Vai al contenuto

La Sperimentale 2 - Le intro


Ospite
 Share

Recommended Posts

Il Contadino Traditore - 1

Era trascorso più di un anno e mezzo dall'incidente al Laboratorio che seminò una scia di sangue fra le mura della sperimentazione di Lupi e Contadini.

Da allora, numerose precauzioni furono prese dai vertici della ForUML SpA: in particolare, il settore L, destinato allo sviluppo di nuove specie lupesche, fu trasformato in una sorta di carcere di massima sicurezza. Solo chi disponeva della tripla autorizzazione C/C/C poteva accedervi e lavorarci: si trattava principalmente di ricercatori e reclute contadine il cui potere implicava lo scoprire Lupi o ruoli precisi e il team di sviluppo era affidato al Criptozoologo, un luminare della biologia e del comportamento dei Mannari.

Ma nel settore L entravano anche inservienti, perlopiù Contadini Semplici in attesa di ulteriore collocazione, le cui mansioni erano di pulizia e di manutenzione. Uno di essi, un tale Judas Bruteson, dopo mesi di condotta irreprensibile nel settore C ed in quello N, ottenne un incarico di grossa responsabilità: pulire le gabbie dei Lupi.

Anche nel settore L aveva conquistato la fiducia di tutti, lavorando alacremente e senza commettere errori: e così il Domatore gli spiegò come ammansire i Lupi mentre lavorava nelle loro gabbie, il Programmatore gli mostrò come disattivare l'allarme per potersi spostare più velocemente da una gabbia all'altra aggirando le autorizzazioni richieste dal sistema di sicurezza, la Sentinella Kevin Donovan infine, divenuto ormai suo amico, gli confidò, in sala mensa, che si era innamorato della Cheerleader, una delle reclute più brillanti del settore C, e che di lì a tre giorni avrebbero combinato un rendez-vous segreto durante le sue ore di turno.

I tre giorni passarono e quella fatidica sera Judas Bruteson, integerrimo Contadino Semplice, si ritrovò solo nel settore L, con la possibilità di poter agire indisturbato e liberare i Lupi presenti.

Eh sì, perché il Contadino Semplice integerrimo che tutti conoscevano era stato ingaggiato da un fantomatico Signor De la Rue per voltare le spalle ai Contadini e scatenare la furia lupesca. Bruteson accettò, non tanto per il denaro che De la Rue gli aveva già anticipato, quanto per la promessa fattagli dallo stesso: non ci teneva a far la fine dei tanti Contadini Ignari che aveva conosciuto in passato, non voleva passare una vita senza potere, con magari un riconoscimento solo dopo la propria morte. Voleva essere protagonista lì e in quel momento, anche a costo di tradire i suoi alleati.

Una, due, tre: le gabbie che imprigionavano i Lupi nel Laboratorio vennero aperte dal Contadino Traditore e tre grossi e minacciosi esemplari di Mannaro, ormai avvezzi alla presenza di Bruteson, lo seguirono e percorsero con lui i corridoi del Laboratorio, spinti dal desiderio di carne fresca: il branco iniziò la caccia.

La Cheerleader - 2

Settore T: Two Rooms and a Boom, stanza A.

Dopo un breve ma intenso periodo di sperimentazione, il settore T era stato abbandonato senza troppe cerimonie. La stanza A, come la sua gemella B, era piccola e spoglia, eccezion fatta per una scrivania, quella del Presidente Blu, ed una sedia. Le pareti erano annerite dalle esplosioni di test causate dal Bombarolo Rosso e nessuno aveva più provveduto a ritinteggiare.

Di certo non il luogo più romantico dove portare una ragazza, ma il Laboratorio non offriva molto altro ad un membro del servizio di sicurezza e ad una recluta a cui era impedita l'uscita dalla struttura.

Mh, le premesse non sono buone, osservò la Cheerleader. Al contrario dei preconcetti che la volevano bella e stupida, la biondina che seguiva un impacciato ragazzo armato di pistola e distintivo era tutt'altro che frivola. Una laurea in psicologia ottenuta nella prestigiosa università di Oxwolf in tasca, Alice O'Carroll aveva rinunciato ad una facile carriera nel mondo dello spettacolo per servire la causa dei Contadini, aiutandoli a dare il massimo e a superare ostacoli e barriere di Lupi e pro-Lupi.

Ma era una ragazza e come tutti i suoi coetanei aveva un cuore: quel simpatico e pasticcione di Kevin l'aveva conquistata con i suoi modi di fare cordiali e al tempo stesso sinceri ed il suo carattere complicato e quindi affascinante, per una psicologa come lei. Certo, poteva mostrarle almeno del buon gusto...

Se non altro bacia bene, pensò per un attimo Alice, mentre le sue labbra e quelle di Kevin si aprivano voluttuose per lasciare spazio alle loro lingue. Poi la giovane smise del tutto di pensare: la schiena contro la porta, bloccata dal corpo del suo amante, Alice si abbandonò alle mani frenetiche eppure timide del giovane, che ormai ardeva di desiderio. In pochi minuti i vestiti addosso ai due sparirono uno dopo l'altro, in una danza sensuale fatta di bottoni slacciati e zip abbassate. Un solo rumore, sordo, quando la cintura con la pistola e le manette della Sentinella cadde a terra, poi solo mugolii quasi sussurrati e respiri sempre più intensi.

Di lì a poco, Alice benedisse la presenza della scrivania in quella stanzetta: i giovani amanti lasciarono definitivamente ogni pudore e si strinsero, ansimanti e in ebollizione, senza null'altro che la propria pelle addosso.

L'estasi non durò molto, però: le voci arrochite dall'eccitazione furono coperte da un urlo lancinante, proveniente dall'esterno. Alice fu la prima a tornare sulla Terra e, recuperando poco a poco la lucidità, respinse controvoglia il povero Kevin.

"Ehi, scusa."

"Ehi..."

"Hai sentito anche tu? Cos'è stato?"

"Non so, forse il Pazzo ha uno dei suoi att..."

Kevin non terminò la frase. Un ululato, in apparenza lanciato dalla stessa parte da cui era provenuto il grido di poco prima, proruppe nelle orecchie dei due.

"Oh cazzo..."

Una sequela di improperi uscì dalla bocca della Sentinella, che durante l'atto della vestizione si accusò di qualunque imperizia possibile ed impossibile e già si vedeva licenziato, arrestato, rovinato per sempre. La più lucida Cheerleader, esperta nel campo degli incoraggiamenti, si rimise il top e la gonnella e lo rassicurò sul da farsi:

"Non preoccuparti, non fasciarti la testa prima del tempo. Ora, tu conosci bene il Laboratorio. Da che parte pensi siano venuti l'urlo e l'ululato?"

"Da est, quindi direi settore N, Neutrali e ambigui."

"E i Lupi dove sono?"

"Nel settore L, quello che avrei dovuto controllare io. E' tutta colpa mia..."

"Ssst, Kevin. Ssst." E lo interruppe con un tenero bacio. "Pensiamo a riparare, poi conteremo i danni. Chi può accedere al settore L, a parte te?"

"I ricercatori e gli addetti alla pulizia. Stasera era di turno Judas Bruteson, un Contadino Semplice. E' un mio amico, gli avevo detto che non ci sarei stato e mi avrebbe cop... Oddio, e se fosse stato attaccato e ucciso da un Lupo? E' mio compito proteggerlo dallo sbrano!"

"Se fosse stato così, avremmo sentito urlo ed ululato venire dal settore L, no?"

"Hai ragione, Alice, c'è qualcos'altro sotto, allora." Rincuorato dalla sua compagna, la Sentinella tornò subito vigile e pronto a rientrare in azione.

"Andiamo ad indagare, allora. No?"

"Sì, hai ragione. Io vado nel settore L. Tu torna al settore C, è dalla parte opposta e dovresti essere al sicuro: avvisa più gente possibile, state pronti ad intervenire."

"Andrai da solo? Sei sicuro?"

"E' il mio lavoro, tesoro."

"Ok. Fa' attenzione."

Un altro bacio, sfuggente, e i due aprirono la porta della stanza, pronti a dividere le proprie strade. Un sorriso e si lasciarono alle spalle la notte di passione.

"Ehi, Kevin..."

"Sì?"

"Hai dimenticato il cinturone nella stanza, cowboy." Alice gli fece l'occhiolino e corse verso il settore dei Contadini, mentre Kevin, confuso e imbarazzato, rientrò di corsa nella stanza A.

Ok, Alice, togliti tutto dalla testa. C'è un problema e devi risolverlo. E alla svelta. Metodo e applicazione.

I Lupi - 3

Questa proprio non ci voleva. Spero che De la Rue non faccia storie.

Judas non era pronto al sangue. Il piano elaborato da De la Rue era il tipico lavoretto pulito: una decina di minuti e tutto sarebbe finito. A quell'ora, del resto, dovevano essere tutti a dormire o comunque nelle proprie stanze.

E invece nel corridoio antistante il settore N incrociarono un tizio che Judas non aveva mai visto prima. Il suo volto non gli diceva nulla, gli sembrava assolutamente anonimo, così come le sue movenze erano indistinguibili da quelle della gente comune.

L'urlo che lanciò quando il primo Lupo lo morse al collo gli si incollò nella testa e il Contadino Traditore seppe subito che non lo avrebbe lasciato per tutta la vita.

Non che ciò che vide fosse meno impressionante.

