pachu Inviato Aprile 24, 2019 Segnala Share Inviato Aprile 24, 2019 4 ore fa, Tersite dice: TLDR: iron e pachu dicono entrambi che l'unica soluzione giusta e sana è un mondo suddiviso in soviet. la toscana ha tutte le caratteristiche (anche geofisiche) per diventarne uno di successo. Neanche per idea. L'unica soluzione sarebbe che le persone fossero migliori e utilizzassero il cervello. Ma è quasi sempre impossibile. Cita Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
Toremoon Inviato Aprile 24, 2019 Segnala Share Inviato Aprile 24, 2019 Secondo me state sottovalutando il fatto che nelle cosiddette democrazie la maggioranza delle persone non vota. Cita Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
Tersite Inviato Aprile 24, 2019 Segnala Share Inviato Aprile 24, 2019 (modificato) 1 ora fa, Toremoon dice: Secondo me state sottovalutando il fatto che nelle cosiddette democrazie la maggioranza delle persone non vota. Se i problemi delle democrazie sono che non votano abbastanza persone, e che a volte degenerano in regimi autoritari, in realtà le si considerano un bene, volendole più partecipative e stabili. Per me invece la democrazia è sopravvalutata: a volte si fa anche la guerra per diffonderla ma per me non ne vale la pena, non sappiamo nemmeno dire cosa significa (secondo gente esperta citata sopra, la democrazia è un insieme di formalismi, per cui per esempio se uno altro stato interviene in un referendum violando gravemente le regole delle campagne elettorali non si può più parlare di piena democrazia, che di base è uno spettro di diversi parametri di qualità e non si possono dividere regimi in democrazie e non democrazie in assoluto). (in ogni caso l'affluenza media nei paesi osce è il 70%, per cui anche se togli i non aventi diritto, come i minorenni, vota la maggioranza delle persone) Modificato Aprile 24, 2019 da Tersite Cita Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
Toremoon Inviato Aprile 24, 2019 Segnala Share Inviato Aprile 24, 2019 Un problema della democrazia è che non esiste. Il senso della democrazia dovrebbe essere che il popolo governa. Ma quale popolo vuole essere governato? Nessuna persona che conosca vuole essere governata, ma tutti vogliono essere liberi. Ma tutti (o quasi) vogliono che siano "gli altri" ad essere governati. E' un controsenso difficilmente districabile. Cita Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
Tersite Inviato Aprile 24, 2019 Segnala Share Inviato Aprile 24, 2019 Governa o vuole essere governato? E le cose che dicevi prima sul voto e gli altri regimi? Il 3/12/2014 at 11:31, Dauntless dice: Ad ogni modo, si chiama democrazia (cràtos -> potere), non demarchia (àrcho -> governare). In un'elezione, il popolo esercita un potere. In un referendum, idem. Ma il governo non è del popolo, e mai lo sarà a causa della diversità di posizioni ed opinioni al suo interno. Lo standard di vita, la flessibilità verticale della società, la meritocrazia, l'apertura o la chiusura di una società, etc etc, non ha alcun legame con la forma di governo, se non quello strettamente statistico (i paesi democratici sono in media più benestanti Cita Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
Tersite Inviato Aprile 24, 2019 Segnala Share Inviato Aprile 24, 2019 3 ore fa, pachu dice: Neanche per idea. L'unica soluzione sarebbe che le persone fossero migliori e utilizzassero il cervello. Ma è quasi sempre impossibile. Utilizzare il cervello significa partecipare a un sistema fondato su schiavitù e atrocità che sta dolcemente traghettando la civiltà verso la distruzione? Pur convenendo che è comunque il livello più elevato mai raggiunto dall'umanità. Cita Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
Toremoon Inviato Aprile 24, 2019 Segnala Share Inviato Aprile 24, 2019 1 ora fa, Tersite dice: Governa o vuole essere governato? Non è la stessa cosa? Sulla differenza fra "potere del popolo" e "governo del popolo" non mi esprimo, non mi pare una cosa su cui spendere troppe righe. Se prendiamo per buono quello che dice Dauntless, e che cioè "In un'elezione, il popolo esercita un potere", mi chiedo quale sia tale potere. Anzi lo chiedo a te, perché io non credo di avere una risposta soddisfacente. 1 ora fa, Tersite dice: E le cose che dicevi prima sul voto e gli altri regimi? Sono un po' stanco, a cosa ti riferisci? Cita Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
