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SME ecco la verità


affus
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SME, il capolavoro indiscusso del leader della sinistra.

SME, ovvero, il capolavoro del leader indiscusso della sinistra.

Geniale.

In realtà, in origine SME significava testualmente "Società Meridionale Elettricità", ma all’epoca dei fatti era prevalentemente un "polo alimentare" che comprendeva marchi storici italiani tra i quali Autogrill, Supermercati GS, Charms, Sanagola, De Rica, Cirio, Bertolli, Alemagna, Motta e molto altro.

La SME era di proprietà dello Stato attraverso l’IRI, che deteneva un pacchetto del 64% delle azioni complessive.

La valutazione di quei "quasi due terzi" della SME, sulla quale concordavano tutte le società del settore, si aggirava a quei tempi sui 650-700mld.

Il Governo decide di venderla e ordina al CdA dell’IRI di effettuare i preparativi per l’asta pubblica imposta da quelle che sono le regole di privatizzazione.

Ben presto "nell’ambiente" si inizia a vociferare che la francese BSN Gervais Danone sia disposta addirittura a superare i 700 miliardi, ma che incontrerà un avversario agguerrito nella cordata Barilla-Ferrero.

Romano Prodi, in quel momento Presidente dell’IRI si oppone duramente alla vendita della SME, ma è solo un modo per "prendere tempo" per ritardare i preparativi dell’asta pubblica per aspettare una "coincidenza di cassa" della SME...

Infatti il leader della sinistra, molto prima dell’inizio dei preparativi per l’asta pubblica, ha già venduto sottobanco, e a titolo personale, la SME a De Benedetti.

E infatti, quando la "coincidenza di cassa" è matura, convoca a tempo di record una mega-conferenza stampa, e annuncia in fretta e furia al mondo di aver venduto la SME a De Benedetti.

Scoppia il finimondo.

Nell’IRI, dove nessuno sa nulla, tant’è che si viene a sapere della vendita della SME nel bel mezzo dei preparativi dell’asta pubblica che avrebbe dovuto venderla settimane dopo...

Nel mondo politico, poiché nessuno del Governo, cui spetta la ratifica finale, sa assolutamente nulla, anzi, sta aiutando il C.d.A. dell’IRI ad organizzare l’asta futura...

Nella magistratura, poiché Prodi non ha alcun titolo per poter vendere qualcosa a nome dello Stato o dell’IRI, o "impegnarsi" in alcun modo nei confronti di terzi...

Nel mondo economico, poiché non si capisce come si possa avere la stupidità (o il coraggio) di vendere a 3 (TRE) miliardi una società per la quale i francesi ne offrono intorno ai 700 (SETTECENTO)...

Partono le consuete denunce contro il leader della sinistra, al seguito delle quali la magistratura blocca la vendita.

E quando pare che sia la volta buona che arrestano Prodi, si scopre che nel contratto con De Benedetti compariva una micro-clausoletta del tipo "salvo approvazione dell’IRI e del Governo", che riduce il contratto a semplice "proposta di contratto" (nonostante i trionfalistici annunci del Professore e dell’Ingegnere alla conferenza stampa).

De Benedetti non ci sta, e chiama a sua volta in causa più volte la magistratura, ma, a causa della clausoletta, perde ovviamente tutti i ricorsi, e non trova ovviamente il benché minimo ascolto in alcun ambiente giudiziario.

E, a causa della clausoletta, Prodi si salva ancora una volta in extremis dalla galera.

Molto interessante il contratto firmato tra Prodi e De Benedetti.

In breve, Prodi vendeva a titolo personale il 64% delle azioni della SME, ossia il pacchetto detenuto dallo Stato attraverso l’IRI, per 497 miliardi di vecchie lire, mentre l’asta che contemporaneamente i vertici dell’IRI e del Governo stavano organizzando, partiva da un prezzo-obbiettivo di circa 700.

De Benedetti non possedeva i 497 miliardi, quindi Prodi gli rateizzava opportunamente il pagamento.

Per "opportunamente" si intende che le rate venivano fissate, sia in importo, sia in data, in modo da permettere allo spiantato ingegner di reperire i contanti necessari "altrove", ossia "non nelle sue casse" perché nelle sue casse regnavano le ragnatele...

Ecco quindi il primo capolavoro der Mortazza: la "coincidenza di cassa" si concretizzava in circa 100 miliardi di "liquidità" per la prima (e l’ultima) volta presenti nelle casse della SME, quindi una rata era a posto...

Secondo capolavoro: il leader della sinistra impegna nel contratto lo Stato a ricomprare istantaneamente dall’Ingegnere, attraverso le banche "statali" Mediobanca e IMI, quel 13% di azioni "in più" rispetto al 51% strettamente necessario al controllo totale della SME, e a pagarlo 114 miliardi.

Ma... se la calcolatrice non è un’opinione, il 13% è circa un quinto del totale del pacchetto del 64% di azioni SME e se il pacchetto totale è stato venduto per meno di 500mld, perché un quinto non viene rivenduto istantaneamente a meno di 100, bensì a 114?!?

