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referendum costituzionale


liotru
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15 ore fa, Helder dice:

Sì ma tu paragoni l'internazionalismo all'abolizione del senato.

 

mi piacerebbe aprire un dibattito sull'attualità del trotskismo, tema che ho molto a cuore, ma la pagina è una cazzata che cita i https://www.facebook.com/MarxistiPerTabacci/?fref=ts

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sull'italikos, posto che la grecia è un grande paese in cui amo andare in barca a vela ma non prenderei come esempio per la politica degli ultimi decenni.

leggo cose contraddittorie: sarebbe ok se, mantenendo l'italicum inalterato, togliesse il ballottaggio con superpremio per darne uno inferiore alla LISTA che arriva prima. Purché sia lista e non coalizione, in questo modo dà speranza di creare un governo non di centro.

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6 minuti fa, Tersite dice:

sull'italikos, posto che la grecia è un grande paese in cui amo andare in barca a vela ma non prenderei come esempio per la politica degli ultimi decenni.

leggo cose contraddittorie: sarebbe ok se, mantenendo l'italicum inalterato, togliesse il ballottaggio con superpremio per darne uno inferiore alla LISTA che arriva prima. Purché sia lista e non coalizione, in questo modo dà speranza di creare un governo non di centro.

 

Il premio alla coalizione secondo me non conviene neanche ad Alfano. Con che coraggio potrebbe allearsi al PD durante le elezioni? Molto meglio farlo dopo il voto, per "responsabilità", con qualche deputato in meno ma con la certezza di essere determinante per qualsiasi governo (sia col PD che eventualmente con la destra). Ma Alfano non mi sembra molto lungimirante polticamente, quindi non credo riesca a capire questo scenario. Diciamolo chiaramente: con la revisione dell'Italicum gli unici ad essere svantaggiati sono i grillini. 

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mi ha impressionato come zagrebelsky lo abbia detto chiaramente nel confronto con renzi: il rischio del combinato disposto non è che vincesse lui ma che vincessero le forze populiste. 

 

allora ufficializziamo che votiamo no perché la riforma rischia di far andare al potere qualcuno del fronte del no.

almeno dalla grecia prendiamo a modello i paradossi logici.

Modificato da Tersite
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Voterò SI, anche se non credo che la riforma rivoluzionerà il paese (ed in effetti, non potrebbe comunque farlo).

 

1) Le leggi saranno in effetti più veloci, non tanto per quelle che al momento superano le due letture (sono una minoranza), ma proprio perché il numero MINIMO di letture passerà da due ad una;

 

2) Mi piacciono i nuovi strumenti di partecipazione popolare, referendum con il quorum abbassato e legge di iniziativa popolare con obbligo di discussione in parlamento;

 

3) Un piccolo, ma significativo, risparmio sulle spese del parlamento

 

Ma soprattutto per un motivo: la volontà popolare si esprime attraverso lo strumento referendario in maniera non interpretabile.

Ad una domanda precisa, è prevista una risposta precisa: o SI o NO.

Quindi, se ti domandano vuoi "la diminuzione del numero dei parlamentari ed il contenimento dei costi" e tu rispondi NO, vuol dire che NON LI VUOI!

Cioé il popolo italiano NON VUOLE diminuire i costi della politica.

Non è che dopo si potrà dire "no, non è vero che non vuole, non vuole che diminuiscano così poco, ma se lo fai in maniera diversa, allora lo vuole".

Chiunque tenterà di fare una cosa simile per i prossimi 20/30 anni si sentirà rispondere che:  "il POPOLO NON VUOLE, perché glie lo abbiamo chiesto ed ha detto di NO"

 

Famo a capisse ;)

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9 ore fa, Konko dice:

Voterò SI, anche se non credo che la riforma rivoluzionerà il paese (ed in effetti, non potrebbe comunque farlo).

 

1) Le leggi saranno in effetti più veloci, non tanto per quelle che al momento superano le due letture (sono una minoranza), ma proprio perché il numero MINIMO di letture passerà da due ad una;

 

2) Mi piacciono i nuovi strumenti di partecipazione popolare, referendum con il quorum abbassato e legge di iniziativa popolare con obbligo di discussione in parlamento;

 

3) Un piccolo, ma significativo, risparmio sulle spese del parlamento

 

Ma soprattutto per un motivo: la volontà popolare si esprime attraverso lo strumento referendario in maniera non interpretabile.

