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Lo stolto guarda il dito


Cleon
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http://www.corriere.it/politica/09_agosto_...44f02aabc.shtml

Zaia utilizza spesso questa tecnica. Esprime un'idea piuttosto assurda e provocatoria per far luce su un determinato problema, il + delle volte concreto e preciso. Venne deriso anche quando propose "lo sciopero dell'ananas". In realtà dietro quella provocazione risiedeva un problema piuttosto interesssante, quello che il consumatore spesso non acquista con senso critico, soprattutto nelle grandi città. Non compra la frutta e la verdura di stagione e non valorizza adeguatamente la produzione sul territorio, incentivando importazioni di prodotti dall'estero a danno dell'economia agricola locale. Venne deriso da molti, con la stessa mentalità con cui oggi alcuni politici lo prendono in giro con una supponenza alquanto irritante (Zaia si occupa dei campi sicuramente meglio di quanto Storace si sia occupato della sanità). In realtà toccò un tasto piuttosto delicato.

Anche in questo caso è così. Il dialetto è una fonte enorme di informazioni, anedoti, richiami alla storia, alla cultura ed ai valori del nostro paese. Vivo a Milano , una città che sta vedendo pian piano scomparire il suo splendido dialetto (la cui complessità è tale da riempire addirittura un intero dizionario di + di 400 pagine con differenti vocaboli e forme). Di questo non posso che dispiacermi perchè da milanese, con la scomparsa dialetto, vedo morire una parte della mia città, di quella Milano che, purtroppo, di questo passo è destinata a rimanere un semplice ricordo.

Ancora una volta Zaia ha lanciato una provocazione interessante, a dimostrazione che, per me, è uno dei ministri + in gamba del governo.

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in italia esiste da quasi 10 anni una legge sulle lingue minoritarie. Zaia ne e' al corrente? Perche' Zaia, invece di fare provocazioni, non fa una proposta per estendere questa legge anche alle lingue attualmene non incluse?

E' in sostanza necessario governare per provocazioni o esistono altri modi?

Modificato da pachu
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dopo il test di dialetto per gli insegnanti....mancava anche questa

a me sembrerebbe il solito spreco di denaro pubblico. ufficialmente LA lingua veneta (guardo in casa mia) non esiste. quella che zaia si ostina a chiamare lingua in realtà è una somma di più varianti linguistiche. e da quello che so in lombardia la situazione non è diversa, per quel poco che conosco mi risulta ad es. che il bresciano "di città" sia un bel po' diverso da quello che parlano nei paesotti della val trompia, non me ne voglia sil. non parliamo poi di mantova e provincia, dove esistono più di 80 varianti dialettali.

tornando al veneto, se vi interessa sono reperibili i seguenti testi (da una rapida ricerca su internet)

il dizionario del dialetto di Fossalta di Piave, di Segusino, del trevigiano di destra Piave e della sinistra Piave, di Caerano, quello del dialetto vittoriese (con enunciate le varianti locali), della Val di Zoldo, delle colline veronesi, veneziano "del Novecento" (ce n'è anche uno del 16. secolo), di Feltre, di Caneva, un glossario di Breganze, ecc., per non parlare dell'"Entomologia popolare veneta" o della "Grammatica popolare veneta tra Adige e Canalbianco", infine come non citare gli 11 (undici) volumi della "Guida ai dialetti veneti" del Cortelazzo.

spieghi zaia di QUALE lingua/dialetto sta parlando.

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Il dialetto è una parte importante della nostra memoria storica, perdendo il quale molte tradizioni verrebbero meno. Il milanese si sta perdendo più degli altri per svariate ragioni, non ultima una minore staticità della popolazione nel corso dei secoli. Qui la gente è andata e venuta. I miei genitori sono entrambi nati in altre parti d'italia, ma sono venuti ognuno per ragioni diverse, a vivere a milano. Ma nemmeno loro lo hanno imparato, solo mia madre due parole messe in croce, mio padre nemmeno quelle, noi 3 figli manco per niente. Quel poco che ne so perchè ho lavorato alcuni anni fuori milano a contatto con dei milanesi. Ma ben poca cosa, sebbene alcuni anni fa fossi abbastanza ciappato dal dialetto milanese.

