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Quelle cose che fanno bene al calcio


MasterMatrix
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Adani: "Il calcio è la mia Eva: ecco perché m fa stare bene"

"Mi guida come una stella cometa - ha raccontato Lele a Fuorigioco - gli addetti ai lavori che hanno scritto contro la mia esultanza al gol di Vecino sono dei deboli di spirito"

"Il gol di Vecino avrei voluto che San Siro potesse contenere 64 milioni di italiani perché tutti godessero della magia del calcio. Infatti assolvo quelli che dopo mi hanno insultato, perché sono tifosi delle altre squadre che avrebbero voluto vivere un’emozione simile. La loro protesta era un grido d’amore per il calcio. Gli addetti ai lavori che invece hanno scritto contro sono dei deboli di spirito e mi spiace per loro che non abbiano il sacro fuoco. L’emozione non ha colori né bandiere. Avrei urlato così per qualsiasi altra squadra". 
Mister “Garra Charrua” Lele Adani, voce pregiata di Sky, racconta il suo amore viscerale per il calcio in una trattoria di Reggio Emilia genuina come lui. Resti deluso solo quando ti attendi pressing alto, diagonali e marcature preventive sul menù ma scopri che il nostro è a dieta. "Ho chiuso la carriera distrutto dalla fatica e ho capito che stare bene lo devi a te stesso e basta". 
Lele Adani, 44 anni.

Lele Adani, 44 anni.

Adani, ci spiega il suo amore per il calcio? 
"Nasce da una vocazione sin da piccolo, da un rispetto verso il giusto per qualcosa che ami. Quindi cerchi di proteggerla, di proporla bene sin da quando sei su un banco di scuola e vuoi che arrivi nel modo giusto al cuore delle persone. Mi ha guidato da sempre come una stella cometa e ora sento di restituire qualcosa al calcio. Io non devo niente a nessuno, ma tutto al calcio. Ho trasformato in un lavoro il mio amore. Dove c’è un pallone che rotola c’è un cuore che batte. Quello che non sopporto è la superficialità di alcuni addetti ai lavori". 
Perché il calcio sudamericano è il massimo? 
"Il calcio è bello universalmente, ma talento e passione che ci sono lì sono unici, ti tirano fuori le passioni primordiali, le viscere. Noi abbiamo la Champions come riferimento, ma il calcio è globale e da quelle parti è una religione. Gli inglesi dicono di avere inventato le regole del calcio, ma la passione ce l’hanno messa argentini e uruguaiani. È un senso di appartenenza, un quotidiano. Lì la famosa mistica è rivelata. Anche nelle figure storiche che rientrano. Ce ne sono tantissime. Pensate a Milito. Inizia al Racing, va in Spagna, poi Genoa e Inter. Diventa l’eroe del Triplete ma chiude al Racing. E vince pure lo scudetto! Io sento certe cose, tanto che ho segnato all’esordio in Champions sia con la Fiorentina sia con l’Inter e l’ultima maglia indossata è stata quella della Sammartinese, dove la mia “vita” è iniziata. Le ultime forze ho voluto dedicarle al mio paese natale. C’è un trasporto che manda in campo pensieri e anima. Certe cose non avvengono per caso". 
Lele Adani a Sky.

Lele Adani a Sky.

