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Vorreste che vostro figlio facesse la fine di Stefano Cucchi?


vannis
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Qualche settimana fa avevo trovato su "D" di Repubblica un bello e impressionante articolo su una situazione prettamente italiana (il proibizionismo selvaggio), scritto da Guido Blumir, uno dei principali esperti in materia. Avendolo ritrovato online (qualche buonanima si è messo a trascriverlo, credo), lo ripropongo qui. Da leggere anche se lungo.

Vorreste che vostro figlio facesse la fine di Stefano Cucchi?

di Guido Blumir

Nel nostro paese si stima che i giovani (13 - 28 anni)consumatori di droghe leggere siano tra i due e i tre milioni. Ma la legge (in vigore dal 2006) stabilisce sanzioni durissime per chi viene trovato in possesso di quantità anche minime di hashish (o altre sostanze).E in questi anni (soprattutto in provincia) le conseguenze di fermi, perquisizioni, arresti (spesso sproporzionati)sono diventate tragiche. Come le storie di questi ragazzi...

Alberto, niente privacy Forlì, giovedì 5 luglio 2007. Una bellissima serata d'estate. Alberto Mercuriali, 28 anni, agronomo, incensurato. Vicino ai tavoli di un bar di via dell'Appennino, con amici, fa qualche tiro di canna. I giovani non sanno di essere osservati dai militari in borghese del Nucleo operativo e radiomobile di San Martino, a caccia di trafficanti e spacciatori. Procedendo veloci e silenziosi, agguantano il ragazzo e lo incastrano per lo spinello. Lo caricano in macchina e si dirigono verso la sua abitazione, a Castrocaro Terme. Procedono - senza la presenza di un avvocato - a una "perquisizione domiciliare". La stanza è piena di libri. Ma i militari "non si lasciano incantare da quella parete che sa di cultura. Fiutano ogni centimetro della stanza", come scriveranno i quotidiani locali, aggiungendo particolari: proprio dalle pagine di un libro, scavate e tagliate a formare un nascondiglio, spunta una piccola quantità di hashish (forse 40 grammi, secondo i carabinieri). È un libro fantasy, Il regno dell'ombra. "Forse dopo aver fumato l'erba anche il giovane entrava in una dimensione lontana dalla realtà", commenterà poeticamente il Quotidiano del Nord. Perché intanto i carabinieri, soddisfatti del ritrovamento, non arrestano il giovane, ma lo denunciano per spaccio, promettendogli che non passeranno la notizia alla stampa e suggerendogli anche di non parlarne ai genitori. Alberto non nega il possesso (grave errore secondo gli avvocati: è meglio, in prima battuta, in genere, riservarsi il diritto di non rispondere). Poi parla col fratello minore e decide di non informare il padre e la madre. Domenica mattina: tutti i quotidiani locali sparano in prima pagina la notizia del clamoroso crimine. Il Resto del Carlino lancia una maxi foto dei carabinieri a tutta pagina, con titolo cubitale "IMBOTTITO DI DROGA". I pezzi fanno pensare al fermo di un trafficante professionista di medio livello, particolarmente astuto nell'escogitare il trucco del nascondiglio. I militari raccontano ogni cosa in una conferenza stampa con fotografi e tv. Non fanno il nome del ragazzo, ma in un piccolo centro l'identikit (28 anni, agronomo, vive in famiglia) non lascia dubbi. Vedendo i giornali, Alberto resta fulminato. Si sente tradito. "Un ragazzo per cui la parola data e ricevuta ha sempre avuto un grande valore", racconta il padre, Renzo Mercuriali. "Posso immaginare come si sia sentito quando ha visto che un patto così importante - il rispetto della privacy anche verso noi genitori - era stato tradito proprio da funzionari dello stato". Per alcune ore amici e genitori cercano Alberto sul cellulare, senza fortuna. Alberto Mercuriali non risponde, né chiama nessuno. Domenica sera: collega il tubo di scappamento alla macchina, accende il motore e lascia entrare il gas nell'abitacolo. La mattina successiva i genitori lo trovano. Morto. Asfissiato. "I GIORNALI HANNO SCRITTO MOLTE BUGIE" "Non ci siamo accorti della perquisizione e Alberto non ci ha detto nulla", dice Renzo. "La domenica non siamo passati dal paese e non abbiamo visto i quotidiani. Lunedì mattina eravamo al lavoro e ci hanno chiamato dall'ufficio di nostro figlio: "Stamattina Alberto non è venuto. Dov'è?". Siamo tornati a casa e lo abbiamo cercato ovunque. Poi siamo andati al podere e abbiamo visto la macchina, con Alberto dentro. Non respirava più". "I giornali hanno scritto molte bugie", ricorda la mamma, Cristina. "Era stato nostro figlio, all'inizio della perquisizione, a consegnare l'hashish ai carabinieri. Noi dormivamo di sotto, non ci siamo accorti di niente. Il ragazzo non voleva che il trambusto ci svegliasse, e si è preso le sue responsabilità, apertamente, dando subito la droga ai carabinieri. Gli articoli sono arrivati come una pugnalata alle spalle. I militari, contro i patti, avevano tenuto una conferenza stampa senza avvertirci. Se lo avessero fatto, Alberto sarebbe ancora vivo. I responsabili di questa tragedia devono pagare". I coniugi Mercuriali hanno presentato un'istanza per accertare la verità sulle cause del suicidio. Parlare con loro è come vedere il film di un dramma così atroce ed evitabile. Hanno tutto in testa. Devono districarsi tra avvocati, giudici e giornalisti. E lo fanno con il massimo di lucidità e di determinazione.

