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Dov'eravate quest'inverno?


Toremoon
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Io sono un uomo i cui occhi si posan sovente sulle belle ragazze. I loro sguardi, le loro espressioni del volto, il loro modo di sorridere, di arricciarsi i capelli, di sembrare imbronciate. Prendo la metro almeno due volte al giorno e ho la possibilità di vedere migliaia di persone ogni dì.

Da qualche giorno il sole si è impossessato della città e, come ihgnuf, sono spuntate in giro della città delle forme inusuali. Braccia, scapole, caviglie, colli, ginocchia: è una fottuta insalata di bontà che spunta da ogni anfratto, rendendomi gioiosa la giornata. Ma non solo: i volti! Volti bellissimi, stupendi, occhi profondi come l'oceano, bocche che aspettano solo di essere assaggiate come mele succose, guance da carezzare fino a renderle ancora più lisce.

E poi mi assale un pensiero: che ne era di voi quest'inverno? Dove vi nascondevate fino a qualche settimana fa? Com'è che siete uscite tutte assieme improvvisamente? E' il caldo? La pressione atmosferica? L'effetto serra?

O sono io? O è il testosterone che mi permette di vedere cose che, senza di esso, mi sembravano al livello di soprammobili e sedie?

E soprattutto: succede solo a me?

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La spiegazione è che questa strofa

E poi mi assale un pensiero: che ne era di voi quest'inverno? Dove vi nascondevate fino a qualche settimana fa? Com'è che siete uscite tutte assieme improvvisamente? E' il caldo?

È dedicata alle puppe

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[...]Fissavano quel tacco nero, a spillo, e fu un niente vedere - un attimo dopo l’inevitabile flash di una caviglia in nylon scuro - vedere il passoche l’aveva perso, esattamente il passo, inteso come ritmo e danza, compasso femmina smaltato nylon scuro. Lo videro da prima nel pendolo danzante di due gambe sottili, e poi nello scarto morbido che il seno, sotto la camicetta, raccoglieva rimandandolo ai capelli - corti neri, pensò Diesel - corti biondi, pensò Poomerang - lisci e sottili abbastanza da danzare a quel ritmo, che nei loro occhi era ormai diventato corpo femminile, e umanità e storia quando improvvisamente si increspò sul minuscolo controtempo di un tacco che si mise a oscillare, a un passo, e si piegò, al passo successivo, staccandosi dalla scarpa e da quel ritmo tutto - di femmina umanità e storia - costringendolo a una cadenza - non proprio a una caduta - dove ritrovare l’equilibrio di una immobilità - il silenzio.[...]

Guardavano un tacco a spillo nero, ma stavano vedendo in realtà quella donna scomporsi e rallentare, la videro girarsi per un attimo dicendo

- Merda

senza neppure per un istante pensare di fermarsi, come avrebbe fatto una donna normale - fermarsi, tornare indietro, recuperare il tacco, provare a riappiccicarlo tenendosi con una mano a un segnale stradale, senso vietato - neanche pensando di fare una cosa così ragionevole, ma continuando invece a camminare, giusto col vezzo di dire

- Merda

nel momento stesso in cui, escludendo di stropicciare la propria bellezza nel controtempo di una zoppia obbligata, si sfila la scarpa ferita, con un gesto leggero, senza smettere di camminare, e diventa poi definitivamente leggenda, per loro due, sfilandosi anche l’altra - compasso scalzo cromato nylon scuro - prende le scarpe, le butta in un cassonetto blu mentre già guarda intorno per cercare quel che subito trova, una vettura gialla che risale il viale lentamente: alza un braccio, dal polso scivola giù qualcosa d’oro, la vettura gialla mette la freccia, si ferma, lei sale, detta un indirizzo mentre raccoglie la gamba sottile - piede scalzo - sul sedile facendo salire la gonna e per un attimo balenare la tiepida prospettiva di un pizzo da autoreggente che scompare per qualche centimetro di coscia - bianca - e poi riappare nell’orlo di uno slip, poco più di un lampo che però si infila negli occhi di un signore in abito scuro che non smette di camminare ma si trascina dietro, appiccicato sulla retina, il tiepido lampo, che gli arroventa la coscienza e si abbatte sulla recinzione della sua narcosi da uomo stancamente sposato, con gran rumore di lamiere e lamenti.