Ad una domanda precisa, è prevista una risposta precisa: o SI o NO.

Quindi, se ti domandano vuoi "la diminuzione del numero dei parlamentari ed il contenimento dei costi" e tu rispondi NO, vuol dire che NON LI VUOI!

Cioé il popolo italiano NON VUOLE diminuire i costi della politica.

Non è che dopo si potrà dire "no, non è vero che non vuole, non vuole che diminuiscano così poco, ma se lo fai in maniera diversa, allora lo vuole".

Chiunque tenterà di fare una cosa simile per i prossimi 20/30 anni si sentirà rispondere che:  "il POPOLO NON VUOLE, perché glie lo abbiamo chiesto ed ha detto di NO"

 

Famo a capisse ;)

 

Konkordo.

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Lo posto qui perché so che se sbaglio mi corigerete e se dovrete commentare commenterete.
 

Alcuni punti alternativi per un elogio da sinistra della riforma costituzionale.

Presentando alcune ragioni per votare Sì al prossimo referendum da un punto di vista di sinistra, si propone di scardinare la “personalizzazione del referendum”, la dicotomia renziani - antirenziani, spesso ripudiata a parole ma seguita acriticamente nei fatti.

 

Siamo infatti d’accordo con i sostenitori del No nel criticare la classe dirigente che ha proposto la riforma. La riteniamo responsabile di una politica spettacolarizzata, che ha spesso rinunciato a battaglie e a misure efficaci e necessarie in nome della ricerca di un consenso (oltretutto, con risultati da dimostrare). Gli ultimi giorni campagna referendaria “anticasta” confermano l'assenza di scrupoli nell'inseguire i populismi.

I difetti di questa politica, tuttavia, sono in parte conseguenza proprio della forma istituzionale italiana che si intende riformare. Un sistema che impedisce la formazione di governi alternativi a una coalizione centrista, e che ha quindi condannato il Paese a decenni di amministrazioni conservatrici che gestiscono il potere attraverso il consociativismo. Questo perpetuarsi di governi di centro è antidemocratico nella misura in cui impedisce agli elettori di scegliere una politica alternativa, di qualsiasi colore, espressione di un autentico risultato elettorale anziché di un accordo tra le forze più centriste. Tuttavia, la sola possibilità che le elezioni stabiliscano un vincitore, anziché la consueta alleanza tra sedicenti moderati, non fa gridare alla democrazia, ma paradossalmente alla svolta autoritaria, per via del paventato rischio che possano andare al potere determinate forze, solitamente identificate con le destre populiste che, per ironia della sorte, oggi vanno a comporre il fronte del No.

Tale sistema, conservatore, consociativo e lontano dall’espressione della volontà popolare, secondo i suoi sostenitori ha consentito al Paese di vivacchiare dal dopoguerra a oggi mantenendo un equilibrio tra vari gruppi di interesse. Nel mondo di oggi, tuttavia, (comunque la si pensi, ma in particolare per chiunque aspiri a una politica progressista) non è più possibile rinunciare a scegliere un progetto politico chiaro, dato che il grande centro italiano è palesemente inadeguato ad affrontare le sfide attuali: potenze economiche emergenti che sconvolgono gli equilibri economici, dinamiche demografiche in crescita esponenziale che provocano migrazioni epocali, cambiamenti ambientali sempre più violenti e meno sostenibili. 

La parte della Costituzione che il fronte del No cerca di difendere è proprio la responsabile di tale sistema inefficiente, che perpetua la conservazione di grandi coalizioni e lo svilimento della democrazia su più livelli. 

1. Innanzitutto l'umiliazione del Parlamento, che immobilizzato nella sua funzione legislativa e scavalcato dal *combinato disposto* tra decreti e mozioni di fiducia, diviene mero ratificatore della volontà governativa, limitandosi spesso ad approvare urgentemente provvedimenti emergenziali stabiliti dall'esecutivo. Le sue proposte di leggi migliori, dal reato di tortura allo ius soli, risultato della sua più nobile funzione legislativa, giacciono per anni (in media oltre 500 giorni) tra le camere ridondanti, in una navette che sopravvive perfino allo scioglimento delle stesse.

2. L’indebolimento dello stesso governo nazionale, che rinunciando ad affermare un progetto politico chiaro e definito si ritrova succube di organismi sovranazionali non democratici, su tutti i mercati finanziari.

Tre sono i principali punti che individuiamo in particolare a sostegno della riforma.