TESTIMONI INASCOLTATI L'inchiesta è partita. I Mercuriali hanno aspettato per 12 mesi. In tutto questo tempo i magistrati inquirenti non hanno sentito i principali testi. Ovvero: i carabinieri protagonisti della brillante operazione e il responsabile della caserma. Il fratello minore, Diego, che ha parlato con Alberto a caldo: "Quando, in caserma, si era reso conto della gravità della situazione, stava per chiamare un avvocato e avvertire i nostri genitori". Se lo avesse fatto, tutto si sarebbe svolto diversamente. Ma i carabinieri lo hanno stoppato, dicendogli che se firmava i verbali con l'assunzione di responsabilità, la cosa si sarebbe svolta in modo indolore. Loro non avrebbero informato la stampa e neanche i genitori dell'accaduto. Di fronte a questa promessa, Alberto si è convinto. Non è stato sentito il cronista di nera Maurizio Burnacci, del Resto del Carlino: "Io non ho inventato niente. Il romanzo (sul libro imbottito di droga ecc., ndr) l'ha creato qualcun altro". Cioè i carabinieri: questo il succo delle dichiarazioni del giornalista ai colleghi Lisa Tormena e Matteo Lolletti, registrate nel documentario Il giorno in cui la notte scese due volte. Non sono stati sentiti nemmeno i numerosi colleghi e fotografi presenti all'incontro stampa. "Eppure è chiaro", spiega la signora Mercuriali, "che quello è un passaggio chiave. È stata quella bugia a essere decisiva per la sparata in prima pagina, come ammettono gli stessi giornalisti autori dei pezzi. Ed è stata quella prima pagina a spingere nostro figlio alla disperazione e al suicidio". Sia i carabinieri sia i cronisti avrebbero potuto salvare la vita di Alberto in quelle ore. I carabinieri avrebbero potuto telefonare al ragazzo e ai genitori, informandoli del fatto che avevano cambiato idea e che avrebbero tenuto una conferenza stampa. I giornalisti poi avevano a disposizione tutto il giorno per trovare il ragazzo (l'identikit era trasparente) e sentire la sua versione, quelle dei parenti e degli amici. Il minimo sindacale. E probabilmente la tragedia sarebbe stata evitata. Tutti questi testimoni non sono stati sentiti e il gup ha deciso una prima archiviazione. Ma il caso è troppo complesso e non finisce qui. Anche il pm ha sottolineato che ci sono state delle scorrettezze, perlomeno sul piano deontologico. I Mercuriali hanno fatto partire una denuncia per diffamazione contro tutti gli autori degli articoli e contro il Resto del Carlino. Sta andando avanti. Gli "Amici di Alberto" hanno aperto un sito e organizzato decine di convegni e manifestazioni con grande solidarietà della popolazione e di giornalisti ed esperti di media.

