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Zero
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3 ore fa, Ulixess dice:

Ah @absolute da voi a teramo si utilizza il termine "ccimentare" per dire "pprovarci con una ragazza"? Io sto provando a farlo attecchire nella bassa padovana, ormai con i miei amici è diventato un must. 

Da noi invece per dire "provarci con una ragazza" Si utilizza l'espressione "fare carte" (sta facendo carte con la tipa)
 

3 ore fa, Helder dice:

Ah, comunque una mia curiosità: nelle vostre zone cosa si usa come palliativo della bestemmia?

Qui sono molto diffuse le varianti "porco diaz", "porco dighel", "porco due", etc, più qualche combo misteriosa ("zio cantante").

In toscana invece mi pare più diffuso l'uso di maremma, e in abruzzo maiella, però nelle altre regioni non saprei.

I morti di Cristoforo Colombo

Porco zio 

Però in realtà non si usano molto i palliativi delle bestemmie :D

 

2 ore fa, Sveva dice:

Alùra ta set noter che al mèt al pota an tote le razù chel dis

Ma che vuol dire? sembra francese :D

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10 ore fa, darkshout dice:

Oppure il tanto disturbante (per i non autoctoni) "Com'è?" al posto di "Come va?" o "Come stai?"

Tanto che se ti sposti di qualche km, la gente ti risponde "com'è cosa, scusa?".

 

Aggiungo (dallo slang tamarro):

non mi chiudere (non stressarmi, non rompermi le scatole)

- oggi ho tagliato (non sono andato/a a scuola)

Cisti! (Fai attenzione!)

 

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6 ore fa, ~ Josephine dice:

Tanto che se ti sposti di qualche km, la gente ti risponde "com'è cosa, scusa?".

 

Aggiungo (dallo slang tamarro):

non mi chiudere (non stressarmi, non rompermi le scatole)

- oggi ho tagliato (non sono andato/a a scuola)

Cisti! (Fai attenzione!)

 

 

Si dice ancora? Perché era così negli anni '90 :D

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A Roma l’espressione “mortacci tua” spesso è sinonimo di ammirazione. Non scorderò mai il racconto di un amico che durante il militare lo disse ad un siciliano con questo intento e quello invece lo voleva gonfiare di botte.

 “Fio de na mignotta” è sinonimo di paraculo (ovviamente in ambedue è fondamentale il tono con cui lo dici).

Pertanto se vi dicono “li mortacci tua sei proprio un fio de na mignotta” non vi stanno insultando i morti e dicendo che vostra madre è una zoccola ma più semplicemente “ammazza quanto sei fico”.

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39 minuti fa, GURU baba rey dice:

 

"chewing gum" è la parola che in assoluto ha scatenato le più folli fantasie di traduzione nei vari dialetti.

Nel messinese la chiamiamo "masticante" :D

Il mio preferito è il pugliese "cingomma". 

Qui comunque si chiama "cicca", se chiedi una "gomma" ti danno una gomma per cancellare (storia vera, ne diedi una a un romano, una volta usciti da una pizzeria). 

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13 minuti fa, Helder dice:

Il mio preferito è il pugliese "cingomma". 

Qui comunque si chiama "cicca", se chiedi una "gomma" ti danno una gomma per cancellare (storia vera, ne diedi una a un romano, una volta usciti da una pizzeria). 

Ahaha confermo. O cingomma o gigomma .. A volte si puo usare anche cicca pero' quest ultimo puo' essere utilizzato anche per chiedere una sigaretta

Modificato da Zero
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ti cào sur petto (ti defeco sul torace): non do seguito alla tua proposta (simile al romanesco "ti piscio")

simile anche "ti vo' ner culo"(non serve traduzione): entrambe le espressioni possono anche essere usate affettuosamente con un parente e non sono particolarmente aggressive

 

"fa' vaini" (ci guadagni del denaro): sottolinea ironicamente l'inutilità o la scarsa rilevanza di una certa proposta o affermazione (simile al romanesco "sticazzi")

 

"bùo di ùlo" (non serve traduzione): fortunato, anche "figliolo della gallina bianca", anche da dire quando uno è sfortunato a mo' di paradosso (l'ironia tipica livornese per enfatizzare qualcosa tende ad accentuare con un'iperbole il suo contrario).