Il primo ad attaccare fu il Lupo più magro e all'apparenza debole dei tre che componevano quel branco sperimentale. Judas ricordava che gli veniva data mezza porzione di cibo ogni volta e che il Dietologo seguiva costantemente i parametri biometrici di quell'animale. Non poteva sorprendere, quindi, la veemenza con la quale l'animale, una volta atterrata la propria preda, maciullava e inghiottiva la carne della povera vittima. Era chiamato Lupo Affamato dai ricercatori e sembrava non potersi saziare nemmeno con un bue intero.

Non appena l'Affamato ebbe attaccato, di slancio, la vittima, un secondo Lupo la morse, partendo dalle caviglie. Judas era particolarmente turbato dall'aspetto di questa bestia e dal suo modo di fare. Spesso aveva una sorta di tic, uno spasmo che lo portava a muovere la testa di scatto e a guardare verso l'alto, generalmente il soffitto della propria gabbia. I suoi occhi roteavano per un po' e poi tornava quieto. Il Criptozoologo si raccomandava sempre di tenerlo lontano dalla luce esterna e la sua gabbia era rivolta in modo tale da non potere mai vedere fuori da una finestra. "Altrimenti", diceva lo scienziato, "nelle notti di Luna piena...". Judas non voleva sapere cosa sarebbe accaduto.

Il Lupo Lunatico e il Lupo Affamato banchettarono per qualche secondo col cadavere dell'Anonimo. Judas era immobile, non sapendo cosa fare, quando un lungo ringhio lo sbiancò dalla paura: il terzo e ultimo Lupo, molto più grande degli altri due e dal pelo scuro come una notte senza Luna, digrignò i denti rivolto ai propri compagni. Coda ritta verso l'alto e zanne esposte, il Lupo Nero fece capire immediatamente agli altri due Lupi che non era il momento di perdere tempo a mangiare, che c'era altro da fare.

Il Lunatico e l'Affamato si discostero subito dalla preda, orecchie e coda abbassate in segno di sottomissione, mentre il Nero si voltò verso il Contadino Traditore, letteralmente impietrito, e si sedette come un cane in cerca di un ordine.

Judas provò riluttante a muoversi e a tornare a guidare i Lupi verso il settore R, ma capì che non era lui quello che guidava il branco. Sentì per la prima volta di non essere altro che uno strumento in mano a quelle bestie tanto scaltre quanto violente.

Le Guardie Corrotte - 4

Il Laboratorio di Lupi e Contadini era anche detto "la Stella", in quanto la sua forma, dall'alto, richiamava proprio quella di una stella le cui cinque punte erano i padiglioni principali: il settore L, a nord, dedicato esclusivamente ai Lupi, era protetto a est e a ovest rispettivamente dai settori N, Neutrali e ambigui, e C, Contadini. A sud-ovest c'era il settore P dei Pro-Lupi e il vertice sud-orientale era occupato dal settore R, i Rubavittoria.

Al centro della stella, vari settori come il settore T o il settore M (dedicato ai Murder Party) mentre intorno ad ognuno dei cinque poli vi erano installati laboratori e ambienti vari specializzati nella sperimentazione dedicata ai singoli ruoli.

Kevin era una Sentinella, non era suo compito indagare e comprendere i piani dei nemici: il suo lavoro consisteva solo nel proteggere le persone, più forza bruta che fine intelletto. Ma, mentre correva ansimante verso il settore L, non poté fare a meno di chiedersi perché un eventuale attacco lupesco si dirigeva verso il lato occupato da neutrali e rubavittoria e non dall'altro lato, dove c'erano i pro-Lupi. Lui non lavorava lì quando avvenne il primo attacco interno al Laboratorio, ma spesso quella storia veniva fuori in sala mensa o durante i corsi di aggiornamento sulla sicurezza. Un anno e mezzo prima, i Lupi cercarono l'accesso al settore P per cercare nuovi alleati: questa volta no e Kevin non capiva perché.

Giunto al settore L, trovò le tre gabbie solitamente occupate dai L aperte e vuote. Nessuna traccia di sangue, quindi Bruteson non era stato ferito. Forse Judas è fuggito verso il settore N ed è stato inseguito fin lì, pensò. Fece partire le procedure di allarme, avvertì i propri superiori dell'accaduto (non senza una fitta al cuore per essersi sentito responsabile della faccenda) e, mentre il suono della sirena riempiva i corridoi e le stanze del Laboratorio, trovò il coraggio per partire all'inseguimento dei Lupi fuggiti.

Nel frattempo, Alice aveva raggiunto il settore C. Trafelata, corse all'ingresso del padiglione, sorvegliato da due funzionari in uniforme: le Guardie Phoebe Lassiter e Demetrio Cinquini, intente a parlottare fitto fitto tra loro.

Non furono sorpresi di vedere Alice provenire dal settore T, come se la stessero aspettando. La giovane le raccontò cos'era accaduto e i due si mostrarono molto interessati. "Va bene, Alice, non preoccuparti, ora diamo subito l'allarme noi", la rassicurò Phoebe. "Torna subito nelle tue stanze e sta' al sicuro!"

"Ma no, dobbiamo intervenire subito, siamo in tanti nel settore C pronti a combattere, non possiamo lasciare Kevin da solo..."

"Non siete pronti a combattere, voi. Lui sì, invece: ha completato un addestramento che a voi manca" tagliò corto Demetrio. "Ascolta Phoebe: va' a dormire e lascia fare a noi."

"Ma, ma... Kevin..."

"Va'!"

E quasi di forza, Phoebe la accompagnò verso il settore C. Poi chiuse la porta e tornò da Demetrio.

"Ci mancava questa sciacquetta!"

"Dai, ce la siamo tolta di mezzo. Torniamo alle nostre faccende. Sei pronta?"

"Sì, Dem, sono pronta."

"E allora cominciamo."

Demetrio estrasse dal gabbiotto di sorveglianza una catena in ferro ed un grosso lucchetto, col quale lui e Phoebe chiusero le porte di accesso al settore C. Pochi secondi dopo aver terminato quell'operazione, furono investiti dal suono martellante dell'allarme:

ALLARME! CODICE NERO! ALLARME! CODICE NERO! CONVERGERE VERSO IL CENTRO DELLA STRUTTURA! ALLARME! CODICE NERO! ALLARME!

"Abbiamo finito giusto in tempo, Dem."

"Eh sì, è ora di andare."

"Dem..."

"Sì?"
"Ho paura."

"Tranquilla, piccola. Non ci accadrà nulla. Dobbiamo solo farli scappare da qui e coi soldi che ci ha promesso De la Rue fra due giorni saremo ad Acapulco a sorseggiare il nostro Bloody Abso sotto l'ombrellone."

"Ma quell'urlo che ha sentito Alice..."

"Non ci riguarda. I Lupi sono nostri amici."

"Ok..."

E, non nascondendo la paura sul suo volto, Phoebe corse dietro al proprio compagno, verso il settore P.

L'Arciere - 5

ALLARME! CODICE NERO! ALLARME! CODICE NERO! CONVERGERE VERSO IL CENTRO DELLA STRUTTURA! ALLARME! CODICE NERO! ALLARME!

"Oddio! Cos'è stato? Aiuto!"

"Moriremo tutti! I Lupi sono liberi! Moriremo tuttiiiiiiiiii!!!"

Tutti gli occupanti del settore C sapevano cosa volesse dire "codice nero". E molti di loro, nient'altro che reclute all'inizio del proprio addestramento, erano letteralmente terrorizzati.

Alice, la Cheerleader, sapeva come gestire le paure ed i timori dei Contadini e non si sognava nemmeno di rientrare nel dormitorio e star lì a rigirarsi i pollici mentre Kevin, il suo Kevin, rischiava la pelle poco lontano da lì. Perciò, si diresse nelle stanze comuni per andare a rassicurare i Contadini ancora svegli e, stando alle urla, alquanto impauriti e per organizzare un intervento nonostante le Guardie.

"Ehi, amici, calmatevi. Calmatevi. Su, su. Forza."

"Eh? Calmarci? CI SONO I LUPI LA' FUORI, SVEGLIA! Ci verranno a mangiare uno dopo l'altro!"

"Ha ragione, non siamo al sicuro qui! Voglio scappare! Voglio tornare a casa mia!"

"Ma allora, cosa sono questi piagnistei? Volete diventare o no dei grandi Contadini? Tirate fuori gli attributi!"

"Mio nonno, il Profeta di Sventura, diceva sempre: meglio un asino vivo che un dottore morto!"

"Aaaah! Tu sei un coniglio, altro che asino!"

Alice sbatté un pugno contro la porta della sala ricreativa dei Contadini, vinta dalla frustrazione. Per quanto sapesse tutto su come motivare i Contadini nella caccia ai Lupi, le reclute con cui stava discutendo erano ancora ben lontane dall'essere all'altezza del compito richiesto loro. Ma una voce la riscosse:

"Alice ha ragione. E' un'emergenza e noi dobbiamo essere pronti ad agire."

La voce proveniva dalle labbra sottili di una giovane, dal fisico atletico stretto da pantaloni e canottiera neri. Una lunga treccia scura le cadeva su una spalla e le mani e gli avambracci erano coperti da due mitene di un tessuto leggero.

"Oh, sia ringraziato il cielo, una mente lucida... Chi sei?"

"Sono Jennifer Lawdeen. Sono qui da pochi giorni, ma sono pronta a tutto. Dimmi cosa vuoi fare."

Alice le spiegò in breve la situazione e descrisse sommariamente la struttura a stella del Laboratorio.

"Possiamo tagliare attraverso i settori M e T?"