pachu Inviato Aprile 24, 2019 Segnala Share Inviato Aprile 24, 2019 54 minuti fa, Tersite dice: Utilizzare il cervello significa partecipare a un sistema fondato su schiavitù e atrocità che sta dolcemente traghettando la civiltà verso la distruzione? Pur convenendo che è comunque il livello più elevato mai raggiunto dall'umanità. A mio parere sei eccessivamente pessimista. Ragionare di queste cose, e riconoscere che è il livello più alto è già un buon punto di partenza. Da cui si può concludere che abbandonare il sistema attuale in favore di non so cosa accelererebbe il processo distruttivo. Cita Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
pachu Inviato Aprile 24, 2019 Segnala Share Inviato Aprile 24, 2019 1 ora fa, Toremoon dice: Un problema della democrazia è che non esiste. Il senso della democrazia dovrebbe essere che il popolo governa. Ma quale popolo vuole essere governato? Nessuna persona che conosca vuole essere governata, ma tutti vogliono essere liberi. Ma tutti (o quasi) vogliono che siano "gli altri" ad essere governati. E' un controsenso difficilmente districabile. Cosa vuol dire "essere liberi"? Cita Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
SCRIGNO MAGICO Inviato Aprile 24, 2019 Segnala Share Inviato Aprile 24, 2019 19 minuti fa, pachu dice: Cosa vuol dire "essere liberi"? Tersite 1 Cita Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
Tersite Inviato Aprile 25, 2019 Segnala Share Inviato Aprile 25, 2019 4 ore fa, pachu dice: A mio parere sei eccessivamente pessimista. Ragionare di queste cose, e riconoscere che è il livello più alto è già un buon punto di partenza. Da cui si può concludere che abbandonare il sistema attuale in favore di non so cosa accelererebbe il processo distruttivo. Certo, dico che volendo questa generale mancanza di fiducia nei confronti delle istituzioni può essere anche un segno di saggezza popolare: per decenni le istituzioni hanno migliorato le cose, ora non sono più in grado di farlo, e la gente lo percepisce. Penso più che altro alla città del Galles che ha beneficiato dei progetti europei ma se ne frega e vota secondo l'identità. Fanno un'analisi costi benefici sicuramente irragionevole ma indubbiamente nella loro reazione istintiva colgono qualcosa di più profondo. Senza ridimensionare il ruolo della propaganda populista finanziata in modo eversivo dai russi. Toremoon 1 Cita Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
Tersite Inviato Aprile 25, 2019 Segnala Share Inviato Aprile 25, 2019 (modificato) 5 ore fa, Toremoon dice: Sono un po' stanco, a cosa ti riferisci? Dicevi che quando viaggi in paesi poveri senti persone lamentarsi della politica corrotta, domandavo se questi posti fossero democrazie, perché è statisticamente improbabile. Poi hai scritto del rischio che degenerino in regimi non democratici, che la maggioranza delle persone non vota (che non è vero) e del popolo che vuole governare, o essere governato che dir si vogliaI. I tuoi sono tutti argomenti a favore della democrazia (gli altri sistemi, in cui raramente anche la democrazia degenera, non si interessano di quello che il popolo vota o vuole). Per me usiamo un'idea distorta e la identifichiamo con il voto, mentre ciò che la distingue da regimi autoritari (che fanno votare il popolo da Napoleone in poi) è soprattutto il sottostare a un insieme di regole che si chiama stato di diritto, per cui chi comanda lo fa in base a queste (peraltro in una separazione di poteri fra chi scrive le regole, chi le esegue e chi le fa rispettare, esclusiva della democrazia) e non in base alla propria volontà. Alla base di queste regole c'è una legittimazione popolare (anziché divina o militare) che serve soprattutto a dare rappresentanza a diversi gruppi di potere/parti sociali (mentre gli autoritarismi, in questo identici alla filosofia populista, ragionano esclusivamente in termini di potere e di popolo, visti come gruppi monolitici. In alcuni di questi messaggi mi pare si faccia lo stesso errore). Detto ciò, la democrazia dagli anni 80 allo scorso decennio è stata idealizzata come panacea di tutti i mali, mentre è solo un sistema noioso e fragile che prova a gestire il potere in modo più giusto ed efficiente degli altri. Modificato Aprile 25, 2019 da Tersite Cita Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
SCRIGNO MAGICO Inviato Aprile 25, 2019 Segnala Share Inviato Aprile 25, 2019 Senza i social, con tanta popolazione che non leggeva i giornali, informata solo dalla tv, i grandi imbrogli dei politici erano molto più sommersi, oggi anche i contadini hanno in mano prima il cellulare della zappa e si viene a sapere tutto. Quasi sempre, e soprattutto, cose vere. Cita Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
