Sul seguito:

Quasi tutti i diritti umani entrano in collisione tra loro, e ogni questione può essere presentata come un equilibrio fra diritti. Secondo alcuni è sbagliato farlo, come dici te, che però poi presenti tutto negli stessi termini di diritti e li critichi perché ne preferisci uno invece di un altro. 

seguendoi tuoi esempi, la libertà di possedere un'arma contro il diritto alla sicurezza (che ritieni superiore); la libertà di assumere stupefacenti (che sono anche un modo di evolvere spiritualmente, mi sorprende il tuo proibizionismo) contro il diritto alla salute; sulla riforma sanitaria la libertà dalle tasse contro il diritto alla salute per i meno abbienti.

 

Ci sono dilemmi irrisolvibili come fra libertà di espressione e incitazione all'odio (quando si censurano nazisti o si impedisce di incitare pubblicamente alla violenza) e libertà di religione e di vestirsi come si vuole (o addirittura la libertà di indossare un simbolo religioso in un ambiente laico)

 

Si fa meno casino però se si parte da alcuni fondamentali (la libertà dalla tortura, alla vita, il diritto ad avere un lavoro e una famiglia) che dove sono negati portano sicuramente all'infelicità.

 

Poi si può smettere di chiamarli diritti e appellarsi ad altro, per es. uno sviluppo umano che misuri felicità e benessere in modo migliore, ma a quel punto non si può appunto continuare a chiamarli diritti.

 

 

 

Modificato da Tersite
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1 ora fa, Tersite dice:

Tore sui diritti umani ci sono scuole di pensiero anche vicine alla tua ma il tuo messaggio sbaglia approccio:

 

 

Qui dici che sono un prerequisito naturale (quindi positivo, a differenza di quel che scrivi dopo) e che è sbagliato il metodo di richiederli come concessione (ma nessuno qui sta manifestando in piazza: si sta parlando del loro valore in astratto). 

 

Sul seguito:

Quasi tutti i diritti umani entrano in collisione tra loro, e ogni questione può essere presentata come un equilibrio fra diritti. Secondo alcuni è sbagliato farlo, come dici te, che però poi presenti tutto negli stessi termini di diritti e li critichi perché ne preferisci uno invece di un altro. 

seguendoi tuoi esempi, la libertà di possedere un'arma contro il diritto alla sicurezza (che ritieni superiore); la libertà di assumere stupefacenti (che sono anche un modo di evolvere spiritualmente, mi sorprende il tuo proibizionismo) contro il diritto alla salute; sulla riforma sanitaria la libertà dalle tasse contro il diritto alla salute per i meno abbienti.

 

Ci sono dilemmi irrisolvibili come fra libertà di espressione e incitazione all'odio (quando si censurano nazisti o si impedisce di incitare pubblicamente alla violenza) e libertà di religione e di vestirsi come si vuole (o addirittura la libertà di indossare un simbolo religioso in un ambiente laico)

 

Si fa meno casino però se si parte da alcuni fondamentali (la libertà dalla tortura, alla vita, il diritto ad avere un lavoro e una famiglia) che dove sono negati portano sicuramente all'infelicità.

 

Poi si può smettere di chiamarli diritti e appellarsi ad altro, per es. uno sviluppo umano che misuri felicità e benessere in modo migliore, ma a quel punto non si può appunto continuare a chiamarli diritti.

 

Evidentemente il mio pensiero era un po' confuso. 

 

Provo a spiegarlo meglio. 

 

Per me l'idea stesso del diritto è una stronzata. Viviamo in una società che crede che aumentando i diritti, aumenteremo la felicità e/o il benessere, per cui andiamo alla ricerca di più diritti.

 

Ora, più diritti non vuol dire necessariamente più felicità, e non perché questi siano in opposizione con i diritti degli altri, ma proprio perché nessun diritto è reale.

 

Cerco di essere più chiaro. Pensiamo al diritto di parola. Ci sembra un grande passo avanti poterlo avere, rispetto a non poterlo avere, per cui pensiamo che nel momento in cui lo otteniamo, saremo più felici. Oggi in Italia, mi pare, tutti abbiamo il diritto di parola, eppure nessuno è felice di questa conquista, che invece diamo per scontata. Perché? Perché finché il parlare è un diritto, vuol dire che siamo in un sistema in cui la nostra condizione naturale (prerequisito necessario per il benessere e la felicità) è in gabbia. 

 

Se dico che sono contrario ai diritti, non intendo che sono contrario al contenuto dei diritti (parlare, drogarsi, possedere armi, schiavi, votare, libera circolazione, etc.), ma che è la forma-diritto che non permette loro una effettiva riuscita in termini di benessere.