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Ho sempre adorato questo film...

E a proposito di Francia c'era una striscia del povero Wolinski che era fantastica, un uomo che esce di casa, va al lavoro, e vede donne per strada, al bar, in ufficio, sull'autobus: gonne corte, gambe, capelli, seni, occhi, colli, tacchi ecc. ecc. Lui imperturbabile.

Poi la sera rientra a casa e appena dietro la porta si accascia al suolo tutto sudato e impreca: "PUTTANE!" :D Stupendo! :D

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CHIARA

Chiara socchiude gli occhi, si ritrae come scottata alla luce sottile dalla finestra che sfiora le palpebre pesanti.

Il brusio della Piazza da tempo sveglia di sabato mattina. Un motorino. Due cani si abbaiano contro.

Scene consuete, immagina senza fatica lo sforzo dei proprietari dei cani per tenerli lontani l'uno dall'altro.

Troppo vino, un sapore amaro tra le labbra, un pulsare sordo dietro le tempie.

La mano, con una volontà propria o con la consuetudine di troppe mattine di solitudine, si sposta sul comodino a cercare il pacchetto di sigarette. Trova il posacenere, ci finisce con le dita dentro. Una imprecazione a mezza bocca. Lo sposta via. Il secondo tentativo va meglio.

La prima boccata raschia la gola e quasi non ci fa caso, persa tra le volute azzurre e un punto che non riesce a focalizzare, oltre langolo dellarmadio.

Chiude di nuovo gli occhi e posa la testa sul cuscino.

Lui è andato. Ricorda di averlo visto rivestirsi la sera prima, mentre brancolava tra poca luce e parole impacciate di uno sconosciuto che non sa che dire dopo un sesso frettoloso.

Ti chiamo

Lo ha guardato con un misto di commiserazione, disgusto e tristezza.

La bottiglia è ancora a fianco al letto, l'ha aperta un attimo dopo aver sentito la porta che si richiudeva. Cè sempre una bottiglia, ad attendere. E due calici.

Ne basta uno.

Un rosso pastoso, bevuto di rabbia a lavare via dalla bocca il sapore fastidioso di pelle estranea sulla pelle, sulle labbra, sotto le unghie laccate alla perfezione.

Non si domanda nemmeno più perchè.

Il suo rito del venerdi sera.

Tutto inizia con un bagno bollente.

La pelle candida, levigata da mille e mille sfregamenti di pietra pomice sulle caviglie, i polpacci, le cosce. Sfrega e immagina mani a percorrere le sue gambe, lo sguardo ammirato nel trovarle lisce, impeccabilmente depilate, lucide di mille e mille giorni di crema idratante.

Esce dalla vasca da bagno, si asciuga. La crema, impalpabile, profumatissima a coprire ogni centimetro del suo corpo.

Indugia sul seno, pregustando.

Nuda, si osserva allo specchio pensando a come la vedrebbe Lui.

Non ha un nome, Lui.

Ogni venerdì potrebbe essere quello giusto.

E Chiara ogni venerdi si prepara.

I capelli, lunghissimi e folti, bagnati sulle spalle.

L'intimo è già pronto, sul letto. Questo venerdì una mise rosso scarlatto, pizzo leggerissimo sulla pelle.

Con la coda dellocchio si osserva nello specchio grande a fianco a lei infilare gli slip. La curva delle natiche, ancora sode. Il seno appena appesantito dagli anni. Le gambe affusolate, impreziosite dalla cavigliera e un ciondolo di brillantini a forma di chiave.

E bello, il suo corpo.

Lo avverte negli sguardi, se ne compiace.

E per quelli sguardi che trabocca il cestino dei suoi costosi prodotti di bellezza.

Si volta verso lo specchio, divarica appena la gambe, eretta, le mani sui fianchi. Passa in rassegna come mille altre volte il suo corpo con occhio critico. Un pelo solitario rovina la curva perfetta della rasatura inguinale, facendo capolino dallo slip. Lo aggredisce, seccata, con immacolate pinzette dacciaio.

Lo sguardo indugia sul decolleté, sul contrasto tra la pelle appena ambrata e laggressione cromatica del pizzo.