Modificato da milordino
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da me il dialetto non è lingua seconda a nessuna.

se sape, il milanese è anche più complesso del napoletano. Pwer assurdo il dialetto che fa venire tanta nostalgia, è più in disuso soprattutto nelle regioni più "evolute" ma non credo che questo tipo di evoluzione lo sia per davvero. Io credo sempre più ad un ritorno sulla via maestra dei dialetti, e rifuggo ogni ambiente che tende ad eliminarlo per fare spazio ad una sottospecie di lingua di plastica. Nel dopoguerra in certe zone si parlava solo il dialetto, e la televisione ha contribuito a diffondere la lingua italiana corretta presso tutta la popolaizone, oggi internet sta facendo il resto. Da parte mia quel minimo di dialetto milanese che significa sentirsi parte della cultura di un luogo, l'ho appreso. Saprei sostenere un dialogo generico in milanese, rimembrate POR BAGAI e BARLAFUS? beh non sono termini usati comunemente nella lingua di tutti i giorni, ed in quel periodo li usavo tutti i momenti, perchè lavoravo in un ambiente ad alta densità milanese. Oggi lavoro (o non lavoro) a contatto con persone che non hanno nessun interesse in tutto ciò che è milanese, ed infatti aggie scurdate tutte cose. Traduco in milanese: me sunt desmingà de tocc.

Modificato da milordino
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Il punto è che il dialetto è una lingua "morta" e l'italiano invece versa in gravi condizioni.

Il dialetto è stato "vivo" fino al momento in cui aveva una propria autonomia nel "coniare" vocaboli.

Oggi tutti i nuovi vocaboli dialettali sono storpiature del corrispondente vocabolo italiano.

Tra l'altro con il progresso tecnico molti vocaboli dialettali sono "scaduti" nel senso che fabbo riferimento ad attrezzi o strumenti che non vengono più usati.

La civiltà dialetatle, pretatmente contadina, aveva battezzato con un nome proprio strumenti per battere la pula, scremare il latte, falci di diveros tipo, forma e dimensioni, avevano un loro nome specifico. Oggi chi li usa?

E vi immaginate come si potrebbe tradurre nel vostro dialetto cd-rom o cpu o transistor?

Un problema simile tra l'altro colpisce anche l'italiano. Tutti noi diciamo garage o box-auto e non rimessa.

Qualcuno è in grado di spiegarmi perchè in italiano l'aids si chiami aids e non sida (sindorme da immunodeficienza acquisita) come in spagnolo e come sarebbe più logico?

Io, figlio di padre bresciano e madre parmigiana, il dialetto del mio paese bene o male l'ho sempre capito ma ho iniziato a parlarlo solo dopo le medie perchè in quel momento ho avvertito l'esigenza di abbattere alcune barrire linguistiche che potevano essere viste dai miei amici come uno snobbismo (eddje coi termini stranieri).

In casa parliamo sia l'italiano che i vari dialetti (bresciano io, parmigiano mia madre, mantovano la moglie e i suoceri), dialetti simili ma a volte profondamente differenti.

a volte penso a mia figlia che oltre a dover fronteggiare l'italiano, i dialetti parlati in famiglia, le lingue straniere a scuola (dall'anno prossimo saranno 2) volente o nolente deve fare i conti anche con termini in arabo e/o hindi.

Temo che possa fare la fine del monaco gobbo de "il nome della rosa" ovevro crearsi un personalissmo esperanto incomprensibile per i terzi. Megli osaper parlare tante lingue male o qualcuna di meno ma bene?

L'ultima considerazione: problemi locali (come la salvaguardia del dialetto) difficilmente possono essere validamente fronteggaiti con strumenti nazionali (scuola, televisione) che per loro natura non sono flessibili.

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Oggi lavoro (o non lavoro) a contatto con persone che non hanno nessun interesse in tutto ciò che è milanese, ed infatti aggie scurdate tutte cose. Traduco in milanese: me sunt desmingà de tocc.