Tersite Inviato Aprile 25, 2019 Segnala Share Inviato Aprile 25, 2019 8 minuti fa, SCRIGNO MAGICO dice: Senza i social, con tanta popolazione che non leggeva i giornali, informata solo dalla tv, i grandi imbrogli dei politici erano molto più sommersi, oggi anche i contadini hanno in mano prima il cellulare della zappa e si viene a sapere tutto. Quasi sempre, e soprattutto, cose vere. Questo in teoria è una maggiore trasparenza che dovrebbe migliorare la qualità della politica, ma questo non succede, anzi. Per me si tratta di sentimento, non di pensiero, soprattutto di paura che è ingiustificata al momento, ora che un numero di persone sempre crescente raggiunge l'apice del benessere da ogni punto di vista, ma ben riposta per il futuro, dove (per ora) non ci sono prospettive di poter mantenere questo stile di vita per oltre una generazione. Una frase pertinente che gira oggi 25 aprile è che è più facile parlare di fine della democrazia durante la democrazia che parlare di fine del fascismo durante il fascismo. Fascismo = opposto di democrazia P. S. @pachu ricordati di chi diceva there is no alternative Cita Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
Anomander Rake Inviato Aprile 27, 2019 Segnala Share Inviato Aprile 27, 2019 Da Hic Rodus (partendo dall'Antifascismo ma comunque IN Topic) HIC RHODUS Rivista di argomenti e logica civile HOME PERCHÉ HIC RHODUS I NOSTRI AUTORI NORME AUTORI COMMENTATORI I NOSTRI LIBRI LINGUAGGIO Di CLAUDIO BEZZI24/04/201906:30 ANTIFASCISMO DEL TERZO MILLENNIO Celebriamo il 25 aprile senza sapere neppure più perché. La maggior parte dei nostri concittadini ne ha una vaghissima idea. O meno. E Salvini può permettersi di fare sarcasmo e dichiarare che non festeggia, lasciando i soliti esasperanti antifascisti in servizio effettivo permanente cadere nella provocazione. I più vedono il fascismo giusto nei quattro scalmanati di Forza Nuova e Casapound; qualcuno azzarda a pensare che Salvini sia fascistoide. Pochissimi capiscono che il fascismo è una cultura, un linguaggio, uno stile, una gerarchia di preferenze, un complesso di comportamenti che sta invadendo l’Italia, l’Europa, gran parte dell’Occidente. Il concetto di ‘fascismo’ non può essere utilizzato solo per identificare il ventennio mussoliniano e i suoi seguaci contemporanei; ‘fascismo’ è un’idea di sopraffazione, di gerarchia, di identità esclusiva, che si riverbera nell’idea del rapporto di genere (maschilista), dell’approccio allo straniero (razzista), della superiorità di un “noi” da contrapporre agli altri, con conseguenze sulle scelte economiche (protezionismo autarchico), sociali (prima gli italiani), culturali (negazionismo storico). Il fascismo seduce il popolo e lo usa come strumento di consenso, di collaborazione e delazione, di coercizione delle minoranze. Soprattutto il fascismo è omologazione, massificazione, stereotipia di pensiero. Resto affezionato alla frase di Roland Barthes – più volte citata sul blog Hic Rhodus: IL FASCISMO È OBBLIGARE A DIRE. Il fascismo è massa compatta, consenso senza discussione, credere-obbedire-combattere, fiducia assoluta nel leader, disprezzo per il pensiero critico, persecuzione del diverso. Il fascismo ha bisogno di questa omologazione, in un popolo obnubilato, senza memoria storica, senza strumenti culturali, che ripete come un mantra l’ultimo slogan, l’ultima parola d’ordine, l’ultima direttiva. Il fascismo del ventennio ebbe pochissimo bisogno del manganello e dell’olio di ricino; ebbe pochissimi avversari, pochissimi eroi che testimoniarono apertamente la loro avversità; e costoro pagarono a caro prezzo. Tutti gli altri, la grandissima maggioranza, tacquero per adesione reale o per pavidità. Questa adesione di massa al fascismo deve ridimensionare la favola consolatoria della Resistenza. Sotto il profilo militare, questa ebbe un impatto irrisorio, e la liberazione la dobbiamo agli Alleati che spesero migliaia di vite per noi. Sotto il profilo simbolico, certo, fu importante per dire a noi stessi che qualcuno aveva capito – semmai tardi – e aveva pagato con la vita. Bene. Bene la Resistenza come valore simbolico, purché poi ci si sieda al tavolo storico per leggere anche le efferatezze di alcuni partigiani, il successivo silenzio sulle foibe, il non trascurabile allineamento del PCI al soviet russo. Settant’anni fa la Resistenza ebbe un ruolo. Ancora cinquanta, quarant’anni fa aveva un suo valore simbolico, di memoria da non cancellare. Ma oggi? Oggi non esiste un pericolo fascista inteso come presa del potere da parte di uno Iannone, di un Fiore, o di altri personaggi che