1. Su tutti, il sorprendente suicidio del Senato. È sottovalutata la circostanza insperata che i membri di un'assemblea votino per lo scioglimento definitivo della stessa, rinunciando alla loro possibile conferma. Un tabù infranto in maniera inaspettata, un'occasione irripetibile di sciogliere il Senato politico, allineandoci al resto dei bicameralismi occidentali. Un’opportunità di fronte a cui appare semplice correggere i difetti secondari, pur presenti, nella riforma.

2. I limiti all'intervento dell'esecutivo sul processo legislativo, con la restrizione del ricorso ai decreti, procedura emergenziale diventata prassi diffusa, e procedure alternative di approvazione di provvedimenti, come il procedimento a data certa, che consentono un iter parlamentare in tempi brevi senza svilire il potere legislativo.

3. Il rafforzamento della democrazia diretta, con referendum abrogativi con un quorum meno arduo da raggiungere, con referendum propositivi e con l'obbligo di esame delle leggi di iniziativa popolare.

Mentre autorevoli osservatori hanno rivolto critiche fondate e interessanti, le principali e più diffuse osservazioni paiono assurde, inspiegabili e in mala fede. Su tutte: 

1. La lunghezza dell'art. 70, sulla divisione delle funzioni tra Camera e Senato. L'impianto, approvato all’unanimità dai circa 200 costituzionalisti che già prima del Governo Renzi avevano elaborato la proposta di riforma, è volto a indicare in dettaglio le competenze di ciascun ramo del Parlamento, per evitare possibili conflitti. I critici affermano che tale disciplina sia “troppo lunga per una Costituzione”. Per quanto rozza e inutile possa sembrare l'argomentazione, questa si rivela anche assurda nell'osservare che il testo attuale già contiene articoli del doppio della lunghezza (per es. il 117). Per non parlare di una comparazione con gli articoli delle principali costituzioni del mondo.

2. La mancanza di checks and balances in assenza del Senato politico. Troviamo inconcepibile ritenere il Senato attuale, espressione della stessa maggioranza politica della Camera, un contrappeso al Governo, cui dà la fiducia al momento dell'insediamento e cui di prassi approva puntualmente, come menzionato, i decreti con mozioni di fiducia per evitare lo scioglimento. L’autentico contrappeso è al contrario la creazione di un Senato di composizione diversa, che finalmente non ricalca la maggioranza della Camera, a cui il Governo non può chiedere la fiducia. Tale Senato mantiene il potere legislativo su temi rilevanti che necessitano di un bilanciamento (dalla revisione della costituzione alla legge elettorale). L'innalzamento delle maggioranze qualificate per l'elezione del presidente della repubblica, per la dichiarazione dello stato di guerra e il controllo preventivo della Corte Costituzionale sulle leggi elettorali sono ulteriori strumenti di garanzia introdotti dalla riforma.

In conclusione, riteniamo che la riforma rappresenti un’opportunità più unica che rara di cambiare in meglio il sistema. Non temiamo di rimarcare i difetti che contiene, dai senatori di nomina presidenziale nella Camera delle autonomie alle critiche all'Italicum (che tuttavia a) non è oggetto di voto referendario b) è attualmente in corso di modifica, e soprattutto c) sarà soggetto alla valutazione di costituzionalità - se del caso, in relazione al nuovo testo - da parte della Consulta).

E’ con grande rammarico che osserviamo un dibattito incentrato su questioni secondarie, come il taglio ai costi della politica, quando una politica coraggiosa avrebbe potuto insistere sui contenuti innovativi di una riforma. 

Vediamo in questo referendum un'occasione irripetibile per superare la democrazia consociativa, per poter veder governare un progetto politico coraggioso e identitario, unica alternativa al rassegnarsi al grande centro. Ci sorprendiamo nel vedere, nella retorica del no, confondersi la democrazia con il consociativismo, le garanzie parlamentari con il conservatorismo, la possibilità di far vincere una forza diversa dal grande centro un pericolo di deriva autoritaria. Ci rammarichiamo nel leggere queste istanze perorate dalla sinistra, da sempre rassegnata al ruolo di opposizione al potere conservatore, che oggi sembra volersi lasciare morire democristiana.

Per queste ragioni valutiamo questa riforma, sorprendente e irripetibile, specie in relazione alle scarse aspettative nei confronti delle forze politiche attuali. Il giudizio su queste ultime, per rispetto alla Costituzione, non può condizionare la valutazione della riforma.