Il trucco, ora.

Pochi, sapienti gesti e il suo sguardo si vela di malia, le labbra si rimpolpano e sfacciate sporgono tumide di gloss.

Un abito di raso nero a fasciarle i fianchi che nasconde ben poco delle sue lunghe gambe abbronzate, una spruzzata di profumo tra i capelli e pochi minuti di phon modellano limmagine che desidera, stasera.

Tacchi vertiginosi e testa alta, passa quasi senza degnare di uno sguardo il buttafuori. E il suo territorio, quello.

Sgabello alto, un piede a terra, il muscolo della coscia in tensione sotto la stoffa leggerissima, un Cuba Pestato tra le mani, con studiata distrazione. Riccardo, il barman, sa bene come le piace. Molto Cuba. Rum anejo, non bianco.

Lo sguardo spazia quasi annoiato sulla pista che si va animando, come guardare il mondo da dentro il silenzio di una boccia di vetro.

Ciao, sei sola?

Trasale quasi, nonostante sia qui solo per questo.

La movenza, studiata, del collo che si piega morbidamente verso la voce, lalito caldo e leggermente alcolico sullorecchio. Inumidisce le labbra prima di voltarsi e porle, dischiuse e invitanti, verso di Lui.

Due occhi scuri, resi più brillanti da quelli che hanno preceduto il drink che ha tra le mani brune e tozze. Niente peluria sulle dita. Curato.

La luce stroboscopica della sala disegna ampi cerchi sulla camicia bianca, le maniche ordinatamente piegate verso i gomiti, un bottone di troppo slacciato sul petto.

Sicuro di se, quasi sfacciato.

Lascia che la corteggi con una galanteria fuori tempo, i suoi racconti di viaggio e la mano che indugia sulla sua schiena mentre la segue sulla pista. Quella mano che scende, ballando, quasi per un caso fino a fermarsi sul punto esatto di congiunzione tra la schiena e i glutei, proprio contro il bordo dello slip, a giocarci appena con le dita che disegnano brevi cerchi.

Parlare di niente, di cinema, di musica. Parlare per guardarsi e leggere oltre.

Sfioramenti più o meno casuali. Poi sempre meno. Le nocche di Lui che si soffermano sul seno mentre le porge lennesimo Cuba e il sorriso ammiccante di rimando.

Come un segnale convenuto. LOra.

Lui si solleva dal divanetto di finto cavallino, prende con due dita la giacca e la porta con disinvoltura su una spalla. Abbassa gli occhi su Chiara. Che lo guarda, enormi occhi bruni circondati da folte ciglia frutto di sapienti colpi di rimmel. Può sentirne lodore, sudore leggero e eccitazione.

Il passo degno di una Regina mentre esce dalla sala.

Il tragitto è breve, auto separate.

La casa di lei li accoglie con un sentore di cannella.

E Lui.

Questa volta è Lui.

Questa volta.

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Erano a ciulare (quest"inverno). Ora sudano troppo.

Suggerisci di trasferirci nei paesi nordici dove la temperatura permette di non sudare durante certe attività ricreative?

:yes::)

Visto che prima o poi un giro in moto su per di là potrei farlo, tu esattamente dov'è che vivi? :D

Che, si sa, il motociclista attira sempre :p

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Erano a ciulare (quest"inverno). Ora sudano troppo.

Suggerisci di trasferirci nei paesi nordici dove la temperatura permette di non sudare durante certe attività ricreative?

:yes::)

Visto che prima o poi un giro in moto su per di là potrei farlo, tu esattamente dov'è che vivi? :D

Che, si sa, il motociclista attira sempre :p

Oslo. :)

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Erano a ciulare (quest"inverno). Ora sudano troppo.

Suggerisci di trasferirci nei paesi nordici dove la temperatura permette di non sudare durante certe attività ricreative?

:yes::)

Visto che prima o poi un giro in moto su per di là potrei farlo, tu esattamente dov'è che vivi? :D

Che, si sa, il motociclista attira sempre :p

Oslo. :)

Ottimo, era un pochino fuori dal giro programmato (che farò chissà quando :D), ma vedrò di inserircela allora ;)

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