devono essere ridotti a un problema di mero ordine pubblico. Oggi il potere è già in mano a chi, senza levare il braccio nel saluto romano, senza ostentare la minaccia della forza fisica, cavalca la massificazione culturale degli italiani vivendo il culto della personalità, istruendo le masse con slogan ipersemplificati, vellicando egoismi, esclusioni, reazioni verso le minoranze più visibili e più critiche. Oggi al governo dell’Italia abbiamo un partito chiaramente fascista nel senso qui indicato, alleato con un patetico movimento protofascista, come protofascisti sono tutti (nessuno escluso) i movimenti populisti. Questo potere ha avuto un’origine non recentissima: parte dal populismo berlusconiano, dall’arrembaggio intelligente ai mezzi di comunicazione di massa, dalla capacità di Berlusconi e dei suoi consiglieri di creare un linguaggio, una sottocultura di spazzatura qualunquista, di garantismo a senso unico, di ottimismo da sagra. E, soprattutto, sopra ogni altra cosa, questo potere arriva dalla sinistra che mai ha saputo contrapporre un diverso stile, un diverso costume, un diverso linguaggio. La sinistra italiana (tutto ciò che chiamate sinistra, ciascuno la sua, è indifferente) è diventata una sinistra populista o che cerca di inseguire il populismo nel suo stesso terreno. Il PD di Zingaretti cerca rifugio guardando al passato, mentre alla sua sinistra gli ultracorpi hanno già trasformato fior di “compagni” nei peggiori populisti (ripeto: il populismo è prodromico del fascismo); basta guardare la fine di Fassina, con un programma politico nella sostanza identico a quello di Casapound (ne ho parlato QUI). Perché nella confusione concettuale che regna, nel mescolarsi attuale di ideologie, nello iato fra popolo ed élite, nel diffondersi di potentissimi strumenti di consenso di massa, nella quasi scomparsa capacità di critica, nell’ignoranza celebrata come valore, il populismo fascistoide e il fascismo palese non riescono quasi più a trovare avversari politici, salvo sparute resistenze individuali destinate a soccombere. Oggi, 25 aprile 2019, dobbiamo osservare un altro modo di imporsi del fascismo. Un modo subdolo e vincente che richiede una riflessione nuova, e un nuovo antifascismo. Un antifascismo senza “antifa” sui muri, senza slogan su Facebook, senza ANPI sempre ideologica e – in ciò stesso – fascista, senza sinistra militante antifascista di diritto, sempre ideologica e – in ciò stesso – fascista, senza frasi fatte, senza idee pensate da altri, sempre vigile su ogni parola espressa, perché oggi il fascismo e l’antifascismo si giocano sul terreno del linguaggio. Il linguaggio ci fa dire, e si impone su di noi per la sua natura coercitiva (questo intendeva Roland Barthes); il detto cambia il mondo, lo forgia, lo trasforma. Ogni parola è una pietra che costruisce muri o ponti nella nostra società, nel nostro agire quotidiano, nel nostro agire politico. Le parole ci sommergono e ci pilotano; ci opprimono e ci indirizzano; ci seducono e ci ingabbiano. La grande differenza fra il ventennio di Mussolini e questo primo ventennio del terzo millennio riguarda la tecnologia della comunicazione, Internet 2.0. Facebook. È assolutamente provato che non solo Facebook ci condiziona, ma che tali condizionamenti sono ultimamente pilotati ad arte in modo da condizionare l’evolversi degli scenari politici (QUI il caso Brexit come recentemente analizzato da Carole Cadwalladr). Se Mussolini avesse avuto Facebook saremmo ancor oggi tutti in orbace! E cosa fa Facebook, se non moltiplicare il linguaggio? Facebook (e Instagram, e Twitter) è linguaggio che viene diffuso e moltiplicato. Nessun manganello, nessun olio di ricino. Oggi chi sa pilotare i social media governa, e può profondamente influire sulle masse domestiche come su quelle straniere (la presenza di potenze straniere in questo nuovo intrigo direi che è assodata). Ci troviamo quindi di fronte a un dilemma cruciale: senza parole non esiste società, ma le parole – sempre fonte di potere – oggi riescono a indirizzare interi popoli, le loro scelte, senza che ne siano consapevoli, e anzi nella certezza di avere ragione, di essere nel giusto, di “sapere come vanno le cose”, e ancora: senza una reale possibilità, fosse pure ex post, di mostrare l’errore, di ragionare con dati e argomenti, di chiarire il disastro… Oggi ci serve un antifascismo della parola. Un faticosissimo, estenuante, pericoloso antifascismo della parola, capace di testimoniare, sempre, con continuità, una verità. E cos’è la verità, se non quella limitata, contingente, parziale, sfuggente