Giuseppe, incensurato Pantelleria: Giuseppe Ales, 23 anni, geometra senza raccomandazioni, incensurato, lavora da manovale per aiutare la famiglia. Nel tempo libero, come metà dei giovani italiani, si fa qualche canna. Dà fastidio l'idea di dare soldi alla criminalità comprando il fumo e lui, come tanti, segue una strada diversa: la marijuana se la coltiva, per uso proprio. Non costa nulla. La semina, un po' d'acqua, clima adatto, cresce bene. Dopo qualche mese è pronta. All'alba del 20 marzo 2005, uno squadrone di carabinieri armati di mitra gli piomba in casa. I genitori di Giuseppe sono sotto shock: il padre, anziano agricoltore, è invalido, ha perso una gamba a causa del diabete. I militari trovano alcune piantine di erba, alte pochi centimetri. Sequestrate. Il giovane viene ammanettato e portato in caserma. Interrogatorio pressante. Scatta la denuncia penale per "traffico e produzione di stupefacenti". I carabinieri annunciano a Giuseppe che pochi giorni dopo a Trapani ci sarà il processo per direttissima. Rischia da uno a sei anni di carcere. Nel frattempo, arresti domiciliari. Il giorno dopo, Pantelleria è sconvolta: il Giornale di Sicilia ha fatto il paginone. "Scoperto traffico di droga nell'isola, arrestati gli spacciatori". Gli isolani non credono ai loro occhi: il grande criminale sarebbe l'incensurato geometra Giuseppe Ales. La mattina successiva la famiglia del giovane è riunita per la colazione; la madre trattiene a stento le lacrime, il padre è terreo. Manca Giuseppe. "Vado io a chiamarlo", si offre il fratello più piccolo. Apre la porta della cameretta del giovane. Giuseppe non è nel suo letto. Penzola dal soffitto, impiccato con una corda al collo.

Roberto, e l'attimo fuggente. Roberto Pregnolato, operaio di Aprilia (provincia di Latina), 33 anni, è un uomo felice. Dopo anni di precariato, la grande azienda farmaceutica Abbott lo ha assunto con un contratto a tempo indeterminato. Insieme alla fidanzata, ha appena fatto tutte le pratiche per un mutuo: non dovranno più pagare l'affitto della loro mansarda all'ottavo piano, piccola ma graziosa, con terrazzo. E hanno deciso di sposarsi. La sera di venerdì (17 aprile 2009), Roberto è in libera uscita con gli amici. Sono anche loro giovani, di estrazione semplice e look senza pretese. Alle quattro del mattino una pattuglia li ferma. I militari procedono, senza mandato, alla perquisizione del veicolo. Salta fuori un po' di cocaina: 6,5 grammi, secondo una valutazione approssimativa. Meno degli otto grammi trovati addosso (novembre 2008) al celebre banchiere professore di 76 anni, sorpreso a Milano con una squillo sudamericana, e poi archiviati senza conseguenze, nemmeno la sospensione della patente. Invece in questo caso i carabinieri non vanno tanto per il sottile. E i ragazzi non possono svegliare sul cellulare d'emergenza il principe del foro sempre a disposizione: direbbe loro di negare, di non rispondere alle domande, di aspettare il suo arrivo e di bloccare tutto nel frattempo. Parlerebbe coi carabinieri al telefono e suggerirebbe loro di non procedere, salvo rischiare cose inenarrabili dal punto di vista penale, civile, disciplinare eccetera. Gli uomini, intimiditi dal penalista autorevole, rispettosamente attenderebbero. I nostri queste cose non le hanno viste nemmeno nei film. Niente scanner o analisi sofisticate. Niente penalisti. "Da dove viene la droga?", incalzano i carabinieri. "È mia", risponde Pregnolato, prendendosi tutte le colpe del mondo, da solo, come in L'attimo fuggente, ma al contrario (lì tutti i ragazzi si prendevano la colpa, scena a cui poi si è ispirato il celebre spot sul preservativo). Il giovane operaio, incensurato, invece, si sacrifica per evitare che siano arrestati tutti e tre. Ma la generosità di Roberto non paga. I militari ci prendono gusto e lo accompagnano nella mansarda per una perquisizione domiciliare. C'è anche la fidanzata. Salta fuori qualche grammo di "fumo" e un bilancino, strumento ovvio di tutti i consumatori per controllare il peso esatto della marijuana acquistata: nell'ottica di alcuni segugi è una prova di spaccio. Roberto nega di essere un pusher, ma si prende la responsabilità anche dei grammi di "fumo". La perquisizione procede. Nemmeno in questa fase c'è un avvocato. La ragazza osserva i militari al lavoro. E Roberto? Non c'è più. È un attimo: guarda dappertutto, ma il ragazzo non si vede. "Roberto, dove sei?", la donna urla. Poi si precipita sul terrazzo. Il giovane non è nemmeno lì. Un militare piantona l'ingresso dell'appartamento. Di là non è uscito. Lei corre ancora sul terrazzo. E guarda giù dal parapetto: 25 metri più in basso, il corpo di Roberto giace spiaccicato sull'asfalto. "Era un bravo ragazzo", dirà il parroco Don Francesco Bruschini ai funerali, svoltisi pochi giorni dopo presso la chiesa San Pietro in Formis, a Campoverde (Latina).