"Sì, anche se possiamo percorrere i corridoi dal settore C al settore L e da lì spostarci seguendo le tracce dei Lupi. E' una strada più sicura ma più lunga."

"Ma tu vuoi rivedere il tuo ragazzo il prima possibile."

"Bè, sì..."

"Va bene la strada meno sicura."

"Grazie, Jennifer..."

In breve tempo, le due raggiunsero l'ingresso del settore C, che scoprirono essere bloccato dall'esterno.

"Ma che...?"

"Quei bastardi di Phoebe e Demetrio! Ecco perché non volevano che chiamassi gli altri!"

"Resta qui, ci penso io."

Jennifer corse in direzione dei dormitori, lasciando Alice sola e disperata di fronte alla porta.

Tornò poco dopo, seguita da un uomo sulla quarantina. Ed era armata di un arco, con una freccia già incoccata e la cui punta era rivestita da un panno annerito.

"Vai", disse, rivolta all'uomo che estrasse un accendino e diede fuoco allo straccio sulla freccia.

"Spostati, Alice".

La Cheerleader si allontanò di gran carriera dalla porta, che venne subito dopo colpita dalla freccia incendiaria e investita dalle fiamme. In breve tempo, cadde a pezzi liberando la via.

"Salta!" urlò l'Arciere Jennifer, che senza alcun timore si lanciò fra i detriti fumanti della porta, che ancora bruciava.

Alice contò fino a tre e saltò al di là delle fiamme, seguita a breve dall'uomo che accompagnava Jennifer. E i tre corsero via.

Il Maniaco e l'Evocatore Nero - 6

"Eccoci arrivati."

"Vai, io resto di guardia."

Demetrio si appostò all'angolo del corridoio che dal settore P portava al settore C, con in mano la pistola d'ordinanza, mentre Phoebe inserì il codice di accesso al settore, aprì la porta e si introdusse nelle stanze dedicate ai pro-Lupi.

La procedura d'allarme prevedeva la chiusura immediata del settore P, che veniva isolato dal resto della struttura per evitare che i pro-Lupi approfittassero della confusione e compiessero atti criminosi. Il settore P, del resto, era una sorta di prigione: in realtà i mini-appartamenti dedicati ai vari ospiti della struttura erano del tutto simili a quelli Contadini, ma non c'era libertà di movimento e allo scattare del coprifuoco tutte le stanze venivano chiuse ermeticamente. La sorveglianza, però, scarseggiava: i fondi destinati al Laboratorio erano diminuiti, recentemente, e il personale di sicurezza era stato ridotto drasticamente. In genere ogni notte erano in tre, all'interno di tutto il Laboratorio, a sorvegliare i vari settori e quella notte toccava a Phoebe, Demetrio e Kevin: due traditori ed un innamorato, non proprio una sicurezza.

Phoebe percorse una decina di metri nella semi-oscurità, in direzione della cella-appartamento 13, e si bloccò.

La porta della 6 era aperta. Spalancata.

La Guardia impugnò la pistola e si introdusse nella cella 6. Tentò di accendere la luce e subito imprecò: la procedura d'allarme prevedeva anche che venisse tolta la corrente all'interno del settore P. Nei corridoi i finestroni facevano entrare la luce da fuori, ma all'interno degli appartamenti non c'era la stessa visibilità.

Tirò fuori la torcia, quindi, e prese a investigare nelle tre stanze che componevano la cella 6. Vuota.

Non hai tempo da perdere, Phoebe, torna a fare il tuo lavoro.

Uscì quindi dalla cella 6 e si avviò verso la porta contraddistinta dal numero 13. Le istruzioni di De la Rue erano chiare: dovevano liberare quel prigioniero ignorando tutti gli altri e dovevano dirigersi al settore N, dove li avrebbero attesi il Contadino Traditore ed i Lupi. Come De la Rue sapesse così tanto sul Laboratorio era ignoto sia a lei che a Demetrio, ma in fondo a loro non importava più di tanto.

Phoebe spense la torcia, rinfoderò la pistola, inserì il codice di sblocco della porta e... Una mano le tappò la bocca, mentre un braccio la cinse, bloccandole gli arti superiori. Un passo alla volta venne allontanata dalla porta numero 13 e, sgambettata, venne spinta a terra.

In preda al panico, si ritrovò prona a terra, schiacciata dal peso del corpo del suo aggressore, che, tenendole sempre una mano sulla bocca, iniziò a parlare.

"Ti ho riconosciuto, puttana, sei la Guardia che ogni tanto viene a sculettare qui da noi. Vero? E stavolta sei sola, non c'è il tuo amichetto... Vero? Mmm, ma non dovevi venire qui da sola dai cattivoni... E' pericoloso, lo sai..."

Mentre pronunciava queste parole, l'uomo le prese le mani e gliele torse dietro la schiena. Le bloccò quindi col suo corpo, mentre con la mano ormai libera si sbottonò i pantaloni.

"Ora ti faccio sentire perché non dovevi venire col tuo bel culetto qui questa sera..."

Il Maniaco passò ai pantaloni di Phoebe, che cercava invano di dimenarsi e di urlare, ma il mugugno che le restava in bocca non avrebbe mai potuto raggiungere Demetrio, troppo lontano. Cercò con tutte le sue forze di muovere le braccia bloccate dal peso del Maniaco, tentando infine di graffiargli la pancia, ma a nulla servivano i suoi sforzi.

Non poté fare a meno di trattenere le lacrime, aspettandosi da un momento all'altro di subire la violenza che l'altro già pregustava, quando un rumore secco la liberò dal peso del suo aguzzino, che si ritrovò in un attimo sbattuto contro il muro del corridoio, con una macchia scura che si diffondeva sul suo viso.

Phoebe si alzò di scatto, ritirò su i pantaloni ed estrasse pistola e torcia, rivolte entrambe verso il volto del Maniaco, sfigurato da un colpo in faccia. Dietro di lei una voce cupa e minacciosa come il rombo di un tuono lo investì:

"Cosa cazzo stai facendo, coglione! Lei sta con noi."

L'uomo si avvicinò al Maniaco e lo prese per il bavero della camicia, attaccandolo al muro. Gli diede uno schiaffo e gli vomitò addosso altri insulti, poi lo spinse a terra. Infine si rivolse alla donna, ancora tremante per la paura:

"Tu sei Phoebe, vero? Sapevo che saresti venuta. Io sono l'Evocatore Nero, grazie per avermi liberato."

Phoebe lanciò un'occhiata verso la porta 13, spalancata. Per sua fortuna, il suo occupante era a conoscenza del piano di De la Rue e si aspettava di essere liberato quella sera stessa. Abbassò l'arma e accennò un sorriso:

"Grazie a te. Cosa ne facciamo di questo stronzo?"

Il Maniaco provò a tamponare il naso grondante di sangue con la propria camicia e a fatica si alzò in piedi, rivestendosi. Ignorò Phoebe e parlò all'altro: "Marius, ma che cazzo. Potevi dirmelo che la puttanella era dei nostri."

"Tu sei inaffidabile, per il mio capo non sei altro che un malato senza cervello. Non ti avrei mai detto nulla."

"Ma stai scappando? State scappando? Vengo con voi, mi sono rotto di questo posto."

"Fottiti, porco!" urlò Phoebe e gli puntò la pistola all'altezza del bacino. "Te lo faccio saltare in aria!"

Marius, l'Evocatore Nero, si frappose subito tra la Guardia ed il Maniaco. "Ehi, non è il momento di farci la guerra. Abbiamo del lavoro da sbrigare, lascia che venga con noi. Due mani in più ci possono servire e ci penserò io a lui, non preoccuparti."

"Sì, sì, faccio il bravo, promesso. E poi non lo sapevo che eri dei nostri, sc..."

"TACI, Jeremy. Taci."

"Ok, scusa. Ok."

Phoebe superò Marius e senza degnare di uno sguardo Jeremy fece luce verso l'uscita. Poi si fermò di scatto e si voltò verso il Maniaco: "E non guardarmi il culo, porco! Va' avanti tu, forza!"

"Va bene, va bene..."

Il Piromane - 7

Fra i Contadini dominati dal panico in seguito al "codice nero", c'era un ragazzino che si mostrò subito spaesato.

Il giovane, una zazzera bionda a coprirgli la fronte e due occhi chiari piccoli e vacui, assistette all'arrivo di Alice, che lo colpì per la sua bellezza, e notò il dialogo fra lei e Jennifer, altrettanto bella e attraente. Come ogni adolescente che si rispetti, presto dimenticò il pericolo incombente e si perse coi pensieri e con gli sguardi dietro alle due donne. Le vide dirigersi verso l'uscita del settore C e per un attimo pensò di seguirle, di fare l'eroe e sembrare grande e forte ai loro occhi, e...

Ma la paura è un sentimento forte almeno quanto l'eccitazione e ogni suo proposito si spense non appena si accorse che gli altri Contadini erano spariti nelle loro stanze. Lucio Barbo, questo il suo nome, raggiunse perciò la propria camera, che occupava da pochi giorni, e chiuse alle proprie spalle la porta.

Chissà come andrà a finire... Ma è meglio starmene qui al sicuro.

Girò la chiave nella serratura, si spogliò e si infilò il pigiama. Andò in bagno a lavarsi i denti e a pisciare e tornò in camera, diretto al proprio letto... Quando un odore acre lo attirò verso la porta. Tirò su col naso prima distrattamente, poi con più attenzione, quasi stesse assaggiando ciò che veniva dall'esterno. Appoggiò un'orecchio alla porta e sentì il crepitare delle fiamme.