che costruiamo momento dopo momento in una relazione non mediata col mondo, con la società, con gli altri e con le loro idee? Una verità negoziale, convenzionale, relativa e operativa. Ma soprattutto, appunto, non mediata. Non mediata da ideologie, prima di tutto. Non mediata da stereotipi, da cliché, da luoghi comuni, da linguaggi obbligatori (come quelli oggi definiti “politicamente corretti”). Non filtrata dai social media; usiamoli i social media, certo, ma evitando di aderire a ciò che non si conosce e capisce, evitando di entrare in ogni flusso eterodiretto replicando frasi vuote, forse consolatorie, forse false. Non mediata da leader veri o presunti. È straordinariamente sciocco appropriarsi di parole altrui e farle proprie, come un mantra, come una verità, tale perché detta da una persona nota ai più, famosa in quel momento. L’antifascismo del terzo millennio combatte il falso, la fake news e le post verità, non ha paura di dire cose scomode, non tollera gli imbecilli, combatte, per quanto fiato ha in corpo, l’omologazione, la massificazione, l’ideologismo, il politicamente corretto, il linguaggio consumato, il pensiero piccolo borghese e quello populista, la scorciatoia logica, la mancanza di consequenzialità, l’irrazionalismo, l’ipocrisia, la cretineria dei no vax come la barzelletta dei terrapiattisti, esempi orridi dell’antiscientismo trionfante. Oggi essere antifascisti vuole dire essere razionalisti. Laici. Inclusivi. Disincantati. Questa è la formula del pensiero critico, l’unico capace di opporsi all’essenza del fascismo (l’omologazione) e alle sue molteplici rappresentazioni. Cita Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
LINGUAGGIO Di CLAUDIO BEZZI24/04/201906:30 ANTIFASCISMO DEL TERZO MILLENNIO Celebriamo il 25 aprile senza sapere neppure più perché. La maggior parte dei nostri concittadini ne ha una vaghissima idea. O meno. E Salvini può permettersi di fare sarcasmo e dichiarare che non festeggia, lasciando i soliti esasperanti antifascisti in servizio effettivo permanente cadere nella provocazione. I più vedono il fascismo giusto nei quattro scalmanati di Forza Nuova e Casapound; qualcuno azzarda a pensare che Salvini sia fascistoide. Pochissimi capiscono che il fascismo è una cultura, un linguaggio, uno stile, una gerarchia di preferenze, un complesso di comportamenti che sta invadendo l’Italia, l’Europa, gran parte dell’Occidente. Il concetto di ‘fascismo’ non può essere utilizzato solo per identificare il ventennio mussoliniano e i suoi seguaci contemporanei; ‘fascismo’ è un’idea di sopraffazione, di gerarchia, di identità esclusiva, che si riverbera nell’idea del rapporto di genere (maschilista), dell’approccio allo straniero (razzista), della superiorità di un “noi” da contrapporre agli altri, con conseguenze sulle scelte economiche (protezionismo autarchico), sociali (prima gli italiani), culturali (negazionismo storico). Il fascismo seduce il popolo e lo usa come strumento di consenso, di collaborazione e delazione, di coercizione delle minoranze. Soprattutto il fascismo è omologazione, massificazione, stereotipia di pensiero. Resto affezionato alla frase di Roland Barthes – più volte citata sul blog Hic Rhodus: IL FASCISMO È OBBLIGARE A DIRE. Il fascismo è massa compatta, consenso senza discussione, credere-obbedire-combattere, fiducia assoluta nel leader, disprezzo per il pensiero critico, persecuzione del diverso. Il fascismo ha bisogno di questa omologazione, in un popolo obnubilato, senza memoria storica, senza strumenti culturali, che ripete come un mantra l’ultimo slogan, l’ultima parola d’ordine, l’ultima direttiva. Il fascismo del ventennio ebbe pochissimo bisogno del manganello e dell’olio di ricino; ebbe pochissimi avversari, pochissimi eroi che testimoniarono apertamente la loro avversità; e costoro pagarono a caro prezzo. Tutti gli altri, la grandissima maggioranza, tacquero per adesione reale o per pavidità. Questa adesione di massa al fascismo deve ridimensionare la favola consolatoria della Resistenza. Sotto il profilo militare, questa ebbe un impatto irrisorio, e la liberazione la dobbiamo agli Alleati che spesero migliaia di vite per noi. Sotto il profilo simbolico, certo, fu importante per dire a noi stessi che qualcuno aveva capito – semmai tardi – e aveva pagato con la vita. Bene. Bene la Resistenza come valore simbolico, purché poi ci si sieda al tavolo storico per leggere anche le efferatezze di alcuni partigiani, il successivo silenzio sulle foibe, il non trascurabile allineamento del PCI al soviet russo. Settant’anni fa la Resistenza