La Legge italiana

Nel 2002 l'attuale Presidente della Camera, Gianfranco Fini, allora leader di Alleanza Nazionale, spinse per una nuova normativa antidroga che ribaltasse il risultato referendario (55.3 % contro 44.7%) e depenalizzatore del consumo. Il pressing di Fini trovò resistenze importanti in Forza Italia: Bondi, Contestabile, Pecorella, Maiolo, Moroni, Jannuzzi. Ma, nel 2006, il Parlamento approvò in finale di legislatura, poco prima delle elezioni, il progetto di Fini (legge 21/2/2006, n.49, in Gazzetta Ufficiale, n.48, 27/2/2006), ricorrendo alla fiducia, con una forzatura istituzionale che creò dubbi nello stesso Ciampi, allora Presidente: due settimane per firmare. Nella pratica quotidiana - quasi 600mila fermi in pochi anni - esiste un nuovo razzismo? Sicuramente nella legge che rende punibile un comportamento, il semplice uso di una sostanza, con sanzioni di polizia o penali (per chi supera le microquantità previste oppure coltiva per uso proprio). Viene quindi penalizzata/criminalizzata una categoria, un gruppo sociale: i consumatori. Come in altre epoche e in altre società si è fatto e si continua a fare contro popoli, gruppi etnici o religiosi, o comunità con certi stili di vita, come i gay, che vengono colpiti o discriminati. In una logica ancora più esasperata, da Minority report, se un fumatore viene fermato, con la macchina o il motorino, e ha dell'erba, senza fargli il test, gli si ritira la patente (art.75, comma 3). E il mezzo viene sequestrato. Come se a un normale cittadino che sta caricando in auto la spesa, si togliesse la patente perché nelle buste del supermercato ci sono delle bottiglie di vino. Punizione preventiva, presunzione di colpevolezza, processo alle intenzioni, condanna senza processo. G.B. E gli altri paesi? Negli ultimi vent'anni, quasi tutti i paesi europei hanno cambiato le leggi. Si è preso atto che le proibizioni non bloccano il consumo. Si sono considerati gli eccellenti risultati dell'esperienza olandese: dagli anni Ottanta è legale comprare cinque grammi di cannabis tutti i giorni nel coffee shop sotto casa; i negozianti possono tenerne mezzo chilo. Così sono stati separati i mercati: quello della marijuana e quello delle droghe pesanti. Il consumo non è aumentato (dopo qualche tempo è addirittura diminuito). E nelle statistiche parallele con gli Stati Uniti proibizionisti (molto significative su un arco di trent'anni), per uso di erba gli americani battono gli olandesi. Per la coca, li doppiano. Portogallo, Repubblica Ceca e Spagna (per prima) hanno depenalizzato l'uso. Come la Germania, in seguito a una sentenza della Corte Suprema. I tedeschi hanno lasciato agli enti locali il compito di fissare il quantitativo consentito: 15 grammi a Berlino e 30 nello Schleswig Hollstein. E l'era Merkel non ha cambiato le cose. La Russia di Putin, in seguito all'approfondito lavoro di una commissione parlamentare di scienziati, ha fissato il limite in 20 grammi. La magistratura spagnola, con sentenze che hanno fatto scuola, ha depenalizzato anche la coltivazione per uso personale. Il Belgio ha autorizzato la produzione di due/tre piante a testa. Gli Stati Uniti fanno storia a sé: negli anni Settanta, in seguito agli impulsi dell'era Carter (post Nixon), undici stati hanno fissato in un'oncia (28 grammi) la quantità non punibile. Ma in maggioranza leggi dure e applicate senza pietà: fino a picchi di 800 mila arresti annui. E ora c'è una forte spinta verso il cambiamento.