Fuoco? Fuoco!

Rigirò febbrilmente la chiave ed aprì la porta per uscire in corridoio, in pigiama e a piedi nudi. Poco lontano, lo spettacolo della porta incendiata da Jennifer lo rapì, mentre altri Contadini uscivano alla spicciolata dalle stanze e dalle sale comuni e i più intraprendenti cercarono delle bacinelle e dei secchi per domare il principio di incendio.

"Ehi, ragazzino! Che fai lì impalato? Aiutaci o torna nella tua stanza!"

Un ragazzone muscoloso e dall'aria imbronciata lo riportò alla realtà. Gli diede una scrollata di spalle e Lucio arretrò istintivamente verso le pareti del corridoio, per lasciar passare lui e gli altri che si affaccendavano con recipienti improvvisati.

Il suo sguardo però era calamitato dalla luce del fuoco, dal calore che proveniva dalle fiamme, dalle travi ormai incenerite.

Attese un momento in cui gli altri Contadini erano nelle proprie stanze a riempire d'acqua i secchi e si accoccolò ad uno stipite della porta distrutta dall'Arciere pochi minuti prima.

Il fumo che lo investiva sembrava non fargli effetto: non tossiva, non lacrimava, le pupille dilatate e l'espressione stupita ed eccitata lo rendevano simile ad un bambino di fronte ad una vetrina piena di giocattoli.

Si guardò alle spalle: in quel momento nessuno era presente nel corridoio. Impugnò un pezzo di legno la cui estremità ancora bruciava e, a mo' di torcia, si lanciò al di là della porta, nel buio della notte del Laboratorio, un tedoforo gioioso incontro al branco assassino.

Il Vampiro - 8

Kevin era sconvolto.

Il suo addestramento da Sentinella gli aveva insegnato come affrontare situazioni di emergenza, come comportarsi di fronte a concrete minacce di morte.

Ma l'addestramento non è la vita vera e, per quanto sapesse cosa fare, quando e come, la vista dell'Anonimo esangue, sbranato e sfigurato dai Lupi lo abbatté. Per la prima volta, nella sua giovane vita, si trovava di fronte alla morte, alla morte violenta e inaspettata.

Il suo corpo non resse: vomitò copiosamente, come se volesse svuotare tutto ciò che aveva dentro.

Poi pianse. In silenzio, il suo volto si contrasse in una maschera di sdegno e pentimento. Sentiva che quella morte era colpa sua, che gli si stava appiccicando addosso un fardello difficile da sopportare ed impossibile da togliere.

Estrasse la pistola dalla fodera: gli occhi annebbiati dalle lacrime si fissarono sulla canna dell'arma, con la sinistra accarezzò quasi voluttuosamente il freddo metallo che la destra impugnava.

Io... Non...

Caricò la pistola.

Come... Faccio a...

Alzò lentamente e meccanicamente il braccio destro.

Io... Bast...

"Aaaaaaaaaaaaaaaaah!"

Un urlo. Ancora una volta. Non lontano. Poi un latrato, poi un altro ancora. E una voce che gli sembrava familiare:

"Forza, andiamo! Forza!"

E' la voce di Judas?

Kevin si asciugò le lacrime con la manica della camicia e impugnò la pistola con determinazione, stavolta.

Se resto qui a piangere questo non torna vivo e intanto i Lupi sono a caccia. Kevin, tira fuori le palle.

Scavalcò il corpo senza vita dell'Anonimo e si mosse in direzione dei suoni appena avvertiti. Senza torcia, illuminato solo dalla luce delle stelle proveniente dalle finestre, in breve tempo fu inondato di adrenalina e tornò lucido e concentrato solo sul proprio lavoro.

Superò una serie di porte e stanze fino ad incrociare un altro cadavere. Vide solo le gambe dell'uomo disteso a metà fra il corridoio e l'ingresso di una stanza: imprecò a bassa voce e si avvicinò all'ucciso.

Accese la torcia: il volto dell'uomo era pallido, estremamente pallido. Gli occhi sbarrati e la bocca contratta avevano immortalato il suo incontro con la morte. Sul lato destro del collo, uno squarcio irregolare, segno dell'attacco di un Lupo. Ma sul pavimento non c'era quasi sangue, tanto che Kevin si domandò se davvero quest'uomo fosse stato appena ucciso oppure se fosse stato portato lì giorni dopo un omicidio.

Poi, per caso, notò due puntini sul lato sinistro del collo: un altro morso, sì, ma ben più discreto e chirurgico di quello delle bestie a quattro zampe.

"Gruppo B negativo, uno dei miei preferiti! Che bontà!"

Una voce profonda, calda, spuntò dalla stanza buia. La Sentinella puntò la torcia e investì di luce un uomo alto, magro, fasciato da un mantello scuro, i cui capelli nero corvino incorniciavano un viso dai lineamenti morbidi e dalla carnagione chiara.

"Chi... Chi diavolo sei?"

"Sei la Sentinella, Donovan. Dico bene? Ti ho visto qualche volta qui nel settore N."

"Io non ti ho mai visto. Chi cazzo sei?"

Kevin, visibilmente nervoso, impugnò la pistola tenendo la torcia sopra la canna, per tenere sotto tiro l'uomo.

"Calma, Sentinella Donovan. Calma. Tu non sei qui per me. Non facciamoci la guerra fra noi."

"Rispondimi! Chi sei?!?"

L'uomo sospirò.

"Va bene, va bene... Uff, questi uomini così... Sanguigni. Non mi abituerò mai alle vostre pulsioni. Il mio nome è Frank Carandini. E tu non mi hai mai visto perché, bè, in genere il tuo turno qui è di giorno ed io, come dire? Ho orari differenti dai tuoi."

Così dicendo mosse in direzione dell'uscita, verso Kevin che arretrò, puntandogli sempre la pistola addosso.

"Vedi", aggiunse, sporgendosi dalla porta dopo aver oltrepassato il cadavere ai suoi piedi "quella è la mia stanza. La porta 21."

21. In un baleno, per la mente di Kevin passarono varie scene: gli altri Neutrali che si tenevano lontani dalla stanza 21, il Dottore che una volta incrociò per i corridoi del Laboratorio con una sacca ematica contrassegnata dall'etichetta "N-21", alcuni dirigenti che in sala mensa discutevano del trasferimento dal settore N al settore C del "soggetto 21".

"Oddio. Tu sei un vamp..."

"Permettimi di correggerti. Io sono IL Vampiro. No, no, no, non fare così" disse Frank, cercando di tranquillizzare Kevin che ora lo investiva con la luce della torcia e gli puntava la pistola sulla fronte, "non fraintendere. Non sono io la minaccia, io sono dalla tua..."

"L'hai ucciso tu, quello?"

"Bè, tecnicamente potrei non essere stato io. Anche se quando i Lupi lo hanno attaccato era solamente quasi morto e non morto del tutto."

"Perché?"

"Perché, ehi, mors tua vita mea. Non ho compiuto centovent'anni l'altro ieri per caso, sai? E poi parliamone, se uno nasce Sfortunato non può pretendere di durare tanto a lungo..."

"Non mi fido di te."

"Ehi, su, stammi a sentire, Sentinella. Io sono qui perché la gente mi teme, ma odio i Lupi Mannari almeno quanto voi Contadini. E questo poverino era solo... Legittima difesa."

"Mh..."

"Ascoltami bene. Erano tre Lupi e c'era un inserviente del Laboratorio che li guidava."

"Un inserviente?" JUDAS?!?

"Si sono diretti verso il settore R. L'uomo che li comandava non era spaesato, sapeva dove andare. Tu sei solo, loro sono quattro. Forse ti serve una mano, che ne dici?"

"E chi mi garantisce che non mi ficcherai i tuoi canini in gola non appena ti darò le spalle?"

"Ho appena dissanguato un essere umano, rischierei l'indigestione! E poi puzzi di 0 positivo, credimi... Ho bevuto sangue migliore." E scoppiò in una risatina che innervosì Kevin.

"Fammi strada."

"Ai suoi ordini!"


Il Cacciatore - 9

Alice e Jennifer correvano fianco a fianco, senza parlare, ascoltando l'una il respiro affannato dell'altra, seguite a poca distanza dall'uomo che accompagnava l'Arciere.

Il buio dei corridoi non le rallentava, poiché Jennifer aveva con sé una piccola torcia elettrica che bastava ad illuminare abbastanza davanti a loro per evitare di sbattere contro un muro.

Alice approfittò del silenzio per studiare la propria compagna di avventura: Jennifer aveva uno sguardo fermo, attento, non trapelava alcuna insicurezza dal modo in cui osservava la strada da seguire. Un paio di volte distolse lo sguardo per scambiarlo con Alice e abbozzava un sorriso rassicurante, che sembrava dire "è tutto a posto".

Di certo una così non avrebbe mai bisogno di me e del mio incitamento, pensò la Cheerleader, con un misto fra l'ammirazione ed il timore per una ragazza forse più giovane di lei eppure già così pronta a combattere.

I tre interruppero la corsa quando si trovarono di fronte ad una porta serrata. Si trattava dell'accesso dal settore M, dei Murder Party, al settore T dove Alice aveva dovuto interrompere l'appuntamento con Kevin.

"Ma quando sono venuta via da qui questa porta era aperta."

"L'allarme scattato ha provocato la chiusura automatica di alcune porte, credo."