L'è 'na roba normale che an chele cundisiù ta sapet desmentegat an sacc de robe. Al problema però l'è che za belè me fo fadiga a cumprindit se ta sa metet a scrier an dialett, immaginet te chel che 'l pol capì gì de zò. Se garese de beà a la televisù an spetacol dei legnanesi podarese pò ardal ma zà bele Camorra o an cine de Troisi sensa le scriide l'è argota de arabo.

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Un problema simile tra l'altro colpisce anche l'italiano. Tutti noi diciamo garage o box-auto e non rimessa.

Qualcuno è in grado di spiegarmi perchè in italiano l'aids si chiami aids e non sida (sindorme da immunodeficienza acquisita) come in spagnolo e come sarebbe più logico?

perché l'italianizzazione del ventennio, che è riuscita a introdurre termini come tassì e autista, se n'è andata col duce.

Ancora l'organizzazione internazionale del lavoro si chiama OIL e non ILO, e l'organizzazione delle nazioni unite si chiama ONU e non UN O.

Ma già l'organizzazione del trattato atlantico del nord di pochi anni dopo si chiama NATO e non OTAN come gli ispanici che invece hanno insistito di più e usano parole loro anche per dire computer e sport.

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Finchè gli interessati lo chiamano dialetto verrà sempre considerato una cosa secondaria. Se invece esiste una grammatica, perchè non considerare ciò?

Il catalano è la lingua ufficiale della Catalogna, della regione valenciana e delle isole baleari. Viene insegnata nelle scuole e conosco figli di conoscenti bocciati in ciò.

Esistono decine di radio e televisioni in lingua locale. In Catalogna i cartelloni pubblicitari sono tutti in catalano cosi come le scritte sugli autobus, negozi, indicazioni stradali, eccetera.

Che male c'è se si facesse anche in Lombardia?

Loze, anche lì esistono molte varianti (a cominciare dal catalano che si parla a Valencia -che gli stessi definiscono valenciano- ed a Palma di Mallorca), però la lingua è unica. Il romano è un dialetto, non è una lingua, quindi è una variante dell'italiano.

Io sto terrore della regionalizzazione non lo capisco.

Il mio paese di origine spagnola si trova in Castilla La Mancha che ha tutto fuorchè tendenze autonomistiche. Insomma, è una regione autenticamente spagnola. Fuori dal Comune sono esposte la bandiera spagnola, quella di Castilla La Mancha e quella europea.

Da noi indignazioni alquanto stravaganti se si propone la bandiera regionale.

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Loze, anche lì esistono molte varianti (a cominciare dal catalano che si parla a Valencia -che gli stessi definiscono valenciano- ed a Palma di Mallorca), però la lingua è unica. Il romano è un dialetto, non è una lingua, quindi è una variante dell'italiano.

Io sto terrore della regionalizzazione non lo capisco.

indubbiamente, resta il fatto che il catalano possiede una grammatica codificata, risale al 1912, e questo rende la lingua catalana perfettamente sostituibile al castigliano, in catalogna, mentre lo stesso non avviene col veneto e l'italiano.

la grammatica non si insegna un tanto al chilo. se il "veneto" vuole passare definitivamente da dialetto a lingua è obbligato a darsi una struttura più omogenea, vale a dire individuare una variante "x" (scritta, non solo orale) condivisa da tutti i parlanti della regione, e mettere tutto nero su bianco. altrimenti è aria fritta.

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la grammatica non si insegna un tanto al chilo. se il "veneto" vuole passare definitivamente da dialetto a lingua è obbligato a darsi una struttura più omogenea, vale a dire individuare una variante "x" (scritta, non solo orale) condivisa da tutti i parlanti della regione, e mettere tutto nero su bianco. altrimenti è aria fritta.

sottoscrivo. Cosi' e' stato fatto per esempio per il friulano. Ed e' bene essere sicuri che, una volta fatto il "lombardo medio", dopo non capiti che esso ai lecchesi piace ma ai bresciani no.

C'e' anche l'interessante teoria secondo cui i dialetti del nord formerebbero una lingua distinta dall'italiano, ovviamente priva di una forma normale.