ebbe un ruolo. Ancora cinquanta, quarant’anni fa aveva un suo valore simbolico, di memoria da non cancellare. Ma oggi? Oggi non esiste un pericolo fascista inteso come presa del potere da parte di uno Iannone, di un Fiore, o di altri personaggi che devono essere ridotti a un problema di mero ordine pubblico. Oggi il potere è già in mano a chi, senza levare il braccio nel saluto romano, senza ostentare la minaccia della forza fisica, cavalca la massificazione culturale degli italiani vivendo il culto della personalità, istruendo le masse con slogan ipersemplificati, vellicando egoismi, esclusioni, reazioni verso le minoranze più visibili e più critiche. Oggi al governo dell’Italia abbiamo un partito chiaramente fascista nel senso qui indicato, alleato con un patetico movimento protofascista, come protofascisti sono tutti (nessuno escluso) i movimenti populisti. Questo potere ha avuto un’origine non recentissima: parte dal populismo berlusconiano, dall’arrembaggio intelligente ai mezzi di comunicazione di massa, dalla capacità di Berlusconi e dei suoi consiglieri di creare un linguaggio, una sottocultura di spazzatura qualunquista, di garantismo a senso unico, di ottimismo da sagra. E, soprattutto, sopra ogni altra cosa, questo potere arriva dalla sinistra che mai ha saputo contrapporre un diverso stile, un diverso costume, un diverso linguaggio. La sinistra italiana (tutto ciò che chiamate sinistra, ciascuno la sua, è indifferente) è diventata una sinistra populista o che cerca di inseguire il populismo nel suo stesso terreno. Il PD di Zingaretti cerca rifugio guardando al passato, mentre alla sua sinistra gli ultracorpi hanno già trasformato fior di “compagni” nei peggiori populisti (ripeto: il populismo è prodromico del fascismo); basta guardare la fine di Fassina, con un programma politico nella sostanza identico a quello di Casapound (ne ho parlato QUI). Perché nella confusione concettuale che regna, nel mescolarsi attuale di ideologie, nello iato fra popolo ed élite, nel diffondersi di potentissimi strumenti di consenso di massa, nella quasi scomparsa capacità di critica, nell’ignoranza celebrata come valore, il populismo fascistoide e il fascismo palese non riescono quasi più a trovare avversari politici, salvo sparute resistenze individuali destinate a soccombere. Oggi, 25 aprile 2019, dobbiamo osservare un altro modo di imporsi del fascismo. Un modo subdolo e vincente che richiede una riflessione nuova, e un nuovo antifascismo. Un antifascismo senza “antifa” sui muri, senza slogan su Facebook, senza ANPI sempre ideologica e – in ciò stesso – fascista, senza sinistra militante antifascista di diritto, sempre ideologica e – in ciò stesso – fascista, senza frasi fatte, senza idee pensate da altri, sempre vigile su ogni parola espressa, perché oggi il fascismo e l’antifascismo si giocano sul terreno del linguaggio. Il linguaggio ci fa dire, e si impone su di noi per la sua natura coercitiva (questo intendeva Roland Barthes); il detto cambia il mondo, lo forgia, lo trasforma. Ogni parola è una pietra che costruisce muri o ponti nella nostra società, nel nostro agire quotidiano, nel nostro agire politico. Le parole ci sommergono e ci pilotano; ci opprimono e ci indirizzano; ci seducono e ci ingabbiano. La grande differenza fra il ventennio di Mussolini e questo primo ventennio del terzo millennio riguarda la tecnologia della comunicazione, Internet 2.0. Facebook. È assolutamente provato che non solo Facebook ci condiziona, ma che tali condizionamenti sono ultimamente pilotati ad arte in modo da condizionare l’evolversi degli scenari politici (QUI il caso Brexit come recentemente analizzato da Carole Cadwalladr). Se Mussolini avesse avuto Facebook saremmo ancor oggi tutti in orbace! E cosa fa Facebook, se non moltiplicare il linguaggio? Facebook (e Instagram, e Twitter) è linguaggio che viene diffuso e moltiplicato. Nessun manganello, nessun olio di ricino. Oggi chi sa pilotare i social media governa, e può profondamente influire sulle masse domestiche come su quelle straniere (la presenza di potenze straniere in questo nuovo intrigo direi che è assodata). Ci troviamo quindi di fronte a un dilemma cruciale: senza parole non esiste società, ma le parole – sempre fonte di potere – oggi riescono a indirizzare interi popoli, le loro scelte, senza che ne siano consapevoli, e anzi nella certezza di avere ragione, di essere nel giusto, di “sapere come vanno le cose”, e ancora: senza una reale possibilità, fosse pure ex post, di mostrare l’errore, di ragionare con dati e argomenti, di chiarire il disastro… Oggi