In caserma per tre grammi di "fumo"

Sannicola (Le), 13/7/2008: il Nucleo Radiomobile di Gallipoli fa irruzione a casa di Giuseppe Mercuri e Sophie Chaffurine. Li arrestano entrambi. "L'infallibile fiuto del cane aveva permesso di scovare della marijuana. Tre chili, dicono gli inquirenti". Potrebbe essere il tipico frutto di una coltivazione estiva. Spesso si pesano anche rami e materiale inerte. Mercuri dichiara al giudice che l'erba gli serve per curarsi da una malattia. Possibile. Anche il magistrato sembra dare un certo credito all'uomo. Dopo qualche giorno di carcere, la coppia (59 anni lui, 43 lei) viene messa ai domiciliari.

Il 19 luglio, durante i controlli di rito, i militari trovano i due nel garage della masseria. Cadaveri. "Una fine orribile che raggela il sangue nelle vene. Insieme fino all'ultimo respiro smorzato dal gas di scarico. La donna seduta nella Fiat 126 blu. L'uomo per terra. Forse negli ultimi istanti la lucidità avrà preso il sopravvento, i polmoni avranno chiesto urlando aria. Ma di aria ormai non ce n'era più" (da Lecce Prima, quotidiano online, 19/7/2008).

Pietralunga (Pg), ottobre2007: Aldo Bianzino, 44 anni, falegname, moglie e un figlio. Qualche pianta di canapa. Arrestato. Cella di isolamento. Ne esce cadavere: ematomi cerebrali, lesioni al fegato. Indagine penale. L'unica cosa certa è che non è un suicidio. A Perugia nasce il comitato "Verità per Aldo" per scoprire tutta la storia. Ne fanno parte la moglie e il figlio. Lo scorso anno lei muore per una malattia. Il figlio Rudra, 16 anni, resta solo. Processo in corso. Per ora è imputata una guardia penitenziaria.

Rovereto (Tn), 21/7/2009: Stefano Frapporti. Muratore. Artigiano. Incensurato. 48 anni. In bici, viene fermato. Perquisizione a casa, senza avvocato, nè testimoni. Secondo i carabinieri, trenta grammi di hashish. Arresto. Trovato impiccato nella sua cella. È la versione ufficiale. I familiari, l'avvocato e un comitato stanno mettendo in luce diversi aspetti oscuri della sua morte. Se fosse un suicidio, sarebbe, ancora una volta, per una modesta quantità.

Pollica (Sa), 31/7/2009: un insegnante elementare ha uno screzio con carabinieri. Se lo portano via. Dalla caserma, i militari trovano un sindaco disposto a firmare un trattamento sanitario obbligatorio. Ovvero, ricovero forzato nel reparto neurodeliri. Rinchiuso e legato a un letto di contenzione. Ne esce cadavere. Inchiesta penale. Un comitato di amici e parenti è al lavoro. Le droghe non c'entrano, ma Francesco Mastrogiovanni, 58 anni, è considerato comunque un "diverso".

Ancona, 23/9/2009: Matteo Carloni, 47 anni, sposato, due figli. "Persona allegra e serena", riferisce il quotidiano online Vivere Ancona. Fermato da una pattuglia per un normale controllo: gli trovano addosso qualche grammo di coca. È incensurato e la quantità è minima. Viene denunciato a piede libero. Ma i carabinieri gli ritirano la patente. Non perché positivo alle analisi: non sappiamo se ha usato, basta la detenzione. La mattina dopo alle 5.50 esce di casa, prende un taxi (senza patente) e poi si spara con una doppietta.

Vigodarzere (Pd), giugno 2004: Cristian Brazzo, incensurato, operaio. Fiume Brenta, una sera in macchina, spinello con amici. Carabinieri. Documenti. Perquisizione vettura. Tre grammi di fumo. Tutti in caserma. "Sarà solo una segnalazione alla prefettura". Gli amici vanno verso casa. Cristian chiama i genitori: "Faccio tardi". Ma non arriva. L'indomani si trova l'auto, vicino al fiume. Una settimana dopo, il Brenta restituisce il corpo.