Quindi neanche Vecino contro Lazio e Tottenham ha segnato per caso? 
"Certo che no! Tutto nasce nel Rio de la Plata. L’Uruguay è il miracolo calcistico del mondo. È grande come la Toscana, eppure ha vinto due Mondiali (e in Russia ne avrebbe vinto un terzo se non si fosse fatto male Cavani...) e due Olimpiadi perché loro hanno la 'garra', l’artiglio per lottare alla morte, e hanno discendenze 'charrua', una piccola tribù indigena che lottò per secoli contro i colonizzatori della zona. L’Uruguay è davvero una famiglia, andate a rileggere la lettere che Diego Lugano scrisse alla nazione prima di giocare contro l’Italia ed eliminarla dal Mondiale 2014. Ma i sudamericani sono forti in generale. I brasiliani hanno i calciatori migliori perché hanno in sé tante etnie: la forza di un tedesco, la tecnica brasiliana, le conoscenze europee, il sangue latino. È un continuo proporre idee. E se si pensa che in Europa c’è il calcio migliore è perché i sudamericani vengono a giocare qui. E se sono così forti è perché si portano dentro qualcosa di speciale. Mi viene da ridere quando si critica Marcelo, da un decennio il terzino più forte del mondo, perché non sa difendere. Poi a Cardiff il Real che aveva subìto 17 gol ne fa 4 alla Juve che fino a lì ne aveva presi solo 3". 
Perché se ama tanto il calcio non allena e ha detto di no a Mancini che la voleva come vice nel 2014, quando tornò all’Inter? 
"Il calcio è una stella cometa, va oltre gli incarichi, i soldi, la visibilità. Con Mancini ci sentiamo spesso, ci confrontiamo, analizziamo tante cose. Abbiamo un rapporto ancora migliore dopo il mio no, ha capito che mi sarebbe piaciuto ma che facendo il divulgatore ho una missione superiore a quella dell’allenatore, il cui ruolo è più circoscritto: lo pagano per fare risultato". 
Lele Adani.

Lele Adani.

Mancini da c.t. dice che gli italiani non hanno spazio ma quando era nei club schierava gli stranieri. 
"Conta la meritocrazia. Se un italiano è forte gioca, vedi Chiesa e Barella. Non prendiamoci in giro con la storia degli stranieri che tolgono spazio". 
Per quante ore al giorno pensa al calcio? 
"Non ci sono orari, il calcio non dorme mai, chiama sempre. Non posso seguire tutto di persona, ma resto aggiornato anche con amici speciali come Carlo Pizzigoni, autore di “Locos por el futbol”, uno in missione per il calcio, con la tv e con Wyscout che mi fa vedere tutto di qualsiasi calciatore del globo. Nei miei studi di Europa League avevo anticipato alla voce talenti due ragazzi del Lione, Aouar e Ndombelé, non a caso tra i protagonisti nella recente vittoria in Champions dei francesi in casa del Manchester City. E noi abbiamo il dovere di studiare e di anticipare le cose. Ecco perché non trovo corretto quando i colleghi sono superficiali e fanno lo show usando il calcio. Il calcio va venerato e rispettato, devi sentirlo. Io mi faccio guidare". 
Ma se va a cena con una donna la seduce col calcio? 
"Del privato non voglio parlare. Mi capita di trascurare qualcuno a causa del calcio. Chi è o sarà al mio fianco sa che la mia natura è nel calcio, ma gli affetti non li perdo e ho imparato come recuperarli. In generale però di persone ne ho acquisite grazie al calcio, perché la gente sente la lealtà di quello che racconto". 
Adani ai tempi dell'Inter
Adani ai tempi dell'Inter
Adani ai tempi dell'Inter
Chi sono le persone più importanti della sua vita? 
"Mia madre Vanna. Prima l’avevo accanto ogni giorno, dal 2012 ce l’ho dentro. L’amico Massimo, che da piccolo mi convinse a fare un provino con la Sammartinese, la squadra del mio paese. Muhammad Ali, la vita, l’esempio di cosa vuol dire ricevere un dono e restituirlo alla gente. Ha rotto barriere e cambiato le cose. Bobo Vieri. Sembra guascone, ma ha un cuore così. Il professionista più serio che ho visto in vita mia. Quando era a Pisa e Ravenna non stoppava un pallone, col lavoro è diventato uno dei migliori. Poi i “fratelli” come Matias Almeyda, Fabio Rossitto, che mi ha fatto scoprire la fede vera, e Silvio Baldini, uno ricordato solo per il calcio nel sedere a Di Carlo, ma che invece ha dei valori enormi, sa far sognare giocatori che prendono due lire e alla Carrarese sta trascinando una città. Mio fratello Simone, d.s. in Serie D a Lavagna. Perché si può essere dilettanti se lavori tra i professionisti, ma pure molto professionale se sei tra i Dilettanti". 
Ci racconta il suo rapporto sofferto con il Brescia? 
"Quando nel 2004 lasciai l’Inter e tornai lì per troppo amore non fui capito, venni percepito con invidia, c’era gente gelosa per l’impatto che avevo. Cercarono di farmi passare come capro espiatorio, fui anche assediato da alcuni ultrà. Me ne andai a marzo. Si inventarono di tutto, compresa una mia storia con la Hunziker, perché non credevano che si potesse rinunciare a tre anni di stipendio per una questione di ideali e di valori. Dissi tutto in faccia a presidente, allenatore e d.s. che non amavano il Brescia quanto lo amavo io". 
Ha mai pensato che la sua carriera da calciatore poteva essere migliore? 
"Ognuno ha ciò che si merita, ma ho giocato comunque con grandi club, in Champions e in Nazionale malgrado la generazione dei Nesta, Cannavaro, Materazzi, Ferrara, Panucci, Costacurta, Maldini. Al fianco di Paolo nel 2000 ho esordito in azzurro, avevo un tale rispetto per lui che avevo paura a guardarlo in faccia. Da giocatore ero un bel rompiballe, avevo bisogno di capire tutto quello che facevo e che ci veniva richiesto. E se trovavo un allenatore poco convinto nelle risposte, insistevo. In campo mi ha cambiato Sergio Buso, nella Primavera del Modena. Una mente evoluta, anche se non era portato per fare il capo". 
Adani con l'amico Roberto Mancini