"Cosa facciamo ora? Questa mi sembra una porta blindata... Nemmeno col fuoco possiamo tirarla giù." Alice si fece dare la torcia da Jennifer e indagò sulla porta. "C'è un tastierino elettronico in cui inserire un codice per lo sblocco, ma ce li hanno solo le guardie e gli inservienti. Uff..."

"Rob, cosa possiamo fare?"

Jennifer si rivolse all'uomo che, da quando avevano lasciato il settore C, ancora non aveva detto una parola.

Rob Cimino, questo il suo nome, in risposta chiuse gli occhi.

Rob non era una recluta: il Laboratorio gli aveva assegnato il ruolo di tutor di Jennifer. Un po' tutte le reclute, per il primo periodo di addestramento, avevano la possibilità di interfacciarsi con una persona più esperta: ad Alice, ad esempio, era servito molto il mese di studi con lo Psicologo del Laboratorio.

Rob però non era il tipo di insegnante incline a spiegare, raccontare, domandare e rispondere. Di poche, pochissime parole, il suo viso manteneva costantemente un'espressione fredda e dura: alcune rughe intersecate da cicatrici profonde gli arricchivano il volto e tradivano un passato tutt'altro che sereno.

Dopo alcuni secondi che ad Alice sembrarono interminabili, Rob riaprì gli occhi e disse: "Sento una corrente d'aria, sul lato destro del corridoio c'è una porta non sigillata che dà accesso a un'altra zona, ampia, che permette il ricircolo d'aria. E' a meno di cento metri da qui, andiamo."

Jennifer si illuminò letteralmente, in adorazione verso il proprio mentore. Alice restò semplicemente a bocca aperta.

"Seguitemi." Rob diede le spalle alle due ragazze e tornò sui loro passi. Per la prima volta, Alice lo vide di spalle e osservò, non senza un fremito di paura, che sulla schiena egli aveva fissato un fucile a canne mozze: le cicatrici e la freddezza di quell'uomo la spaventarono.

"Eccola."

Rob indicò a Jennifer, che si era ripresa la torcia, una porta su cui campeggiava la scritta "Alla corte dei De Medici". Ad un attento esame, trovarono che un cardine della porta aveva ceduto e che la serratura, di conseguenza, non era chiusa correttamente. Uno strattone e Rob aprì la porta. Alice e Jennifer sorrisero e la giovane Arciere fece strada lungo una stanza molto ampia e arredata con mobili e oggetti di stampo rinascimentale.

"Per di qua" sussurrò Rob facendo deviare le due ragazze verso sinistra. Attraversarono botti e bottiglie – Una cantina, osservò Alice – e trovarono infine una porta con un chiavistello, anch'essa non chiusa ermeticamente. Rob sfoderò il fucile e con il calcio diede un colpo secco al lucchetto, che volò via. Aprirono quindi quell'ultima porta e... Spuntarono su un nuovo corridoio, che dopo un breve esame della segnaletica dipinta sulle pareti si rivelò essere il corridoio di raccordo fra il settore P ed il settore R.

"E adesso dove..."

"Ssst!"

Alice venne zittita da Rob. Il Cacciatore aveva sentito qualcosa.

"Dentrò!" sibilò a denti stretti e i tre rientrarono subito nella stanza, con Rob che si sforzò di chiudere la porta facendo meno rumore possibile.

Pochi istanti dopo due fasci di luce tagliarono il pavimento del corridoio, che Jennifer scrutava da uno spiraglio lasciato da Rob, che tratteneva la porta. E vide Phoebe, Demetrio, Marius e Jeremy trotterellare in direzione del settore R.

Rob attese trenta secondi, poi riaprì la porta, in tempo per guardare in fondo al corridoio quattro ombre che svoltavano verso destra.

"Chi erano?"

"Erano in quattro, c'erano un uomo ed una donna in uniforme..."

"Phoebe e Demetrio! Lo sapevo!"

"...e altri due uomini."

"Quello è il settore P, vero?"

"Sì, Rob."

"Hanno chiamato i rinforzi."

"Kevin..."

Il nome della Sentinella morì sulle labbra di Alice, a dir poco preoccupata.

"Alice, vero?"

Per la prima volta Rob rivolse la parola alla Cheerleader.

"Sì?"

"Sai sparare?"

"Io... Io... Sì, ho fatto alcune lezioni al poligono a Oxwolf."

"Tieni. E' già carica."

Il Cacciatore estrasse una pistola che aveva nascosto all'altezza dell'ascella sinistra e la offrì alla ragazza, poi imbracciò il fucile e disse a Jennifer: "Fai strada".

Il settore R - 10

Judas tremava come una foglia.

Il secondo assassinio da parte dei Lupi lo aveva investito di paura e l'istinto di conservazione insito nell'uomo stava avendo la meglio sulla sua volontà. Sentiva gli occhi dei Lupi addosso, a scrutargli il collo, le gambe, con i denti pronti ad azzannarlo: voleva fuggire di lì, all'istante, e al diavolo le offerte di De la Rue, al diavolo i soldi, al diavolo tutto quanto.

Finì comunque doveva doveva arrivare: alla porta di accesso al settore R.

Inserì il codice di sblocco della porta ed un secondo codice, che aveva recuperato pochi giorni prima frugando tra i documenti della sicurezza interna, che ripristinava l'illuminazione. Il Contadino Traditore ed i Lupi poterono così accedere al settore R in tutta tranquillità.

L'ala del Laboratorio dedicata ai Rubavittoria era quasi in dismissione. Da diverso tempo non si faceva più sperimentazione in quel ramo, anzi la tendenza generale era di ridurre la presenza di Rubavittoria, pertanto nuove idee e nuove reclute scarseggiavano.

Judas, pertanto, non capiva perché De la Rue gli avesse chiesto di portare il branco proprio lì.

"Stanza 10, vediamo un po'... Stanza 2, 3, 4..."

Mentre passava in rassegna le varie stanze, l'inserviente si accorse che il Lupo Nero accelerò il passo superandolo e si portò di fronte ad una porta. Si sedette come un cane in attesa degli ordini del padrone e non staccò gli occhi da lì.

"E' la 10, toh..."

Un brivido percorse la schiena di Judas. Non può essere una coincidenza.

La porta era blindata. Su di essa, una scritta poco leggibile.

"O... M... R... S... O" osservò ad alta voce il Traditore.

La porta non aveva serrature elettroniche, ma un classico chiavistello impolverato e con accenni di ruggine. Judas tentò di aprirlo dando uno strattone e il lucchetto, corroso dal tempo e dall'inutilizzo, venne via con facilità.

Socchiuse la porta e una zaffata di polvere lo investì.

Judas tossì e restò fuori dalla stanza mentre il Lupo Nero col muso si fece strada nella stanza.

Al centro della stessa, un lettino con degli elettrodi legati a cavi, che partivano da un computer, appoggiato su una scrivania con una sedia. Non c'era altro.

Il Contadino Traditore entrò finalmente nella stanza e notò che il Lupo Nero era balzato sul lettino e vi si era disteso a pancia in su, come un cane che aspetta i grattini del padrone. I suoi occhi e l'espressione sul suo muso, però, avevano ben poco di amichevole.

Judas sospirò e si mise all'opera: seguendo le istruzioni che De la Rue gli aveva dettato, applicò gli elettrodi al Lupo Nero, accese il computer ed inserì il cd ricevuto dal suo mandante. Il programma che aveva di fronte a sé era molto intuitivo e seguì la procedura standard che lo schermo gli suggeriva.

In breve tempo, sul monitor si susseguivano fotografie e nomi, mentre gli elettrodi trasmettevano piccole cariche che scuotevano la pelliccia del Lupo Nero.

Judas osservò prima distrattamente ciò che gli si parava davanti, poi si accorse di riconoscere le persone ritratte dalle foto: molti di essi lavoravano al Laboratorio. A un tratto raggelò: c'era una sua foto, sotto la quale due sole parole, Contadino Traditore.

Cercò di interrompere la procedura del software, poi tentò di staccare gli elettrodi dal pc, ma la stretta ferina del morso del Lupo Lunatico gli bloccò il braccio. Urlò, mentre il sangue iniziò a colorare di rosso i denti della bestia, e in poco tempo si inginocchiò a terra ferito e in lacrime. Il Lupo non mollava la presa e nella colluttazione Judas incespicò proprio nei cavi che stava provando a staccare, provocando un guaito cupo e di dolore: il Lupo Nero cadde dal lettino in preda a convulsioni, ma il Traditore non poteva vederlo, perché il Lupo Affamato gli era già addosso e lo azzannò al collo, uccidendolo.

Non seppe, quindi, che il Nero si rialzò e ululò due parole, come se stesse testando per la prima volta un linguaggio sconosciuto.

"Con...tadino... Tradi...tore."

I due Lupi smisero di lacerare il corpo di Judas e latrarono di gioia.

De la Rue – 11

"Tutto bene, piccola?"

Demetrio affiancò Phoebe mentre camminavano lungo i corridoi del Laboratorio.

Non si aspettava la presenza di Jeremy ed era oltremodo sorpreso di vederselo presentare col naso mezzo rotto e grondante di sangue. Marius, che aveva intuito il rapporto fra le due Guardie e aveva avvertito l'imbarazzo della donna, prese subito la parola dicendo di aver avuto un alterco con il Maniaco perché quest'ultimo non voleva venire via con loro e Demetrio non fece altre domande.

Si era però accorto del silenzio persistente di Phoebe e che ella sfuggiva il suo sguardo.

"Hm... Sì... Sì. Tutto bene, Dem, ma voglio finire in fretta 'sta cosa. Ho paura. Lo sai."