 

"la potta n sarsa" (la vulva nel sugo): periodo mestruale femminile

 

"mi fa na sega" (non serve traduzione): non mi tange

 

"farda" (che leggo essere un francesismo per "sporcizia"): donna di facili costumi o che svolge il mestiere più antico del mondo (ma detto affettuosamente, a differenza di "tegame" che invece è più offensivo)

 

inoltre il popolare "boia dé" non è molto comune, si usa in circostanze gravi ed estreme, di solito ogni frase comincia con un'elisione di boia (booo) e si conclude con dé.

tipo per dire che fa freddo: bo' che freddo dé; per dire che qualcosa è bella bo' bèllla dé. 

 

per fare un esempio, una donzella potrebbe negarsi per questioni di ciclo mestruale all'amato, in questo caso sfortunato, dicendogli:

 

"o bùo di ùlo, ti cào sur petto perché c'ho la potta 'n sarsa" (oppure "o bùo di ùlo, ti vò ner culo perché c'ho la potta n sarsa)

prefigurando, etimologicamente, nel primo caso una pratica fetish, nel secondo un caso di ermafroditismo.

 

l'uomo potrebbe rispondere che il problema non è per lui ostativo e quindi invitarla in ogni caso ad amarsi dicendo:

"bò fa vaìni farda vieni vì ddé mi fa na sega".

 

anche se etimologicamente sembrerebbe un ripiegamento sull'autoerotismo oltretutto retribuito economicamente.

 

 

 

 

 

 

Modificato da Tersite
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13 minuti fa, Tersite dice:

ti cào sur petto (ti defeco sul torace): non do seguito alla tua proposta (simile al romanesco "ti piscio")

simile anche "ti vo' ner culo"(non serve traduzione): entrambe le espressioni possono anche essere usate affettuosamente con un parente e non sono particolarmente aggressive

 

"fa' vaini" (ci guadagni del denaro): sottolinea ironicamente l'inutilità o la scarsa rilevanza di una certa proposta o affermazione (simile al romanesco "sticazzi")

 

"bùo di ùlo" (non serve traduzione): fortunato, anche "figliolo della gallina bianca", anche da dire quando uno è sfortunato a mo' di paradosso (l'ironia tipica livornese per enfatizzare qualcosa tende ad accentuare con un'iperbole il suo contrario).

 

"la potta n sarsa" (la vulva nel sugo): periodo mestruale femminile

 

"mi fa na sega" (non serve traduzione): non mi tange

 

"farda" (che leggo essere un francesismo per "sporcizia"): donna di facili costumi o che svolge il mestiere più antico del mondo (ma detto affettuosamente, a differenza di "tegame" che invece è più offensivo)

 

inoltre il popolare "boia dé" non è molto comune, si usa in circostanze gravi ed estreme, di solito ogni frase comincia con un'elisione di boia (booo) e si conclude con dé.

tipo per dire che fa freddo: bo' che freddo dé; per dire che qualcosa è bella bo' bèllla dé. 

 

per fare un esempio, una donzella potrebbe negarsi per questioni di ciclo mestruale all'amato, in questo caso sfortunato, dicendogli:

 

"o bùo di ùlo, ti cào sur petto perché c'ho la potta 'n sarsa" (oppure "o bùo di ùlo, ti vò ner culo perché c'ho la potta n sarsa)

prefigurando, etimologicamente, nel primo caso una pratica fetish, nel secondo un caso di ermafroditismo.

 

l'uomo potrebbe rispondere che il problema non è per lui ostativo e quindi invitarla in ogni caso ad amarsi dicendo:

"bò fa vaìni farda vieni vì ddé mi fa na sega".

 

anche se etimologicamente sembrerebbe un ripiegamento sull'autoerotismo oltretutto retribuito economicamente.

 

Chiaramente son tutti toscanismi ammettibili

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