Diceva Eleanor Roosevelt che great minds discuss ideas, average minds discuss events, small minds discuss people.

Lo stesso vale in qualsiasi campo e, a maggior ragione, quando si tratta di discutere di una riforma costituzionale.

Modificato da Tersite
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1 ora fa, Anomander Rake dice:

Plico referendario recapitato. 

 

Anche per me è il momento di scegliere , un paio di residenti all'estero mi chiedono consiglio.

 

@Tersite sono d'accordo con il pippone, in generale. Non credo che il consociativismo italiano sia dovuto in "buona parte" all'architettura istituzionale. Piuttosto è da essa incentivato, o forse la relazione è quella opposta; comunque attenuerei.

Va tolta la parte sul l'unicità del suicidio, dato che appena 10 anni fa una riforma poi non confermata dal referendum ridusse numero di parlamentari e prerogative del senato in misura comparabile .

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Grazie

Nel 2006 rimaneva il senato elettivo, si riduceva il numero dei parlamentari, ma di poco (mi pare circa del 20%) e con due legislature di distanza (sarebbe entrata in vigore in questi anni). I senatori di fatto non rinunciavano alla conferma.

 

Con il sistema attuale non è possibile creare una maggioranza senza grande coalizione, viste le 3 forze politiche in Italia ma in questo influisce soprattutto la legge elettorale.

 

 

 

 

 

 

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Dibba ieri a domanda precisa di Giorgino sulla contraddizione dei 5 stelle di essere proporzionalisti ma non voler fare alleanze, ha risposto sostanzialmente con un "lei è arrogante". 

 

Che cialtrone.

 

Ha detto anche che votando SI il nuovo senato impedirà di inserire in Costituzione i referendum propositivi. Peccato che proprio la riforma li introduca con il nuovo articolo 71.

 

Che "malparido gonorrea".

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Il 14/11/2016 at 17:57, Tersite dice:

Lo posto qui perché so che se sbaglio mi corigerete e se dovrete commentare commenterete.

ovvero - alcuni punti alternativi per un sostegno alla riforma da sinistra.

Con un sostegno alla riforma da un punto di vista di sinistra si propone innanzitutto di scardinare la "personalizzazione del referendum", la dicotomia renziani - antirenziani, da tutti ripudiata a parole quanto seguita acriticamente nei fatti.

Condividiamo con i sostenitori del No la critica all'attuale classe dirigente, responsabile di una politica spettacolarizzata che rinuncia spesso a battaglie e a riforme efficaci quanto necessarie, in nome della ricerca del consenso. La campagna referendaria "anticasta", purtroppo, non fa eccezione dall'inseguire i populismi.

Riteniamo che i difetti di questa politica siano in buona parte conseguenza del sistema istituzionale italiano, che impedisce la formazione di forze radicali e identitarie, per limitarsi ad amministrare attraverso il consociativismo. In questo modo, il Governo non può avere un indirizzo politico diverso da quello della conservazione, e la sola possibilità che le elezioni stabiliscano un vincitore evidente e immediato fa gridare, anziché alla democrazia, alla svolta autoritaria (il rischio generalmente paventato, oltretutto, riguarda la vittoria delle forze populiste unanimemente schierate con il No).

Il sistema attuale mantiene una dialettica partitica, costantemente dominata dai centristi, volta a gestire l'equilibrio tra i vari gruppi di interesse. Tale sistema, conservatore e non pienamente democratico, si rivela palesemente inadeguato ad affrontare le sfide attuali: potenze economiche emergenti che sconvolgono gli equilibri economici, dinamiche demografiche in crescita esponenziale che provocano migrazioni epocali, cambiamenti ambientali sempre più violenti e meno sostenibili.

Un sistema inefficiente che perpetua la conservazione di grandi coalizioni e lo svilimento della democrazia su più livelli. 
Innanzitutto l'umiliazione del Parlamento, immobilizzato nella sua funzione legislativa e scavalcato dal *combinato disposto* tra decreti e mozioni di fiducia e diviene mero ratificatore della volontà governativa, nell'approvare urgentemente provvedimenti emergenziali stabiliti dall'esecutivo. Le sue proposte di leggi migliori, dal reato di tortura allo ius soli, risultato della sua più nobile funzione legislativa, giacciono per anni tra le camere ridondanti, in una navette che sopravvive allo scioglimento delle stesse
L'intero governo nazionale, che rinunciando ad affermare un progetto politico chiaro e definito si ritrova succube di organismi sovranazionali non democratici, su tutti i mercati finanziari.