Isolabella (To), settembre 2003: Marco Pettinato, 26 anni. Lavora al Prosciuttificio Rosa. È presidente della Pro Loco. Incensurato. Gruppetto fermato. Pettinato ha pochi grammi di hashish. Arrestato e denunciato. Condannato a quattro mesi. Pochi giorni dopo, si toglie la cintura dei jeans, la appende alla recinzione del campo di calcio e si impicca. Lo trova la madre.

Cremona, febbraio 2002: Alessandro Maciocia. Trovato con due grammi e mezzo di hashish. Coinvolto in vicenda giudiziaria più pesante per "concorso". Si suicida con il gas di scarico della sua auto. Lascia un biglietto: "Non c'entro niente".

Un caso simile si verifica a Umbertide (Perugia), nel maggio 2002. E poi.

A Conegliano Veneto (Tv), Antonio Da Re, 35 anni, insegnante, viene fermato per possesso. È soltanto un consumatore, ma il Ministero lo trasferisce: farà il bibliotecario. Assolto dal Tribunale (settembre 2004), ma non reintegrato dalla burocrazia: si uccide.

Succede (solo) in Italia

Sondrio, 26/5/2006: per due mesi la Guardia di Finanza registra con telecamere gli studenti di una scuola. Alla fine, grande perquisizione, ma nessun ragazzo trovato con il "fumo". Viene fermato il bidello, con un po' di hashish in un ovetto Kinder.

Bologna, aprile 2007: un mese di lavoro per 120 carabinieri in dieci scuole con i cani antidroga. Controllano bagni, aule, cortili, palestre, scale, zainetti, motorini. Risultato finale: otto grammi di hashish.

Siracusa, 16/3/2007: cinque ragazzi fermati e perquisiti. Una "dose" a testa. Uno ha in tasca la stratosferica cifra di 80 euro: viene arrestato, perché secondo la legge il contante è un indizio grave.

Trepizzi (Le) 18/4/2007: quattro giovani (due minorenni) innaffiano alcune piantine. Arrestati.

Taranto, 23/5/2007: due ragazzi fumano in macchina; le forze dell'ordine li sorprendono. Uno è un giovane parroco, viene solo denunciato. Arrestato l'altro. Colpevole di avergli passato la canna.

Mola di Bari, 7/7/2007: in prigione N.G., cuoco trentenne, sposato e con due figli, arrestato per dieci grammi e sei piantine alte pochi centimetri.

Senigallia (An), 24/5/2007: M.M., ristoratore di 21 anni, in manette: per sette piante. "Le piantine sono state caricate sulla pantera insieme a M.M., a cui è stato contestato il reato di produzione ai fini di spaccio, sufficiente per farlo passare dalla confortevole cucina del proprio ristorante a una più modesta cella del carcere anconetano, dove di certo non potrà dare spazio all'hobby da "pollice verde"", recitano le gazzette locali.

Nocera Inferiore (Na), 16/2/2008: arrestata una donna incinta che nascondeva hashish nel reggiseno. I carabinieri hanno prima perquisito la casa di Giovanna Russo, trovando 200 euro in contanti, "ritenuti provento di attività illecita". Poi, con l'ausilio di una vigilessa, abilmente occultate nel reggiseno, sono stati trovati 15 grammi. Manette. Il giudice a disposto gli arresti domiciliari.

Tricase (Lecce), 5/6/2010: i finanzieri piombano in classe: hashish tra i banchi? 1,8 grammi trovati.

Dall'inizio dell'anno scolastico, ci sono già stati 133 interventi in 83 istituti, con costi enormi per lo Stato. Finora sono stati sequestrati in tutto solo 12 grammi di hashish.

Giovani, operai, lavoratori. Incensurati. Di piccoli paesi e cittadine di provincia. È l'identikit che emerge dalle storie drammatiche che abbiamo elencato. Una condizione umana, una realtà, molto diversa da quella dei giovani metropolitani, perlopiù studenti, di famiglia medio o alto borghese, protetti e/o non "toccati" dalle leggi violente della strada, dove si può finire in balia di meccanismi stritolanti e paurosi.