 

Finché sono diritti, ripeto, c'è un individuo che chiede ad un'autorità esterna il permesso di stare al mondo. E anche se questa autorità magnanima li concede (come ha fatto Obama con Obamacare, ad esempio), non funzionano in termini di benessere e felicità perché inseriti in un contesto di schiavitù globalizzata. Siamo sempre ricattabili finché l'autorità può riprendersi i nostri diritti (che, di conseguenza, non sono diritti, ma concessioni).

 

Poi, come la questione del tempo con Scrigno Magico, sembra una cosa ovvia che avere il diritto di parola sia meglio che non averlo, per cui alla fine arriviamo ad amare il Grande Fratello che ce lo concede, ma credo solo perché ci sembra ovvio fin da piccoli che noi dobbiamo conquistarci il nostro diritto di stare al mondo chiedendo il permesso a mamma e papà. 

 

Parlare non è un diritto, insomma, ma solo una possibilità. 

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ok ora non fa una piega, posta l'evidenza che i diritti umani è meglio averli che non averli, porre tutta la questione di benessere/felicità in termini di diritti da beneficiare è fuorviante e limitato a un sistema comunque oppressivo in cui i diritti sono negati o concessi. sei in linea peraltro con quella che forse la più autorevole femminista che è judith butler (oltre che con slavoj zizek che ha scritto "contro i diritti umani" in cui dice grosso modo queste cose qui).

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9 ore fa, aleman dice:

la mancanza di alcuni diritti, solo per alcuni, potrebbe far sentire costoro discriminati e quindi allontanarli da quel concetto di felicità, no? 

 

Se sono infelice perché non ho il diritto di fumare come un uomo, non sarò felice dopo che gli uomini mi avranno concesso quel diritto. 

 

E non perché fumare fa male, ma perché sto riconoscendo l'autorità maschile su di me. 

 

I grandi del mondo non lottano per i diritti, semplicemente agiscono in accordo con ciò che sentono.

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12 ore fa, Toremoon dice:

 

L'uguaglianza è un principio universale che non ha nulla a che vedere con il genere. Vuol dire sentire (almeno) tutti gli esseri umani come uguali aldilà di fede, genere, tratti somatici, credenze politiche, azioni, pensieri, manifestazioni sociali, eccetera.

Questa frase mi sembra che neghi la realtà. L'uguaglianza non avrebbe niente a che fare col genere SE nella maggioranza della popolazione mondiale non si usasse il genere come discrimine tra chi può e chi non può fare, avere o subire determinate cose. Che poi l'uguaglianza riguardi anche altre forme di differenziazione tra gli essere umani non significa che non riguardi anche il genere. E come ha detto Chimamanda Nogozi Adichie (presumo sia il suo nome) il fatto che il maschilismo non sia l'unico problema legato all'uguaglianza non implica che non sia un problema.

 

12 ore fa, Toremoon dice:

 

Il femminismo, invece, come tutti i particolarismi dettati da un sentito di inferiorità in qualche campo, desidera avere gli stessi diritti di una maggioranza oppressora, senza considerare che chi opprime, lo fa prima di tutto con se stesso. Le femministe, semplificando, non chiedono uguali diritti fra tutti gli esseri umani, ma vogliono solo uguali diritti rispetto a chi soggiace minoranze religiose, etniche, economiche, sociali, arrivando ad esempi come quelli che hai postato tu, nei quali una pretesa di uguaglianza diventa, invece, solo un'altra forma di oppressione. 

Questa parte del discorso non l'ho capita. Le femministe chiedono uguali diritti per tutta popolazione, maschi e femmine, dello stato in cui stanno, per essere veramente meritevoli cosa dovrebbero chiedere?

Vero che nessun governo è perfetto e probabilmente chiedono diritti che per la morale di alcune persone o popolazioni riterrebbe da vietare, ma la loro morale ( e la mia, della nostra costituzione e di -spero- tutte le persone che stimo) vede come primo imperativo che le donne abbiano le stesse opportunità, possano fare le stesse scelte che può fare un uomo. Cosa si possa fare per migliorare la base etica di uno stato è un discorso diverso, altrettanto importante, ma che non può soffocare l'aspirazione femminista.

 

12 ore fa, Toremoon dice:

 

Ti faccio un altro esempio: prima del XX secolo le donne non potevano fumare, finché le femministe vinsero la battaglia e pure a loro fu consentito fumare. L'uguaglianza con gli uomini, insomma, ha dato loro il diritto di intossicarsi. Non proprio una grande vittoria per l'umanità.