ci serve un antifascismo della parola. Un faticosissimo, estenuante, pericoloso antifascismo della parola, capace di testimoniare, sempre, con continuità, una verità. E cos’è la verità, se non quella limitata, contingente, parziale, sfuggente che costruiamo momento dopo momento in una relazione non mediata col mondo, con la società, con gli altri e con le loro idee? Una verità negoziale, convenzionale, relativa e operativa. Ma soprattutto, appunto, non mediata. Non mediata da ideologie, prima di tutto. Non mediata da stereotipi, da cliché, da luoghi comuni, da linguaggi obbligatori (come quelli oggi definiti “politicamente corretti”). Non filtrata dai social media; usiamoli i social media, certo, ma evitando di aderire a ciò che non si conosce e capisce, evitando di entrare in ogni flusso eterodiretto replicando frasi vuote, forse consolatorie, forse false. Non mediata da leader veri o presunti. È straordinariamente sciocco appropriarsi di parole altrui e farle proprie, come un mantra, come una verità, tale perché detta da una persona nota ai più, famosa in quel momento. L’antifascismo del terzo millennio combatte il falso, la fake news e le post verità, non ha paura di dire cose scomode, non tollera gli imbecilli, combatte, per quanto fiato ha in corpo, l’omologazione, la massificazione, l’ideologismo, il politicamente corretto, il linguaggio consumato, il pensiero piccolo borghese e quello populista, la scorciatoia logica, la mancanza di consequenzialità, l’irrazionalismo, l’ipocrisia, la cretineria dei no vax come la barzelletta dei terrapiattisti, esempi orridi dell’antiscientismo trionfante. Oggi essere antifascisti vuole dire essere razionalisti. Laici. Inclusivi. Disincantati. Questa è la formula del pensiero critico, l’unico capace di opporsi all’essenza del fascismo (l’omologazione) e alle sue molteplici rappresentazioni.
Toremoon Inviato Aprile 27, 2019 Segnala Share Inviato Aprile 27, 2019 È chiaro che chi scrive non ha presente che l'atteggiamento fascista non ce l'hanno i no vax, semmai il contrario. E probabilmente non sa neppure che è l'Europa intera ad avere un atteggiamento di sfiducia verso i vaccini. L'Italia, in questo, è solo una caccola e non ha alcun senso correlare le questioni. Cita Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
Tersite Inviato Aprile 27, 2019 Segnala Share Inviato Aprile 27, 2019 (modificato) Movimenti come i no Vax sostituiscono la propria identità alla realtà: si riconoscono in una scelta e nessun fatto potrà convincerli a cambiare idea. Analogamente ai terrapiattisti Questo si chiama più comunemente politica identitaria, che è sicuramente non democratica (la democrazia si fonda su discussioni, contraddizioni, contrappesi) e non scientifica (la scienza si fonda su falsificazioni, come insegnano Karl popper e milordino). Poi si può definire anche fascista perché alle parole si può dare il significato che si vuole, come dice il semiologo eco che sul fascismo eterno diceva così https://www.nybooks.com/articles/1995/06/22/ur-fascism/ Modificato Aprile 27, 2019 da Tersite Cita Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
Dauntless Inviato Aprile 28, 2019 Segnala Share Inviato Aprile 28, 2019 La democrazia illiberale è il prossimo step per tutti, se certi meccanismi non vengono fermati (con leggi comunque illiberale). Sul fatto che la democrazia sia il sistema migliore, basta riflettere sul fatto che in Cina non avranno mai Di Maio. Solo che i popoli abituati alla libertà di parola non lo accetterebbero di buon grado. Ecco, diciamo che la democrazia è l'unico sistema finora conosciuto che può sostenere una quasi completa libertà di parola e stampa: gli altri sistemi possono funzionare meglio, ma per mantenersi in piedi non possono fare a meno di comprimere libertà fondamentali. Cita Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
Tersite Inviato Aprile 28, 2019 Segnala Share Inviato Aprile 28, 2019 (modificato) 1 ora fa, Dauntless dice: Sul fatto che la democrazia sia il sistema migliore, basta riflettere sul fatto che in Cina non avranno mai Di Maio. Non direi che tutti gli autoritarismi sono efficienti come la cina, anzi mi sembra che guardando i livelli di sviluppo sia un'eccezione: non scambierei di maio con un funzionario governativo eritreo o laotiano. (poi magari la relazione causale è la contraria per cui sono I paesi più sviluppati a democratizzarsi, inoltre non so nulla del Laos per cui ho fatto un nome a caso per rendere l'idea di una dittatura di un paese povero, temo già di essere redarguito da anomander) Modificato Aprile 28, 2019 da Tersite Cita Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