Lo guardò di sottecchi, per assicurarsi che si bevesse quella storia. La verità era che avrebbe voluto spaccare il cranio di Jeremy a manganellate e avrebbe infierito sul cadavere scaricandogli una dozzina di proiettili. L'odio le montava su al sapore di bile, si sentiva umiliata e offesa da un tizio che non meritava di stare in Laboratorio, men che meno camminarci liberamente... Eppure era un suo alleato. Era un alleato dei Lupi, di De la Rue... E quello era il loro datore di lavoro, ora.

Lei non lo aveva conosciuto, mentre Demetrio lo aveva incontrato tre volte. Gliene parlò solo dopo il secondo appuntamento. Erano a cena, nel bilocale che abitavano, unica dimora che potevano permettersi con lo stipendio di Guardia.

"Senti, piccola, se io facessi una cosa che non è gradevole, non è bella, ma ci permettesse di fare tanti soldi e vivere come sogniamo da un po'?"

Le raccontò di quel tale che lo agganciò al bar di fronte al Laboratorio, mentre trascorreva una pausa pranzo. Prima un sondaggio esplorativo, poi un secondo incontro tre giorni dopo in un parco poco distante e l'offerta.

La coppia ne parlò a lungo: da un lato il rimorso per il tradimento nei confronti di colleghi e conoscenti, dall'altro la prospettiva di una vita tranquilla e agiata. L'offerta economica di De la Rue era grande, grandissima: non poteva essere ignorata.

Il misterioso uomo aveva dato a Demetrio una settimana di tempo e un nuovo posto dove incontrarsi: un emporio dismesso, alla periferia della città. Un quartiere ormai disabitato, teatro anni prima di episodi di violenza e degradanti. Ci abitavano poche famiglie, povere e disagiate, e vi si riunivano accattoni e tossicodipendenti, non mancavano prostitute e spacciatori.

Demetrio e Phoebe arrivarono a fari spenti, benché la sera stesse calando sulla città, e parcheggiarono di fronte all'emporio.

"Io resto in macchina, Dem, ho paura."

"Ma dai, paura di che? Siamo armati, tutti e due. Non c'è niente da temere."

"Ho paura, Dem."

"Ma ci sono qua io, piccola..."

"Ho paura."

"E vuoi restare qui da sola?"

"Mi chiudo dentro."

"Ok, ok. Come vuoi. Vado da solo. Ci metterò poco, tranquilla."

Demetrio uscì dalla vettura ed entrò nel negozio abbandonato. La porta era aperta.

Phoebe si imbacuccò nel giubbotto e nervosamente spostò lo sguardo dall'emporio alla strada. Dopo qualche minuto di quiete, un barbone si avvicinò all'auto e i suoi occhi trovarono quelli di Phoebe. Uno sguardo sporco, cattivo, che tradiva intenzioni e desideri tutt'altro che innocenti, si insinuò nel volto della donna: il clochard mise la mano sulla maniglia della portiera per aprirla e subito vide al di là del finestrino lo scintillìo della pistola di Phoebe, la canna puntata, attraverso il vetro, al suo volto. Si allontanò imprecando e non mancò di sputare in direzione della macchina, una volta giunto a distanza di sicurezza.

Passarono altri cinque minuti, che alla ragazza chiusa in auto parverò un'eternità, poi la porta dell'emporio si aprì. Ne uscì un uomo alto e slanciato, avvolto da un lungo pastrano le cui falde gli coprivano il volto; un cappello a tesa larga completava il quadro di mistero.

Egli si guardò attorno, poi attraversò la strada, passando di fronte al muso dell'auto delle Guardie. Si bloccò e scrutò dentro la macchina, alla ricerca di Phoebe, la quale non staccò un attimo gli occhi da quella figura. L'uomo si portò la mano (una mano particolarmente pelosa, osservò la donna) alla tesa del cappello e accennò un saluto. Per un attimo due occhi penetranti, gialli come la Luna d'autunno, la fulminarono.

L'uomo si allontanò e un istante dopo Dem picchiettò sul finestrino, accolto da un sospiro profondo e poi da un bacio da parte di Phoebe.

"Mi sei mancato."

"Sono qui, piccola."

"Allora?"

"Fatta. Guarda qua!"

E tirò fuori dalla tasca della giacca quello che doveva essere un anticipo del sostanzioso compenso che li attendeva.

"Allora è tutto vero?"

"Sì, è tutto vero! Non appena avrò i turni del mese prossimo, gliene farò avere una copia e ci dirà quando e come agire."

Demetrio mise in moto la vettura e ripartirono verso casa.

"E lui... Com'è?"

"In che senso?"

"L'ho visto uscire da lì, prima di te. E'... Mmm... Inquietante."

Demetrio tacque.

"Allora?"

"Phi..."

"Sì?"

"Ho avuto paura, lì dentro."

Per la prima volta Phoebe sentì il suo uomo pronunciare quella frase. Per la prima volta, ammetteva di avere provato paura.

"Co... Cosa?"

"Non parliamone più. Ok?"

"Ok, Dem..."

Il potere del Nero – 12

La strana coppia formata dalla giovane e timorosa Sentinella e dal vecchio e sornione Vampiro raggiunse l'imbocco al settore R pochi istanti dopo la morte di Judas Bruteson.

I due avvertirono un mugolìo lontano e poi i latrati dei Lupi. D'istinto, Kevin si appiattì al muro, impugnando la pistola pronto a fare fuoco. Frank, poco avvezzo alle mosse da poliziotto, si accucciò a terra per un attimo, poi si alzò e si rivolse al giovane.

"Rilassati, Sentinella Donovan. Stanno festeggiando, quindi possiamo coglierli di sorpresa."

"Festeggiando? Cosa? E come lo sai?"

"Il tono dell'ululato... Sai, se cresci ai margini di una foresta infestata da Lupi, impari a riconoscere il loro linguaggio. Il tono di questi ululati era basso e fermo, hanno la guardia abbassata. E ce l'hanno solo quando hanno tirato giù la preda e se la stanno spartendo."

"Ok... Ma il Settore R è vuoto da un pezzo. Che preda possono aver trov..."

"Il tuo amico inserviente, presumo."

"Cazzo!"

"Non si scherza col fuoco, mio giovane eroe. Per questo hai fatto bene ad accettare il mio aiuto, tu solo contro quattro... Bè, tre... Avresti avuto vita breve."

"Senti, succhiasangue, io vado lì e li ammazzo tutti. Al diavolo quei tre figli di cagna."

E, mosso da un impeto di furore, strinse più forte la pistola e, a testa bassa, mosse verso il settore R.

"Aaaah, come vorrei avere la tua giovane età!" disse Frank, seguendolo indolente.

Sono animali, Kevin, sono inferiori a te. Tu hai una pistola, loro hanno denti. Vinci tu.

Come aveva predetto Frank, i Lupi avevano abbassato la guardia. Circondavano il cadavere di Judas attorno al quale si allargava una pozza di sangue e due di essi davano le spalle alla Sentinella, che senza smettere di camminare prese la mira e fece fuoco.

Il boato dello sparo rimbombò nel corridoio del settore R, mentre un proiettile colpì all'attaccatura della zampa anteriore sinistra il Lupo Lunatico, che emise un lungo guaito e si trascinò all'interno della stanza 10.

Il Lupo Affamato si lanciò di corsa verso Kevin, che attese di averlo a pochi metri e cliccò nuovamente sul grilletto: il proiettile penetrò nell'occhio destro dell'animale e gli trapassò il cranio, schizzando sangue ovunque.

Il sangue freddo non gli manca, osservò Frank, una decina di passi dietro il ragazzo.

In tutto ciò, il Lupo Nero era rimasto davanti al cadavere del Contadino Traditore, senza muovere un muscolo. Kevin, scavalcata la carcassa dell'Affamato, per la prima volta gli rivolse lo sguardo e restò di sasso.

Gli occhi del Nero erano color ghiaccio, chiarissimi e immobili. A prima vista inespressivi, si rivelavano poi occhi indagatori e ipnotici. Restarono a lungo sulla Sentinella, salvo poi spostarsi su Frank, che a sua volta si era fermato e osservava l'animale con timore reverenziale, e per un istante si accesero, diventando bianchi come la morte. Un suono gutturale uscì dalle fauci della bestia:

"Vam...pi...ro."

Kevin si voltò e alle proprie spalle vide l'ultracentenario, la mano sinistra a stringersi il petto all'altezza del cuore, cadere sulle proprie ginocchia e accasciarsi a terra. Sul volto la sorpresa vinse sulla paura o sul dolore: morì così.

Gli occhi inquisitori tornarono sulla Sentinella, che tremando provò a mirare in direzione del Lupo Nero; nonostante la pistola stretta fra le mani, però, Kevin si sentiva disarmato di fronte a quella creatura. Sparò senza lucidità e colpì il pavimento. Tentò una seconda volta ed il proiettile finì nel muro. Imprecò e, vedendo il Lupo Nero avanzare sempre più velocemente verso di lui, non poté far altro che correre verso l'uscita del settore.

Nella bestia montò la rabbia: perché non riusciva a trovare il suo nome? Perché non riusciva ad ucciderlo?

L'incendio – 13

Lucio era ipereccitato.

La fiaccola che spostava da una mano all'altra per osservarla da tutti i punti di vista era un feticcio per lui. Ammirava le volute delle fiamme, il colore che gradualmente cambiava allontanandosi dal centro del tronco di legno, raccoglieva i tizzoni che si staccavano da esso, salvo poi bruciacchiarsi le dita, però sorridendo al tocco ardente.