Adani con l'amico Roberto Mancini

Degli allenatori ora in A chi le piace?
"Diversi stanno portando novità interessanti. L’uomo del futuro è De Zerbi. A livello di valori dico Gattuso, che si mostra senza filtri e che non specula. Il suo Milan vuol essere sempre protagonista". 
A proposito di filtri, crede che arriverà un giorno in cui pure nel calcio si potrà fare coming out? 
"Sono in questo mondo da anni e non ho mai sentito di un collega gay. Visto che invece ne esistono per forza, temo che la strada sia lunga. Ma l’amore deve darti la possibilità di abbattere ogni barriera e spero ogni minuto che presto un giocatore potrà sentirsi libero di dichiarare la propria omosessualità".
 
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13 minuti fa, MasterMatrix dice:

Veramente imbarazzante.

 

E che non si usi il parrucchino, che non si sia rifatto la faccia, che non si vada con le minorenni, che non si faccia patti con la mafIa ecc ecc... 

Con galliani DS e meani addetto agli arbitri.

 

https://video.repubblica.it/sport/calcio-berlusconi-e-il-nuovo-monza--solo-giocatori-italiani-senza-barba-e-tatuaggi/316077/316706?ref=RHPPBT-BH-I0-C4-P2-S1.4-T1

Modificato da MasterMatrix
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  • 3 settimane dopo...

Il mondo di Sor Carletto: "Non riconobbi Pep al telefono. Guardo le partite e tifo per le mie squadre"

di  G.B. Olivero 
27 OTTOBRE 2018 - MILANO
Che bella invenzione i nonni. Uno sguardo a volte severo ma perennemente comprensivo; una parola adatta a ogni situazione; un sorriso che cancella le delusioni. Carlo Mazzone, oggi, è un nonno ma in realtà lo era anche quando allenava: «Tratto i miei nipoti come trattavo i calciatori: insegnando il rispetto e l’educazione». I calciatori se lo sono goduto per tanti anni, dal 1968 (debutto ad Ascoli) al 2006 (sipario a Livorno). Adesso tocca ai nipoti. Se volete scorgere la sagoma imponente di Mazzone dovete andare ad Ascoli o, in estate, a San Benedetto. Lo vedrete fare una passeggiata al mattino o lo incrocerete al pomeriggio mentre va al circolo per una partitina a carte con gli amici di sempre. Ma l’attività preferita è godersi la famiglia, a lungo lasciata… in panchina. Da 55 anni la moglie Maria Pia è l’inseparabile compagna di vita: la donna che spesso assorbiva un po’ delle tensioni del suo uomo. Da questo matrimonio sono nati Sabrina e Massimo. E poi i quattro nipoti: Vanessa e Alessio (rispettivamente 27 e 20 anni, figli di Sabrina), Iole (17, figlia di Massimo) e il piccolo Cristian (2, figlio di Vanessa). Non solo nonno, anche bisnonno. Tutta la famiglia abita ad Ascoli e da lì Mazzone non si muove rifiutando quasi ogni invito e dribblando le interviste: «Un po’ per non fare torto a nessuno e un po’ perché non vuole più sottrarre tempo a noi», racconta Alessio, la nostra guida nel mondo di un allenatore atipico e di un uomo schietto, leale, impulsivo, generoso.
 