Punti chiave di sostegno alla riforma

Su tutti, il sorprendente suicidio del Senato. È sottovalutata la circostanza sorprendente dei membri di un'assemblea che votano per il suo scioglimento definitivo, rinunciando alla loro possibile conferma. Un tabù infranto in maniera inaspettata, un'occasione irripetibile di sciogliere il Senato politico, di fronte a cui appare semplice correggere i difetti, pur presenti, nella riforma.

I limiti all'intervento dell'esecutivo sul processo legislativo, con la restrizione del ricorso ai decreti e procedure alternative, come il procedimento a data certa, che consentono un'approvazione parlamentare in tempi brevi senza svilire il potere legislativo. 

Il rafforzamento della democrazia diretta, con referendum abrogativi con un quorum meno arduo da raggiungere, con referendum propositivi e con l'obbligo di esame delle leggi di iniziativa popolare.

Le 2 principali critiche che inorridiamo nel leggere:

La lunghezza dell'art. 70, sulla divisione delle funzioni tra Camera e Senato. L'impianto è volto a indicare in dettaglio le competenze di ciascun ramo del Parlamento. La critica è che tale distinzione sia troppo dettagliata per una costituzione. Per quanto rozza possa sembrare l'argomentazione, questa si rivela anche assurda nell'osservare che il testo attuale della Costituzione già contiene articoli del doppio della lunghezza (per es. il 117). Lo stesso accade con le principali costituzioni del mondo. 

La mancanza di checks and balances in assenza del Senato politico. Troviamo inconcepibile ritenere il Senato attuale, espressione della stessa maggioranza politica della Camera, un contrappeso al Governo, cui dà la fiducia al momento dell'insediamento e cui approva i già menzionati decreti con mozioni di fiducia per evitare lo scioglimento. La creazione di un Senato di composizione diversa, che finalmente non ricalca la maggioranza della Camera, a cui il Governo non può chiedere la fiducia, costituisce al contrario un contrappeso effettivo, sui temi di rilevanza democratica (dalla revisione della costituzione alla legge elettorale) su cui la riforma gli attribuisce la competenza. L'innalzamento delle maggioranze qualificate per l'elezione del presidente della repubblica, per la dichiarazione dello stato di guerra e il controllo preventivo della Corte Costituzionale sulle leggi elettorali sono ulteriori strumenti di garanzia introdotti dalla riforma.

Riteniamo pertanto che la riforma sia una rara opportunità di cambiare in meglio il sistema. Non temiamo di rimarcare i difetti che contiene, dai senatori di nomina presidenziale nella Camera delle autonomie alle critiche all'Italicum, che tuttavia non è oggetto di voto referendario, è attualmente in corso di modifica, e soprattutto sarà soggetto alla valutazione della Corte Costituzionale.

Ci rammarichiamo che il dibattito sia incentrato su questioni secondarie, come il taglio ai costi della politica, quando una politica coraggiosa avrebbe potuto insistere sui contenuti innovativi di una riforma. 
Vediamo in questo referendum un'occasione unica per superare la democrazia consociativa, per poter vincere le elezioni con progetti politici coraggiosi e identitari, senza rassegnarsi al centrismo. Ci sorprendiamo nel vedere, nella retorica del no, confondersi la democrazia con il consociativismo, le garanzie parlamentari con il conservatorismo, la possibilità di far vincere una forza diversa dal grande centro un pericolo di deriva autoritaria. Ci rammarichiamo nel leggere queste istanze perorate dalla sinistra, da sempre rassegnata al ruolo di opposizione al potere conservatore. 

Per queste ragioni valutiamo questa riforma, nelle attuali circostanze, sorprendente e irripetibile, specie in relazione alla scarsa stima che riponiamo nelle forze politiche attuali. Il giudizio su queste ultime, per rispetto alla Costituzione, non può condizionare la valutazione della riforma.

Diceva Eleanor Roosevelt che great minds discuss ideas, average minds discuss events, small minds discuss people.

Lo stesso vale in qualsiasi campo e, a maggior ragione, quando si tratta di discutere di una riforma costituzionale.

 

Alla fine ho ovviamente letto e, in linea di massima, condivido quasi tutto.

 

Ma l'hai scritto tu? perchè parli di "noi"?

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