Seguì la strada che Jennifer, Alice e Rob avevano fatto pochi minuti prima e si accorse della porta lasciata aperta dai tre.

Entrò e rimase incantato da ciò che la fiaccola poco a poco gli rivelava: tappeti, arazzi, mobili di fattura antica, armature e un grosso candelabro al centro di un tavolo rotondo.

Lucio non esitò ad avvicinarvisi e ad accendere le candele: la stanza subito si rischiarò e poté bearsi della bellezza degli oggetti intorno a sé.

Corse freneticamente da un lato all'altro del salone, osservando tutto ciò che gli era attorno, noncurante del fatto che la sua torcia si stava consumando rapidamente e che un tizzone cadde su un tappeto, il quale pian piano prese fuoco.

Avvertì l'odore di bruciato e si girò: alle sue spalle, le fiamme presero nel giro di mezzo minuto e il tappeto ormai incendiato trasmise il fuoco ad una sedia, appoggiata su di esso.

Lucio sorrise, i suoi occhi brillarono: nelle sue vene il sangue pulsava come non mai, tremava dall'emozione che lo stava avvolgendo.

Il Piromane scelse un arazzo, il più grande e particolareggiato della stanza, e appiccò il fuoco con quel che rimaneva della sua torcia, che buttò distrattamente su un tavolino. Si sedette di fronte allo spettacolo dell'arazzo in fiamme, rapito dal gioco dei colori della tela e delle lingue di fuoco che la consumavano.

Tutt'intorno l'incendio si sviluppava e metà dell'ampio salone stava bruciando. Lucio si riscosse e, raccogliendo il candelabro poco prima che il grande tavolo prendesse fuoco, corse verso una porta laterale che proprio allora iniziò ad incendiarsi.

La mattanza – 14

"Questi sono spari!"

"Chi doveva esserci con i Lupi?"

"Solo Bruteson, un inserviente."

"Disarmato?"

"Disarmato, certo."

Si fermarono in mezzo al corridoio che, svoltato l'angolo, dava sull'ingresso del settore R. Marius, sereno e pacato, faceva domande al sempre più nervoso Demetrio. Phoebe era pallida e tremava, mentre Jeremy, intento a tamponare la ferita al naso, sembrava vivere in un altro mondo. Era chiaro che dei quattro era l'Evocatore il più adatto a prendere in mano la situazione.

"Siete armati?"

"Abbiamo le nostre pistole."

"Altre armi?"

"... I manganelli."

"Dateceli."

"Ok, tieni".

Demetrio porse il suo a Marius mentre Phoebe, riluttante, lanciò il proprio a terra ostentando disprezzo nei confronti di Jeremy.

"Prudenza. Andate avanti voi con le pistole."

Una cinquantina di metri più lontani, Alice, Jennifer e Rob udirono gli spari più ovattati dalla distanza.

"Sparano? Rob?"

"Non sono loro."

"E chi?"

"Spari più lontani."

"KEVIN!"

Lo sguardo di Alice si accese.

"E' stato Kevin, lo sento! Lo so! Forza, andiamo!"

"Ehi, biondina, aspetta, dobbiamo..."

La Cheerleader non attese che Rob finisse la frase e corse verso il settore R, inseguita dai suoi dye accompagnatori.

Kevin svoltò dal lato del settore P, all'imbocco del lungo corridoio al centro del quale sostavano i quattro capitanati dall'Evocatore Nero. Da lontano la Sentinella riconobbe le due Guardie e non esitò ad attirare la loro attenzione gridando verso di loro.

"Dem! Phoebe! Aiutatemi, c'è un Lup..."

Si zittì, non appena vide che Demetrio alzava la pistola nella sua direzione, prendendo la mira. L'adrenalina che gli girava in corpo lo aveva reso ultrareattivo e sparò d'impulso, alla cieca, prima che l'avversario potesse replicare. Poi scartò sulla sinistra, trovando riparo nel muro. Il colpo di Demetrio, quindi, finì sulla parete a fine corridoio, mentre la pallottola di Kevin colpì Marius, che nel frattempo correva verso di lui, alla spalla destra, attraversandola e fuoriuscendo.

"Aaah!"

L'uomo perse l'equilibro e finì in ginocchio, subito soccorso da Phoebe.

Dem si avvicinò ad essi e puntò la pistola verso la posizione di Kevin, attendendo un suo movimento. Jeremy restò in piedi, inebetito da quello che stava accadendo.

Dall'altro lato del corridoio, a circa una ventina di metri dai quattro, spuntò Alice, nervosa e al tempo stesso schiumante di rabbia: aveva riconosciuto la voce di Kevin e non vedendolo temeva per lui. Puntò la pistola, tremando e faticando a trovare il coraggio di premere il grilletto. Poi uno sparo, sordo e potente, e due braccia forti la tirarono via da lì: Rob, freddo e lucido, aveva colpito mentre lei esitava e Jennifer la stava riportando fuori dalla linea di tiro nemica.

"Ne ho preso uno."

Alice proruppe in un fiume di lacrime, vinta dalla tensione. Rob, in ginocchio, ricaricò il suo fucile mentre Jennifer, comprensiva, abbracciava la Cheerleader.

"Su, non ti preoccupare, andrà tutto bene."

Rob aveva effettivamente colpito Jeremy, l'unico rimasto in piedi e perciò obiettivo più facile. Nonostante l'imprecisione dalla distanza di un fucile a canne mozze, il Maniaco venne colpito in pieno, alla schiena, e si accasciò in preda a dolori lancinanti. I suoi tre compagni, impauriti da quel colpo inatteso, cercarono riparo: Demetrio si lanciò su una porta dal lato sinistro del corridoio, quello che dava sui settori M e T e la sfondò con la spalla. Finirono nella stanza che fu usata come ambientazione del grattacielo della V.R.Corp., con tavoli ancora imbanditi e un pianoforte poco lontano dalla porta, seminascosto dall'oscurità. Phoebe trascinò l'Evocatore Nero ferito e cercò di curargli la ferita.

"E di lui cosa ne facciamo?" chiese Demetrio, indicando Jeremy, dalla cui schiena zampillava sangue in grande quantità.

"Non possiamo rischiare, lascialo lì! Che muoia!": la rabbia di Phoebe turbò il suo compagno.

"Siamo sotto tiro da due lati, non abbiamo molte possibilità." sentenziò Marius, la cui espressione del viso nascondeva la sofferenza provocata dalla ferita.

In fondo al corridoio, Kevin, ancora ansimante per lo scatto che lo aveva salvato dalla pallottola di Demetrio, era appoggiato al muro e convulsamente ricaricava la pistola. Si voltò alla sua destra e vide il Lupo Nero, che camminava nella sua direzione. I suoi occhi, ancora quegli occhi, lo calamitavano e al tempo stesso lo inducevano a fuggire. Riuscì a scuotersi da quello stato di ipnosi e, non riuscendo comunque a puntare la pistola alla bestia, tornò al corridoio.

Sparò due colpi, alla cieca, là dove credeva potessero esserci Demetrio e Phoebe, e prese a correre verso il centro del corridoio. I proiettili impattarono sul pavimento, non molto lontani dal corpo di Jeremy, che rantolava immerso nel suo stesso sangue.

Il Lupo Nero, vedendo la sua preda correre via, decise di accelerare il passo e lo inseguì. Svoltato l'angolo, guardò il corpo sanguinante a centro corridoio ed una parola, buia e gelida, riecheggiò lungo le pareti:

"Ma...nia...co."

Jeremy alzò lo sguardo e morì, all'istante, come fulminato. Fece in tempo a fissare il suo ultimo sguardo in quello di morte del Lupo, che aveva accelerato il passo e correva verso Kevin.

"Cos'è stato?"

"Non ne ho idea."

Rob e Jennifer si guardavano perplessi. Al suono dei due spari, Alice si strinse più forte nell'abbraccio di Jennifer, ma al sentire quella voce mostruosa la allontanò e restò con gli occhi sbarrati, mentre Arciere e Cacciatore rimasero interdetti.

Poi il Lupo Nero ululò. Un ululato atroce, portatore di morte, investì tutti gli uomini e le donne che lo ascoltarono. E caricò al galoppo verso Kevin, mosso dalla frustrazione.

La prima a reagire fu Alice: cercò dentro di sé la forza per prendere l'iniziativa e, sorprendendo Rob e Jennifer, si affacciò all'imboccatura del corridoio e sparò, d'istinto, verso l'ignoto. Si bloccò subito dopo: aveva colpito la prima cosa che vide muoversi verso di lei, che altri non era che Kevin.

La Sentinella venne gambizzata dal proiettile e stramazzò a terra, oltrepassando al di là della porta che nascondeva Marius, Phoebe e Demetrio. I tre, che impauriti fissavano il corpo senza vita di Jeremy, videro per un istante una figura d'uomo mettere il piede sinistro sulla pozza di sangue del Maniaco, la sua gamba destra alzarsi in maniera innaturale con una zaffata rossa spruzzata tutto intorno e lo videro cadere sul fianco sinistro, scivolando per alcuni metri in avanti.

"Ma che cazzo?!?"

"Ho paura, Dem!"

Phoebe si lanciò tra le braccia del suo uomo, che impietrito osservò quanto accadde.

"Dammi qua."

Marius strappò la pistola dalla mano di Demetrio e, digrignando i denti per il dolore, la impugnò con la mano destra. Il sangue tornò a fuoriuscire dalla ferita alla spalla, mentre l'Evocatore si trascinò in una posizione scoperta, per mirare alla testa di Kevin.