Ma, anche senza grammatica non ci sarebbe nulla di male a fare ogni tanto un'ora in cui si impara un po' del linguaggio locale.

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Ma, anche senza grammatica non ci sarebbe nulla di male a fare ogni tanto un'ora in cui si impara un po' del linguaggio locale.

Dove? A scuola? Te pensa che io ci metterei anche dei corsi per la costruzione di pipe in gesso.

Già la scuola così com'è a tantissima problemi, forse sarebbe meglio evitare di crearne altri.

L'ora di dialetto, esatatmente come quelal di religione, potrebbe e dovrebbe essere fatta in altro loco. Ovviamente da chi è interessato alla cosa.

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loze non so se la cosa vale anche per quelle boiate di lingue tipo gallego e soprattutto andaluzo che pur non essendo ufficiale, se benricordo ha la costituzione tradotta da zapatero.

sull'andaluso non sono informato, quindi passo

che io sappia il problema del galego è il riconoscimento internazionale, l'UE ad esempio lo considera una variante del portoghese. per il resto è lingua autonoma a tutti gli effetti, ha una grammatica propria regolata/aggiornata da un organismo preposto che è l'academia galega. lo stesso avviene in portogallo col mirandese, che difatti è annoverata fra le lingue regionali.

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L'ora di dialetto, esatatmente come quelal di religione, potrebbe e dovrebbe essere fatta in altro loco. Ovviamente da chi è interessato alla cosa.

per gli immigrati dovrebbero essere obbligatorie entrambe.

l'andaluso si merita quantomeno una pagina dello wikipedia in italiano: http://it.wikipedia.org/wiki/Dialetto_andaluso

Modificato da Tersite
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Dove? A scuola? Te pensa che io ci metterei anche dei corsi per la costruzione di pipe in gesso.

Già la scuola così com'è a tantissima problemi, forse sarebbe meglio evitare di crearne altri.

L'ora di dialetto, esatatmente come quelal di religione, potrebbe e dovrebbe essere fatta in altro loco. Ovviamente da chi è interessato alla cosa.

vero anche questo (ma lascia stare la religione, bieco illuminista). Potrebbe benissimo farlo anche qualche associazione culturale.

Tuttavia la lettura di qualche autore dialettale e' cosa che si puo' fare benissimo. Mica penso a 6 ore alla settimana. Magari una, opzionale.

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Ma, anche senza grammatica non ci sarebbe nulla di male a fare ogni tanto un'ora in cui si impara un po' del linguaggio locale.

io preferirei un'ora extra per insegnare storia e cultura locali, il veneto ha una dignità storico-letteraria non inferiore al catalano e al basco, anzi. il problema è solo linguistico, è più semplice individuare una lingua "franca" se alla base c'è una cultura in comune.

ora come ora vedo molto difficile convincere un veronese a parlare come un vicentino, o viceversa.

ps. galizia e catalogna sono regioni autonome, quindi hanno maggior libertà nel dirimere le faccende di casa propria, compresa la questione linguistica. se la lega si impegnasse in un vero progetto di riforma federalista invece di rendersi ridicola con trovate da circo tipo le ronde e i test di dialetto....magari faremmo un passo avanti.

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vero anche questo (ma lascia stare la religione, bieco illuminista). Potrebbe benissimo farlo anche qualche associazione culturale.

Tuttavia la lettura di qualche autore dialettale e' cosa che si puo' fare benissimo. Mica penso a 6 ore alla settimana. Magari una, opzionale.

Questa è un'entrata a gamba tesa, degna del peggior T.A.R.

Vedi e proprio quel magari una, opzionale che può creare i problemi.

Vale o non vale per i crediti formativi?

E chi non volesse farla potrebbe accedere ad altre attività?

E ove non fossero previste attività alternative e l'ora opzionale fosse a metà mattina come si potrebbe gestire la cosa?

Io direi che la scuola dovrebbe darsi delle priorità, eliminare tutto il superfluo possibile e lasciare solo le cose obbligatorie.

Magari sarebbe più seriosa ma alla fine utilizzerebbe meglio le poche risorse che ha a disposizione invece d idisperderle in mille rivoli.

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