Dodici suicidi e/o morti sospette che emergono da oltre 100mila articoli di giornali esaminati tra il 2002 - anno in cui inizia l'applicazione "anticipata" della legge antidroga del 2006, in un clima da "strade pulite" - e il 2009. E solo nella ventina di provincie, su cento esistenti, monitorate. Forse altre storie sono sfuggite. C'è un confine netto fra queste vicende e i casi di suicidio in carcere (che sono almeno 50-60 all'anno) e le storie di violenza fisica contro arrestati o fermati, sia per "fumo" che per altri motivi, picchiati da agenti o militari in strada, in caserma, e le storie di persone morte in carcere in seguito a pestaggi. Magari perché poi non curati, come Cucchi.

"Se un poliziotto massacra un cittadino negli Stati Uniti, viene licenziato in tronco", ricorda la mamma di Stefano. "Anche da noi, se corressero dei rischi veramente gravi, se non altro per convenienza, magari starebbero più attenti", ragiona la mamma di Alberto Mercuriali. I suicidi di ragazzi "in libertà", non detenuti, nei guai per pochi grammi di hashish, sono una realtà a parte. Sono pesanti come macigni. Puntano il dito contro una "legge assassina" (così definita all'epoca da Franco Grillini e da altri deputati e senatori dell'opposizione) e "criminogena" (dai Radicali italiani che non erano in Parlamento). Legge come causa diretta di queste tragedie, perché persone come Mercuriali oppure Ales, miti, incensurati, la polizia dovrebbero vederla solo nei telefilm. E invece vengono colpiti come se fossero dei criminali.

Scatenando il caso Cucchi, bene hanno fatto esponenti storici della difesa dei principi di uguaglianza e libertà, come Luigi Manconi, presidente dell'associazione "A buon diritto" o deputati di centrodestra garantisti come Flavia Perina e Giulia Bongiorno. Ma è stato decisivo il comportamento della famiglia: il padre Giovanni, la madre Rita e la sorella Ilaria. Guardare negli occhi la madre fa venire i brividi. È impossibile non sentire il dramma, la sofferenza. Non sentire cosa può aver provato questa donna immaginando le botte, le urla di Stefano. Ma anche la forza e la determinazione della reazione, l'assoluta mancanza di paura verso possibili intimidazioni.

La storia del ragazzo romano entrato vivo e uscito morto dall'ingranaggio è finita in prima pagina sui quotidiani e nei tg. Sono nati comitati e reti. Libri, iniziative.

Un aspetto che accomuna storie diverse, è il fatto che per piccoli casi di "fumo" si può finire in carcere.

Cucchi, per pochi grammi, in prigione non doveva starci. Se al ragazzo fossero stati dati i domiciliari, sarebbe ancora vivo. "Hanno detto che non aveva fissa dimora: ma la perquisizione l'hanno fatta a casa nostra", mi racconta la signora Rita. Dunque, i domiciliari potevano essere dati lì. Basta poco. Una firma, una carta. Il confine fra la vita e la morte.

Sull'onda del caso Cucchi, anche le storie allucinanti che abbiamo raccolto, i ragazzi suicidi, stanno trovando più attenzione. E forse qualcuno potrebbe, anzi dovrebbe, ripensare la legge in vigore.

Modificato da vannis
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Secondo me stai facendo un minestrone di svariati argomenti:

1- la legge che punisce il possesso di stupefacenti è indubbiamente ridicola

2 - ciononostante per alcuna ragione al mondo sarebbe dovuto succedere quello che è successo a Cucchi

3 mi risulta inoltre curioso che critichi la polizia per aver messo delle telecamere dentro una scuola, e magari non hai detto niente per quelle messe nei cessi dell'Hollywood a Milano.

Modificato da milordino
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indipendentemente da quello che penso, l'articolo mi sembra una pacchianata degna del Moige. Al contrario.

una lista di fatti documentati è una pacchianata? Spiegati.

(btw per me la ragione per la legalizzazione è assai più semplice: + soldi allo stato, - soldi a mafie e mafiette )

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  • 8 anni later...
14 ore fa, SCRIGNO MAGICO dice:

 

Eh no, forse hai letto troppo distrattamente. 