Dall'altro lato, Rob e Jennifer puntarono le proprie armi: la prima fu Jennifer, che intravide Marius sporgersi per freddare Kevin e gli tirò una freccia, che lo colpì nuovamente alla spalla destra, poco sotto la prima ferita.

Il Cacciatore invece avanzò di qualche passo, sostenendo lo sguardo del Lupo Nero che correva lungo il corridoio. Passarono secondi interminabili e Rob premette il grilletto.

E ci fu l'esplosione.

La fine? – 15

Lucio aveva percorso una stanza dopo l'altra, appiccando il fuoco a qualunque oggetto infiammabile gli si parasse davanti. In pochi minuti l'intero settore M era una massa di cenere e fumo, con lingue di fuoco a danzare fra oggetti e carte da parati.

Giunse alla stanza della V.R. Corp. E rimase incantato dal lusso che si intravedeva nell'oscurità: balenavano bicchieri di cristallo e posate in argento sui tavolini del buffet. Un po' più lontano, un pianoforte e nella parete in fondo una luce provenire da una porta aperta: si accorse della presenza di tre persone e sentì gli spari e urla di dolore.

Il terrore lo prese e lo spinse a nascondersi dietro il pianoforte, sempre con il candelabro in mano. Non si accorse che, nella fretta, una delle candele era caduta e aveva attecchito su un grande tappeto arabescato, su cui era posizionata anche la cucina portatile utilizzata, probabilmente, per preparare banane flambè e altre sfiziosità da buffet.

Non si accorse, quindi, della bombola di gpl, per metà piena, che la cucina custodiva, intento com'era a spiare Marius, Phoebe e Demetrio. Non si accorse, quindi, dell'esplosione che si innescò alle sue spalle, proprio mentre il Cacciatore sparava al Lupo Nero.

La cucina fu divelta in mille pezzi: una piastra del fornelletto raggiunse Lucio al collo e quasi lo decapitò: sbattè il capo sui tasti del pianoforte, che si colorarono di rosso sangue mentre il corpo ormai senza vita del Piromane scivolava sul pavimento.

Le Guardie Corrotte e l'Evocatore Nero all'ingresso della stanza vennero investiti da un'onda di aria bollente e furono spinti all'esterno, sul corridoio. Phoebe, l'unica ad accorgersi della luce delle fiamme pochi istanti prima del botto, si era voltata in direzione dell'incendio e il suo volto si ustionò all'istante. Urlò come se avesse il diavolo in corpo mentre Marius e Demetrio ebbero più fortuna e subirono ustioni meno pesanti, ma comunque dolorose.

Nel frattempo, il colpo sparato da Rob prese in pieno il Lupo Nero, che guaì e cadde a corpo morto sul pavimento. Nella bocca rimase strozzata un'ultima parola: "Cac... Cia..." e poi rantolò versi rochi sempre più fievoli.

Alice e Jennifer corsero in avanti, la prima in lacrime verso la Sentinella, la seconda concentrata sui corpi degli avversari appena sbalzati in avanti dal botto della bombola di gas.

La Cheerleader raggiunse Kevin, ancora agonizzante per il colpo subito dalla sua stessa compagna, e lo abbracciò forte, chiedendogli scusa singhiozzando.

"Va tutto bene, Alice, tutto b..."

Kevin non terminò la frase: una parte della parete, destabilizzata dall'esplosione, cedette e mattoni e intonaco caddero addosso ai due.

La fine (Contadini) – 16

"Eccoli! Eccoli! Forza, scavate!"

Una squadra di salvataggio capitanata dal Dottore si affannava intorno alle macerie del settore M, là dove si trovavano i corpi di Kevin e Alice. Erano passate due ore dal crollo della stanza della V.R. Corp. e i soccorsi erano lì da un'ora e mezza. Il Muratore e l'Esperto di Esplosivi lavoravano in tandem per mettere in sicurezza il Laboratorio, danneggiato dall'incendio provocato da Lucio.

Sceriffo e Poliziotto, invece, attendevano l'arrivo dell'Investigatore per poter interrogare Rob e Jennifer, scampati fortunosamente al crollo del muro che aveva colpito Cheerleader e Sentinella: Rob era rimasto all'imbocco del corridoio mentre Jennifer aveva raggiunto la porta d'ingresso che proteggeva i tre pro-Lupi dai loro spari e se l'era cavata con qualche graffio.

Marius, Phoebe e Demetrio erano stati trasportati d'urgenza all'ospedale più vicino, piantonati da una mezza dozzina di agenti: i due uomini se la sarebbero cavata con qualche giorno, mentre alla giovane Guardia Corrotta, il volto bendato come una Mummia, ci sarebbe voluto più tempo per tornare ad avere il viso di un tempo e forse il sorriso con cui, speranzosa, guardava al suo futuro con Demetrio non sarebbe più tornato.

Le sirene di ambulanze e vetture delle forze dell'ordine rischiaravano la notte all'esterno del Laboratorio. I giornalisti assaltavano gli agenti che andavano e venivano dalla struttura, mentre Pettegola e Ficcanaso erano in prima linea fra i passanti curiosi. Tra questi ultimi, un uomo alto, nascosto da un cappello a tesa larga, osservava con aria apparentemente indifferente il viavai frenetico che rapiva l'attenzione degli altri. Digrignò i denti sdegnato, strinse ancor di più il pastrano che lo copriva e, non trattenendo un sospiro, volse le spalle per sempre al Laboratorio e attraversò a grandi passi la strada per tornare nell'ombra.

La fine (Lupi) – 16

Marius fu il primo a riprendere conoscenza, dopo alcuni secondi di blackout totale. Aveva le orecchie tappate, la vista annebbiata e sentiva un dolore atroce lungo tutta la schiena, come se fosse steso su una graticola.

Girò la testa verso destra e si accorse di una figura in nero che si muoveva verso di lui. Poco più in là, una massa di capelli biondi si accucciò vicino al corpo di quello che doveva essere la Sentinella. E a un metro da lui, quella che doveva essere la sua pistola.

Un secondo dopo l'altro riacquistò lucidità e distinse nitidamente la sagoma di Jennifer, che aveva imbracciato l'arco e gli puntava addosso un'altra freccia. Poi il muro della stanza in cui si erano nascosti lui e le Guardie crollò, cadendo sui due amanti. L'Arciere si girò, sorpresa e allarmata dal boato, dando le spalle a Marius, che si alzò sul braccio sinistro e si spinse verso la pistola. Ululò di dolore, ma ebbe la reattività di impugnare con la sinistra l'arma e di rivolgerla a Jennifer: non era mancino e non poté essere preciso, ma la ragazza gli era talmente vicina che non sbagliò. La pallottola si infilò nel cranio dell'Arciere, che non ebbe nemmeno il tempo di gemere di dolore: stramazzò a terra come un sacco vuoto.

Al di là delle macerie, Rob mollò il fucile e si lanciò di corsa verso i mattoni e la polvere, per soccorrere Kevin e Alice intrappolati dal crollo. Non si avvide della figura nera che, parzialmente investita dalla parete distrutta dall'esplosione, si riscosse piano e boccheggiava in cerca d'aria.

Il Lupo era stato gravemente ferito dal proiettile di Rob e il muro crollato gli aveva azzoppato due zampe, ma era ancora vivo e, fremente di rabbia più che di dolore, pronunciò quattro sillabe, fissando con lo sguardo l'uomo che gli aveva sparato: "Cac... Cia... To... Re..."

Rob, già sporco di intonaco e polvere, si bloccò di colpo e perse conoscenza. Cadde in maniera innaturale, come un manichino di un crash test buttato via, e morì.

Passarono alcuni minuti, scanditi dalle urla di Phoebe e i gemiti di Demetrio, che si contorcevano per il dolore sul pavimento. Marius si era tirato su a sedere e si era tolto la camicia, sentendosi la schiena completamente spellata. Sapeva che l'esplosione avrebbe attirato vigili del fuoco e poliziotti e sarebbe stato arrestato a breve, ma non aveva più la forza di alzarsi e fuggire per mettersi in salvo. Voleva solo che qualcuno gli medicasse la spalla, ridotta a brandelli, e soprattutto gli spegnesse il dolore lungo la schiena.

Sentì dei rumori provenire dal settore R e voltò lentamente la testa in quella direzione. Rimase semplicemente di sasso nel vedere un uomo alto, coperto da un lungo pastrano e da un cappello a tesa larga, trotterellare verso di lui seguito da una donna che imbracciava un fucile di precisione ed un vecchio che portava una borsa tintinnante.

L'uomo giunse di fronte a lui e gli sorrise.

"Ciao, Marius."

"Signor De..."

"Dov'è il Lupo Nero?"

"Eh? Io... Ahi..."

"Va bene, va bene, lascia stare. Alchimista, dagli qualche intruglio e tirate su anche quei due, sono tutti ridotti male qui. Cecchino, dagli una mano e controlla in giro che non ci siano Contadini."

De La Rue si avvicinò alle macerie, oltrepassò il cadavere del Cacciatore e vide infine il Lupo Nero, ingrigito dalla polvere e dal sangue raggrumato intorno alle numerose ferite subite.

Si inginocchiò accanto alla bestia, la accarezzò e le sussurrò con tono paterno:

"E' tutto finito. Stai tranquillo. Sei libero, figlio mio."

Link al commento
Condividi su altri siti

 Share

×
×
  • Crea Nuovo...