Come dicevo sopra, stai parlando di due problemi diversi come se uno dovesse soccombere dinanzi all'altro. Le femministe era giusto che si battessero perché anche le donne potessero fumare. Perché era una scelta loro negata non per motivi di salute o sicurezza, ma per una concezione che vedeva la donna come diversa dall'uomo. Era lo stesso tipo di distinzione che si fa adesso tra un adulto e un minorenne, solo che la discriminazione del minorenne è fatta per motivi oggettivi di capacità cognitiva non completamente sviluppata.

Vero, sarebbe stato meglio per la salute collettiva se si fossero battute perché neanche gli uomini fumassero, ma capisci che se tutti trovano giusto che una persona lavori per ottenere quello che gli spetta non è altrettanto giusto che lavori perché altri non abbiano quello che anche lei non ha :D . 

(A parte che allora non si aveva la stessa coscienza che abbiamo oggi sui danni del fumo.)

 

12 ore fa, Toremoon dice:

 

Quello di cui c'è bisogno del mondo è di un movimento umanitarista che veda tutti impegnati affinché l'intera collettività non cerchi gli stessi diritti per tutti, ma che promuova una concezione di essere umano più vicino alla felicità che alla infelicità. 

In pratica stai dicendo che non serve curare l'influenza, perché quel che serve veramente è trovare il modo di non ammalarsi.

Be', per arrivare ad una collettività più sana è necessario sistemare, man mano che si trovano, i problemi che la affliggono. Il femminismo si occupa di uno di quei problemi.

 

E non capisco cosa c'entri la felicità, la felicità è una condizione individuale. Forse tu parli di benessere.

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16 minuti fa, Lemon dice:

il fatto che il maschilismo non sia l'unico problema legato all'uguaglianza non implica che non sia un problema.

 

Non ho negato il problema (che c'è, ed è enorme), solo che non credo che il femminismo lo possa risolvere (o, almeno, quello del link di Zero). 

 

Cita

Le femministe chiedono uguali diritti per tutta popolazione, maschi e femmine, dello stato in cui stanno, per essere veramente meritevoli cosa dovrebbero chiedere?

 

Se il loro è scopo sia essere meritevoli, non sono molto interessato al loro destino. Se è, invece, di essere efficaci, secondo me dovrebbero smetterla di chiedere e cominciare a comportarsi in linea con quanto sentono.

 

Cita

Le femministe era giusto che si battessero perché anche le donne potessero fumare. 

 

È la tua opinione. Io credo che nessuna donna sia stata davvero felice grazie a questa vittoria. 

 

Cita

In pratica stai dicendo che non serve curare l'influenza, perché quel che serve veramente è trovare il modo di non ammalarsi.

 

No, sto dicendo che fumando non curi l'influenza, ma che forse la aggravi. 

 

O, detto forse meglio, che la condizione di infelicità dell'essere umano non si cura aumentando i diritti delle minoranze, ma rifiutando la condizione di sudditi di un sistema maschilista e patriarcale che rende infelici anche chi quei diritti, apparentemente li ha.

 

Come dire: "se avessi tutti i diritti di un uomo sarei felice". Ma io tutti questi uomini felici non ne vedo.

 

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E non capisco cosa c'entri la felicità

 

Se un diritto non ti porta alla felicità, a che ti serve? 

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8 minuti fa, Toremoon dice:

 

Non ho negato il problema (che c'è, ed è enorme), solo che non credo che il femminismo lo possa risolvere (o, almeno, quello del link di Zero). 

 

 

Se il loro è scopo sia essere meritevoli, non sono molto interessato al loro destino. Se è, invece, di essere efficaci, secondo me dovrebbero smetterla di chiedere e cominciare a comportarsi in linea con quanto sentono.

 

 

È la tua opinione. Io credo che nessuna donna sia stata davvero felice grazie a questa vittoria. 

 

 

No, sto dicendo che fumando non curi l'influenza, ma che forse la aggravi. 

 

O, detto forse meglio, che la condizione di infelicità dell'essere umano non si cura aumentando i diritti delle minoranze, ma rifiutando la condizione di sudditi di un sistema maschilista e patriarcale che rende infelici anche chi quei diritti, apparentemente li ha.

 

Come dire: "se avessi tutti i diritti di un uomo sarei felice". Ma io tutti questi uomini felici non ne vedo.

 

 

Se un diritto non ti porta alla felicità, a che ti serve? 

Bisogna scindere-->

Da una parte abbiamo la corrente di base femminista che verte sulla realizzazione di una completa parità. E non per una questione di felicità, ma per una questione di pari opportunità, di giustizia sociale. Poi ci sarà sempre chi sarà felice, e chi non lo sarà.. ma la felicità non credo che centri molto nel discorso.