Anomander Rake Inviato Aprile 28, 2019 Segnala Share Inviato Aprile 28, 2019 44 minuti fa, Tersite dice: Non direi che tutti gli autoritarismi sono efficienti come la cina, anzi mi sembra che guardando i livelli di sviluppo sia un'eccezione: non scambierei di maio con un funzionario governativo eritreo o laotiano. (poi magari la relazione causale è la contraria per cui sono I paesi più sviluppati a democratizzarsi, inoltre non so nulla del Laos per cui ho fatto un nome a caso per rendere l'idea di una dittatura di un paese povero, temo già di essere redarguito da anomander) Su Cina e Vietnam direi che siamo allineati. Cambogia e Laos soffrono per livelli di corruzione spaventosamente alti che ne limitano tantissimo lo sviluppo. Che comunque c'e': in Cambogia in particolare, crescita molto alta sia a PP che Siam Reap e Sihanoukville, con gap molto alto rispetto alle realta' rurali (che rappresentano il 90% del territorio). Una realta' diversa, che conosco bene, viene dall'esempio dei miei vicini di Singapore. Uno dei paesi piu' ricchi al mondo e con la qualita' della vita piu' alta. Altissima industrializzazione. Scolarizzazione altissima e di ottimo livello (Universita' incluse). Formalmente una Repubblica parlamentare e Democratica. In realta' e' uno degli stati piu' illiberali ed autoritari, liberta' di esprimere il proprio pensiero pubblicamente (se non allineato alla linea Governativa) vicino allo zero, opposizione inesistente (spesso perseguitata con leggi ad hoc). Semplificando, una sorta di Capitalismo Democratico (di facciata), nella realta' profondamente autoritario. Ma al 90% (e forse piu') dei cittadini va bene cosi'. Finche' soldi, sicurezza e sviluppo continuano. MasterMatrix e GURU baba rey 2 Cita Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
SCRIGNO MAGICO Inviato Aprile 28, 2019 Segnala Share Inviato Aprile 28, 2019 Libia? Si stava meglio quando si stava peggio? Cita Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
Dauntless Inviato Aprile 29, 2019 Segnala Share Inviato Aprile 29, 2019 23 ore fa, Tersite dice: Non direi che tutti gli autoritarismi sono efficienti come la cina, anzi mi sembra che guardando i livelli di sviluppo sia un'eccezione: non scambierei di maio con un funzionario governativo eritreo o laotiano. (poi magari la relazione causale è la contraria per cui sono I paesi più sviluppati a democratizzarsi, inoltre non so nulla del Laos per cui ho fatto un nome a caso per rendere l'idea di una dittatura di un paese povero, temo già di essere redarguito da anomander) Alt, la Cina non è una semplice dittatura. È un paese con un sistema di governo, quello di Deng Xiaoping, che permette un ricambio organizzato ai vertici e che fa sì che nelle posizioni importanti ci vada sempre gente che sa benissimo come funziona lo stato. Le dittature normalmente sono l'emblema del radicamento del potere, in Cina adesso corrono qualche rischio in più con l'ultimo presidente, ma per decenni hanno avuto un susseguirsi di nomi che hanno portato avanti un'unica visione con coerenza e continuità. Ovviamente, è un sistema che per noi non sarebbe mai accettabile Cita Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
Tersite Inviato Maggio 1, 2019 Segnala Share Inviato Maggio 1, 2019 C'è anche da dire che la democrazia può avere un valore anche indipendentemente dall'efficienza, per qualcuno. Tante democrazie sono nate da battaglie di élite che chiedevano partecipazione o libertà non perché sono efficienti ma perché sono giuste. Poi si dice che si danno per scontate quando si hanno, ma per esempio anche parlare di queste cose su un forum su internet non so se sia possibile in Cina. Cita Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
MasterMatrix Inviato Maggio 1, 2019 Segnala Share Inviato Maggio 1, 2019 1 ora fa, Tersite dice: ma per esempio anche parlare di queste cose su un forum su internet non so se sia possibile in Cina. Non so se questa sia una cosa negativa, internet ha dato la parola a cani e porci e, questa, credo sia una deriva molto pericolosa. Credo che non siamo ancora arrivati alla fine di questa deriva e la cosa mi preoccupa molto. Cita Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
Toremoon Inviato Maggio 1, 2019 Segnala Share Inviato Maggio 1, 2019 22 minuti fa, MasterMatrix dice: ha dato la parola a cani e porci Secondo te non tutti hanno diritto di parola? Helder 1 Cita Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
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