NIENTE TELEFONO- A qualche domanda, comunque, sor Carletto risponde. Che poi nemmeno si tratta di domande: sono ricordi, viaggi nel tempo, immagini che si rincorrono, momenti che non si possono dimenticare. «Qualche giorno fa Guardiola ha parlato benissimo di me. Mi sono commosso. Per me Pep è come un figlio, seguo le sue partite in tv, faccio il tifo per lui: una persona rispettosa e meravigliosa che ha segnato la mia vita e la carriera». E che gli dedicò un pensiero stupendo quattro giorni prima della finale di Champions a Roma tra il suo Barcellona e il Manchester United (2009): «Squillò il telefono, andò a rispondere mio nipote. “Nonno, c’è Guardiola al telefono”. Io sbuffo, prendo la cornetta: “Pronto, chi è?”. E lui: “Mister, sono Pep”. “Sì, e io sono Garibaldi”. I miei amici di Ascoli mi fanno spesso degli scherzi, pensavo fossero loro. “No, mister, sono davvero Pep. Volevo invitarla alla finale”. “Pep, ma tu tra quattro giorni giochi la finale di Champions e pensi a me?”. “Sì, mister: penso a lei e la voglio in tribuna”. Ci andai. E lui vinse». A squillare fu il telefono di casa perché Mazzone non ha mai avuto un cellulare: quando deve mandare un messaggio a Totti o Baggio usa quello della moglie. A Natale, invece, parte la chiamata: «Anche Totti è come un figlio. Ho letto quello che ha scritto di me sul suo libro e mi sono venuti i brividi. Baggio era come Francesco: rispettoso, un grande uomo dentro e fuori dal campo. Se avessi potuto farli giocare insieme, avrei perso meno capelli. Quando li sento sono felice».
VIDEOCASSETTE - Questa è una storia di calcio e di buoni sentimenti, di valori antichi e intuizioni tattiche: «In allenamento vidi che Pirlo avrebbe potuto esaltare la sua eccelsa tecnica arretrando la posizione. Quell’intuizione ha generato buoni frutti per me e per lui che è un ragazzo fantastico». Ragazzi, per Carletto sono ancora tutti ragazzi. Pure se loro hanno superato i 40 e lui ha festeggiato gli 80 nel marzo 2017 con una grande festa in famiglia. Per celebrare il nonno, Alessio ha aperto una pagina Facebook e Instagram a suo nome: «Così può ricevere i messaggi dei tifosi che gli vogliono bene. Ho pubblicato i video-auguri di Totti, Materazzi, Bonera e tanti altri. Al nonno piace stare in compagnia. Quando siamo tutti insieme, gli leggi negli occhi la felicità. Per tanti anni vedeva la nonna solo il lunedì perché lei non lo seguiva. E’ stata dura, anche perché nella giornata libera il nonno voleva rivedere le partite che faceva registrare. Mi hanno raccontato che c’erano tante videocassette a casa».
 