Dall altra ci sono i vari gruppi e le varie campagne femministe che spesso diventano un qualcosa di degenerato, vedendo il mostro del maschilismo in ogni dove persino negli assorbenti, perdendo di senso pratico e snaturando il concetto stesso di femminismo. 

 

Personalmente sostengo i principi femministi di base, ma spesso ritrovo ridicolo l'estremizzazione del fenomeno deconestualizzato alla società.

 

Per cui se parliamo di principi base ti dico che sono principi giustissimi. Se parliamo di alcune lotte attuali .. beh sono ridicole. Perchè le varie correnti del femminismo di  oggi sbagliano su una cosa importante: "vogliono trasformare la donna in uomo"..  (niente assorbenti, capelli rasati, cravatte, niente reggiseno, peli).

è non c'è niente di più sbagliato. 

Io, invece, sostengo che si può esser diversi, e si deve esser diversi, ma tutti sullo stesso piano.  

 

Sì, secondo me la donna e l’uomo, sono destinati a rimanere assolutamente differenti. E contrariamente a molti io credo che sia necessario mantenerle se non addirittura esaltarle queste differenze. Perché proprio da questo scontro incontro, tra un uomo e una donna, che si muove l’universo intero. 
All’universo non gliene importa niente dei popoli e delle nazioni, l’universo sa soltanto che senza due corpi differenti, e due pensieri differenti, non c’è futuro."

 

Per quanto riguarda la lotta sul fumo potrà esser stata salutarmente parlando una sconfitta.. ma non vedo perchè io non avrei potuto fumare e un uomo si. Io di base non fumo, ma in genere fumo alcuni we, o quando sono in vacanza. Perchè mi dovrei, potenzialmente parlando, privare di una tantum al contrario di un uomo?

 

comunque credo che confondiate il concetto di felicità con il concetto di libertà. che sono due cose differenti. e una non è detto che implichi necessariamente l altra.



 

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12 minuti fa, Toremoon dice:

 

Non ho negato il problema (che c'è, ed è enorme), solo che non credo che il femminismo lo possa risolvere (o, almeno, quello del link di Zero). 

 

 

Se il loro è scopo sia essere meritevoli, non sono molto interessato al loro destino. Se è, invece, di essere efficaci, secondo me dovrebbero smetterla di chiedere e cominciare a comportarsi in linea con quanto sentono.

Ho usato il termine meritevoli perché non capivo in cosa per te fossero carenti, se la critica è all'efficacia la risposta è un'altra: cosa intendi con comportarsi in linea con quanto sentono? Sono sicura che tutte le femministe cercano di comportarsi in linea con quanto sentono, ma se trovano ingiusto che una bambina non possa andare a scuola quando un bambino può, anche se a loro figlia insegnano quel che sanno alle bambine sarà comunque negato il diritto all'istruzione, finché non chiedono che le autorità riconoscano alle bambine quel diritto. E mi sembra che almeno in questo sia evidente che sono state efficaci, nella storia. 

E' vero che il maschilismo non può essere curato solo con le leggi, ma pochi individui che si comportano in un dato modo non cambiano niente se non chiedono, divulgano, argomentano affinché anche tutti gli altri si comportino in quel modo.

 

 

È la tua opinione. Io credo che nessuna donna sia stata davvero felice grazie a questa vittoria. 

E' la mia opinione. E' la mia concezione di giustizia. Giustizia non è felicità. Giustizia è che chi uccide una persona stia in prigione tanti anni. questa cosa non lo renderà felice, ma è giusta, secondo la mia opinione. Perché permette al resto della comunità di essere più sicura. Non felice. Nessuno è felice, credo, se un omicida finisce in galera, ma credo che la maggior parte delle persone lo trovino giusto.

 

 

No, sto dicendo che fumando non curi l'influenza, ma che forse la aggravi. 

Non la aggravi fumando. Amplifichi un ALTRO problema, la salute. Ma curi il primo, la disuguaglianza. 

 

O, detto forse meglio, che la condizione di infelicità dell'essere umano non si cura aumentando i diritti delle minoranze, ma rifiutando la condizione di sudditi di un sistema maschilista e patriarcale che rende infelici anche chi quei diritti, apparentemente li ha.

 

Come dire: "se avessi tutti i diritti di un uomo sarei felice". Ma io tutti questi uomini felici non ne vedo.

No, è come dire: "se avessi tutti i diritti di un uomo avrei le sue stesse possibilità di essere felice." 

 

 

Se un diritto non ti porta alla felicità, a che ti serve? Al benessere, alla salute della società, alla riduzione dei rancori e delle insoddisfazioni all'interno della comunità.

 

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