Quelle cose aberranti dileggianti un morto non le ha scritte  "un tizio",  ma un agente di polizia del sindacato autonomo...

 

Hai ragione! È un pubblico ufficiale e scrive pubblicamente cose allucinanti. Speriamo che la gogna serva a perseguirlo. 

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54 minuti fa, Tersite dice:

Hai ragione! È un pubblico ufficiale e scrive pubblicamente cose allucinanti. Speriamo che la gogna serva a perseguirlo. 

 

La gogna??  Cioè tu sulle cose aberranti autografe, su un povero ragazzo, morto per colpa di un pestaggio di Stato, dette da quello che dovrebbe essere un tutore dell'ordine, non hai nulla da dire se non che vedi una "gogna"?? No ma fammi capire, ogni notizia di dichiarazioni aberranti autografe pubblicate da qualunque giornale va bene e non è gogna, qui per te il problema diventa improvvisamente una gogna?? Di una dichiarazione pubblica di un pubblico ufficiale in una pagina pubblica??

 

Scusa ma tu da che parte stai?? 

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12 ore fa, Tersite dice:

guarda che sono d'accordo con te, rimane una differenza fra denunciarlo e condividerlo su fb, ma in questo caso la gogna è utile.

 

Beh ma a quello ci penserà chi di dovere. 

Giornalisti, ma anche comuni cittadini, quando vengono a conoscenza del...tentativo di uccidere per la seconda volta un morto, e ancora da parte dei primi che dovrebbero dissociarsi, cioè altri "tutori dell'ordine", fanno solo bene a diffondere la cosa; non sono opinioni, non si è inventato niente, si è solo dato ancora più risalto - giustamente! - a una cosa che era nata già pubblica per volere del suo stesso autore! 

 

Da come ti esprimi tu sembra quasi che la cosa doveva essere "coperta"... :unknw:

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  • 1 mese dopo...

io penso di non riuscire più a tollerare salvini. dovrebbe strisciare per terra ai piedi di questa famiglia e di ilaria cucchi, alla quale diceva di doversi vergognare. e invece se ne esce con un messaggio dove non solo non ci sono scuse, ma ci sono anche i "ma"

 

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6 ore fa, silvia_fi dice:

io penso di non riuscire più a tollerare salvini. dovrebbe strisciare per terra ai piedi di questa famiglia e di ilaria cucchi, alla quale diceva di doversi vergognare. e invece se ne esce con un messaggio dove non solo non ci sono scuse, ma ci sono anche i "ma"

 

 

Che messaggio? Non lo trovo.

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9 ore fa, MasterMatrix dice:

 

Che messaggio? Non lo trovo.

 

"Caso Cucchi, sorella e parenti sono i benvenuti al Viminale. Eventuali reati o errori di pochissimi uomini in divisa devono essere puniti con la massima severità, ma questo non può mettere in discussione la professionalità e l'eroismo quotidiano di centinaia di migliaia di ragazze e ragazzi delle forze dell'ordine".

 

la parola “scuse” non viene pronunciata da Salvini.

non mi sembra che la famiglia cucchi abbia mai messo in discussione la professionalità delle intere forze dell'ordine, anzi : hanno preso le parti del carabiniere Casamassima che con le sue dichiarazioni aveva fatto riaprire il caso, perché è stato trasferito e demansionato, ed ha subito minacce. 

le istituzioni (che in questo caso ahimè coincidono anche con salvini) avrebbero dovuto elogiare questo carabiniere e il collega Francesco Tedesco, quello che ha raccontato l'aggressione, e tutelarli. invece ti ritrovi che uno è stato trasferito e demansionato, l'altro chissà che fine farà. i comportamenti virtuosi in questo paese raramente vengono ricompensati

 

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Il 12/10/2018 at 09:54, silvia_fi dice:

 

"Caso Cucchi, sorella e parenti sono i benvenuti al Viminale. Eventuali reati o errori di pochissimi uomini in divisa devono essere puniti con la massima severità, ma questo non può mettere in discussione la professionalità e l'eroismo quotidiano di centinaia di migliaia di ragazze e ragazzi delle forze dell'ordine".

 

 

Fa ridere (per non piangere) che dica di non generalizzare, lui.

"Gli immigrati sono tutti delinquenti" non è una generalizzazione.

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