QUELLA CORSA E LE SCUSE - Su youtube Alessio ha visto spesso la famosa corsa ai tempi del Brescia sotto la curva dell’Atalanta per rispondere agli insulti: «Mi hanno raccontato che appena rientrato nello spogliatoio nonno telefonò a casa per tranquillizzare tutti. Poco tempo fa a San Benedetto l’hanno fermato tre tifosi dell’Atalanta per scusarsi e fargli i complimenti. Che uomo, il nonno: con noi nipoti è sempre stato severo ma dolce e negli ultimi anni si è ulteriormente intenerito, ci concede qualcosa in più. Ha mandato me e la mia fidanzata Giulia a rappresentarlo all’addio di Pirlo: quella sera ho sentito racconti commoventi sul suo conto». Alessio ha giocato nelle giovanili dell’Ascoli, ma Mazzone non è mai andato a vederlo per evitare che qualcuno pensasse a una sua spintarella. In tv, invece, Carletto guarda tutte le partite: Serie A, Premier, Serie B, basta che il pallone rotoli. «E tifa per le sue ex squadre. A volte fa qualche commento tecnico, mi dice quali sostituzioni effettuerebbe». D’altronde, anche da nonno, Mazzone resta sempre un allenatore. E l’ultima frase che ci regala è anche uno splendido ritratto di se stesso: «Io sono sereno, mi godo la vita e i nipoti. Per me allenare era una grande passione; rendere felici i tifosi era una missione. Ho dato tutto me stesso, è stata una bellissima avventura».
P.S. per i lettori under 18Tre appunti per raccontare mister Mazzone ai più giovani.
ORIGINALE Amedeo Carboni era un terzino della Roma che amava sganciarsi. In una partita del 1994-95 lo fece troppe volte e Mazzone sbottò: "Amede’, quante partite hai fatto?". "350, mister". "E quanti gol ?". "4, mister". "E allora ‘ndo caz... vai!!!".
COMPETENTE Mazzone allenava in provincia quando per gli squadroni provincia significava fatica, sudore, trappola e magari sconfitta (Ascoli-Juve 1-0 nel 1981-82, Lecce-Napoli 1-0 nel 1988-89, Bologna-Inter 2-0 nel 1998-99 e tante altre).
UMANO Non ha coppe in bacheca, solo tre promozioni. Ma tante salvezze, alcuni miracoli e il trofeo più bello: l’affetto di tutti i suoi giocatori e la stima infinita, umana e professionale, dei più grandi: Totti, Guardiola, Baggio. A Brescia Robi fece mettere una clausola sul contratto: "Se va via Mazzone, vado via io". Quando aveva squadre scarse, le faceva lottare. Quando il livello si alzava un po’, le faceva giocare. A modo suo è entrato nella storia del nostro calcio. E non solo perché si è seduto su una panchina di A 792 volte.
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  • 2 settimane dopo...

Ieri quella capra di Kessie completamente scoordinato ferisce Musacchio.

I medici del Milan lo soccorrono, ma si è fatto male anche l'Ivoriano, allora entra in campo anche lo staff medico del Betis per soccorrere il nostro. :heart:

Musacchio fuori in barella, consolato da un giocatore del Betis.

Il pubblico di casa applaude lo sfortunato giocatore. 

 

Chapeau! Grandi lezioni di civiltà e sportività.

 

Da noi ancora stavano a gridare "devi morire"...

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  • 2 settimane dopo...
  • 1 mese dopo...
  • 2 mesi dopo...
Inviato (modificato)

Io che sono un amante del calcio.

Io che faccio il tifo per una delle due squadre di Milano.

Io che, quando ho letto che probabilmente lo stadio di S.Siro lo demoliranno per fare un nuovo stadio, mi è scesa una lacrima.

Io che in quello stadio ho sofferto e gioito centinaia di volte.

Io che in quello stadio c’ero insieme ad altri centomila al concerto di Bob Marley.

Io che ieri mi sono ritrovato con mia moglie allo stadio Ullevål di Oslo per vedere una partita di qualificazioni Euro 2020: Norvegia Svezia.

Si i nostri vicini di casa, quelli che dominarono in Norvegia fino al 1905.

In uno stadio stracolmo e pieno di svedesi con le loro magliette gialle, ho potuto provare cosa vuol dire stare in piedi in assoluto rispetto all’inno nazionale svedese mentre tutti gli svedesi cantavano, finito in un applauso di tutto lo stadio.

Si ho cantato anche io qualche parola all’inno norvegese, d’altronde la data che mi porterà ad aver vissuto gli stessi anni qui di quelli vissuti in Italia, si sta avvicinando e, se il cielo vuole, ci sarà poi il sorpasso.

Ho sentito dire che, in Inghilterra, se esulti in un settore non dedicato ai tifosi ospiti, puoi essere buttato fuori dalla security; ieri c’erano svedesi ovunque che esultavano per la loro squadra senza nessun problema, si esultava in alternanza in base a quello che succedeva in campo. Nessuno sfottò, nessun tifo contro, gli unici fischi che ho sentito erano quelli rivolti all’arbitro (italiano haha) per una decisione presa contro la propria squadra.

Alla fine, il pareggio 3-3, giusto visto la partita giocata dalle due nazionali.

Poi l’uscita dallo stadio, tuti contenti e tutti insieme senza nessun problema, ecco non avevo mai provato una cosa simile.

 

Sorrisi

Modificato da MasterMatrix
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  • 2 settimane dopo...

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