Gelli è agli arresti domiciliari a villa Wanda, condannato per il crac del Banco Ambrosiano. Molti degli affiliati, il nocciolo duro del club dell’oltranzismo atlantico, sono stati coinvolti in vicende di eversione, stragi, tentati colpi di Stato, depistaggi. Così Vito Miceli, Gian Adelio Maletti, Antonio Labruna, Giuseppe Santovito, Giovanni Fanelli, Antonio Viezzer, Umberto Federico D’Amato, Giovanbattista Palumbo, Pietro Musumeci, Elio Cioppa, Manlio Del Gaudio, Giovanni Allavena, Giovanni Alliata di Montereale, Giulio Caradonna, Edgardo Sogno... Ci vorrebbe almeno un libro per ciascuno, per raccontare la multiforme attività di questi fedeli servitori del Doppio Stato.
Organizzazione multinazionale, la P2 aveva affiliati che operavano in Sudamerica: Uruguay, Brasile e soprattutto Argentina. In Argentina, dove Gelli aveva rapporti molto stretti con i servizi segreti, aveva arruolato nella loggia l’ammiraglio Emilio Massera, capo di Stato maggiore della Marina, Josè Lopez Rega, ministro del Benessere sociale di Juan Domingo Peron, Alberto Vignes, ministro degli Esteri, l’ammiraglio Carlos Alberto Corti e altri militari.
Pochi del club P2 sono stati messi davvero fuori gioco dallo scandalo che seguì la pubblicazione degli elenchi. I magistrati (unica categoria che reagì con decisione) furono giudicati e sanzionati dal Consiglio superiore della magistratura. Ma ciò non toglie che uno dei magistrati iscritti alla P2, Giuseppe Renato Croce, tessera numero 2071, oggi giudice per le indagini preliminari a Roma, con arzigogoli procedurali stia dando ragione a Marcello Dell’Utri in una delle tante contese giudiziarie che il braccio destro di Berlusconi ha aperte.
Molti dei piduisti sono stati messi da parte dagli anni e dall’età . Ma chi resiste all’azione del ciclo biologico non se la cava poi tanto male. Tra i giornalisti (di allora), Gustavo Selva è parlamentare di An; Maurizio Costanzo è direttore di Canale 5 e uomo politicamente trasversale, anche se sempre dalla parte di Berlusconi nei momenti cruciali; Massimo Donelli è direttore della nuova tv del Sole 24 ore. Roberto Gervaso continua a scrivere un fiume di articoli e di libri e nessuno si ricorda più di una simpatica lettera che inviò, tanto tempo fa, a Gelli: «Caro Licio, ho chiesto a Di Bella (direttore del Corriere della sera quando era nelle mani della P2, ndr) di farmi collaborare. è bene che tutti capiscano che bisogna premiare gli amici. Oggi Di Bella parlerà della mia collaborazione con Tassan Din (direttore generale del Corriere, piduista come l’editore del Corriere, Angelo Rizzoli, ndr). Vedi di fare, se puoi, una telefonata a Tassan Din, affinchè non mi metta i bastoni tra le ruote». Più defilato Paolo Mosca, ex direttore della Domenica del Corriere. Gino Nebiolo, all’epoca direttore del Tg1, è stato mandato da Letizia Moratti a dirigere la sede Rai di Montevideo (una capitale della P2) e oggi scrive sul Foglio di Giuliano Ferrara. Franco Colombo, ex corrispondente della Rai a Parigi e aspirante piduista, oggi ha cambiato mestiere: è vicepresidente della società del Traforo del Monte Bianco e si sta dando molto da fare per gli appalti che devono riaprire il tunnel. Alberto Sensini (aspirante piduista, come Colombo) scrive di politica sui giornali.
Tra i politici, Pietro Longo, segretario del Partito socialdemocratico, divenne il simbolo negativo del piduista con cappuccio. Ma a tanti altri è andata meglio. Publio Fiori (tessera 1878), ex deputato democristiano, è trasmigrato in An e nel 1994 è diventato ministro di Berlusconi. Una poltrona di ministro è già capitata, durante il governo Berlusconi, anche ad Antonio Martino (anch’egli a Gelli aveva solo presentato la domanda d’iscrizione). Invece Duilio Poggiolini (tessera 2247), ex ministro democristiano della Sanità , ha avuto la carriera stroncata non dalla P2, ma dai lingotti d’oro di Tangentopoli trovati nel pouf del salotto. Massimo De Carolis (tessera P2 1815, solo un numero in meno di quella di Berlusconi), negli anni Settanta era democristiano e leader della «Maggioranza silenziosa», oggi è tornato alla politica sotto le bandiere di Forza Italia e grazie al rapporto diretto con Berlusconi ha ottenuto la presidenza del Consiglio comunale di Milano e la promessa di una candidatura in Parlamento. Le ha dovuto abbandonare entrambe, dietro la ferma insistenza del sindaco Gabriele Albertini, dopo essere stato coinvolto in alcuni scandali. è accusato, tra l’altro, di aver chiesto 200 milioni per rivelare notizie riservate a una azienda partecipante a una gara per un appalto a Milano. Ma il fatto curioso è che, insieme a De Carolis, nel processo in corso a Milano sia coinvolta un’altra vecchia conoscenza della P2: Luigi Franconi (tessera P2 numero 1778). I rapporti solidi resistono nel tempo.
Politica & affari. Un banchiere iscritto alla P2, certo meno noto di Sindona e Calvi, era Antonio D’Alì, proprietario della Banca Sicula e datore di lavoro di boss di mafia come i Messina Denaro. Oggi ha passato la mano al figlio, Antonio D’Alì jr, eletto senatore a Trapani nelle liste di Forza Italia. Angelo Rizzoli, che si fece sfilare di mano il Corriere dalla compagnia della P2, oggi fa il produttore cinematografico. Roberto Memmo (tessera 1651), finanziere che tanto si diede da fare per salvare Sindona, oggi è buon amico di Marcello Dell’Utri, di Cesare Previti e del giudice Renato Squillante, che incontrava insieme, e dirige la Fondazione Memmo per l’arte e la cultura, con sede a Roma nel Palazzo Ruspoli.
Rolando Picchioni (tessera 2095), torinese, ex deputato dc, coinvolto (ma assolto) nello scandalo petroli, oggi è in area Udeur ed è segretario generale del Salone del libro di Torino. Giancarlo Elia Valori, unico caso di piduista espulso dalla loggia perché faceva troppa concorrenza al Venerabile Maestro, oggi è presidente dell’Associazione industriali di Roma, infaticabile scrittore di libri e instancabile tessitore di rapporti e di alleanze. Vittorio Emanuele di Savoia (tessera 1621) è un curioso caso di uomo off-shore: non può rientrare in Italia, ma in Italia fa business, seppure attraverso società estere. Ora vorrebbe poter rientrare definitivamente, anche se nei fatti non ne è mai stato fuori, a giudicare dai suoi affari e traffici (d’armi): nei decenni scorsi è stato, anche grazie alla sua integrazione nel club P2, mediatore d’affari all’estero per conto di aziende italiane (Agusta) e addirittura di Stato (Italimpianti, Condotte...), quello stesso Stato sul cui territorio non poteva mettere piede. Di Berlusconi ha detto (era il 1994): «è un buon manager, può rimettere ordine nell’economia italiana». Come? Per esempio «cancellando quel disastro» che è «lo Statuto dei lavoratori, con il divieto di licenziamento». Apprezzamenti naturali, tra compagni di loggia. Ma con un finale obbligato per il principe: «Io? Non faccio politica». Vittorio Emanuele non vota, ma c’è da scommetterci che tifa per Berlusconi, che potrà farlo finalmente rientrare in Italia, questa volta anche fisicamente.