Terzo capolavoro: il leader della sinistra impegna lo Stato ad "imprestare" 30mld all’Ingegnere, restituibili in tempi abnormi al tasso del 5% in un periodo nel quale i tassi di mercato erano tra il 15 e il 20%...

Quarto capolavoro: l’affare andava concluso con quella incredibile fretta anche perché, oltre alla "coincidenza di cassa", c'era in ballo, nei conti della SME, un imminente "recupero fiscale" per quasi 700 MLD di perdite pregresse, che si traducevano in un ulteriore utile di circa 250 MLD per l’acquirente...

Riassumendo, grazie al capolavoro contrattuale del leader della sinistra, De Benedetti acquistava un oggetto a 497 miliardi anziché 700, ma degli ipotetici 497mld, circa 100 erano dello Stato e non dell’Ingegnere, essendo nella cassa della SME, altri 114 erano dello Stato, e non dell’Ingegnere, essendo "una costola" sovrastimata di ciò che, fino a 5 minuti prima, era dello Stato, altri 250 erano già dello Stato, poiché "recupero fiscale" di perdite di qualcosa che, fino a 5 minuti prima, era dello Stato, e altri 30 erano imprestati dallo Stato.

Cioè 497 – 100 – 114 – 250 – 30 = 3 miliardi... Anziché 700..........

E che fine hanno fatto tutte le denunce?

BOH!

Improvvisamente salta fuori un'avventuriera di nome Ariosto, assidua frequetatrice di casinò che un bel giorno per dare un tono alla propria vita, si mette in testa di fare la gallerista di opere d'arte...

Gli affari procedono bene, ma un bel giorno le vengono rubati dei quadri di valore e chiede il risarcimento alle compagnia di assicurazione, la quale, non stupida, fiuta l'inganno e la denuncia per frode...

La Signora, non si sa perché, in Questura si ricorda di un fatto clamoroso... durante una festa si ricordò improvvisamente che Previti, tra un frizzantino e l'altro, disse a bassa voce di aver promesso ad un giudice un quadro di valore per manovrare la sentenza a suo favore... CHE COINCIDENZA!

Alla Bocassini, non pareva vero... e con la bava alla bocca... convocò Previti...

Iniziò cosi la telenovela del processo Previti...

La Signora Ariosto poi ritrattò, beccatasi una giusta "querela", in lacrime aggiunse: "Non credevo che raccontare palle fosse reato".

Poveretta...

Non solo senza un prova...

"il reato" ed il "suo corpo" non esistono proprio!

Previti sarebbe stato condannato per aver corrotto con un quadro di valore (che comunque non si é mai mosso da dove è tutt'ora appeso) un giudice, tentando di manovrare una sentenza, che non solo era già comunque favorevole, ma che nemmeno avrebbe dovuto avere luogo dato che PRODI NON ERA MINIMAMENTE LEGITTIMATO A REGALARE, OPS! VOLEVO DIRE SVENDERE LA SME A DE BENEDETTI, che risaputamente poi fece comunque ricorso...

Dato che Prodi non era legittimato a firmare un contratto di favore al De Benedetti per la vendita della SME, ed il contratto doveva essere ritenuto nullo ad ogni effetto, tantomeno un giudice, visto che il De Benedetti fece pure incredibilmente ricorso, era chiamato ad esprimersi in un senso o nell'altro...

Ed è questa l'assurdità dell'intera vicenda... era Prodi da arrestare STOP! Invece no, Prodi lo salva la sinistra con il decreto "Salva Prodi" che gli cancella l'abuso di ufficio...

Pure De Benedetti, facendo ricorso, la fa franca.

Morale della favola:

beccano Previti (ovvero Berlusconi) per aver tentato di manovrare una sentenza che gli era comunque favorevole, sentenza illegittima (mia opinione) dato che quel contratto stipulato tra Prodi e De benedetti era incredibilmente nullo a prescindere...

Questa non è l'altra campana...

Questa è la storia VERA!

(da indy)

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La storia appare verosimile.

In ogni caso, mi viene da pensare, chissa' quanti processi avrebbe subito De Benedetti se fosse sceso in politica dalla parte sbagliata.

questa e' cio' che si chiama UNA BELLA PERLA , bravo Armando, mi stupisci ogni giorno sempre di + anche se poi mi cadi sul teorema del voto a Di Pietro e sullo juventino onesto :lol:

pero' questa e' una gran bella perla

chapeau

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A proposito di pagliuzze e travi

Seduta dell'11/12/2002

Pag. 39

... Audizione del dottor Biagio Agnes, Presidente pro tempore di STET.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del dottor Biagio Agnes, Presidente pro tempore di STET.

Dottor Agnes, è stato ascoltato dai magistrati di Torino?

BIAGIO AGNES, Presidente pro tempore di STET. No.

PRESIDENTE. Quindi, risponde per la prima volta?

BIAGIO AGNES, Presidente pro tempore di STET. Sì.

PRESIDENTE. Abbiamo un'intervista apparsa su il Giornale in data 7 febbraio 2000 dal titolo «Fu Romano Prodi a farmi fuori dalla STET», in cui lei spiega l'incontro con Draghi nel gennaio 1997, forse il giorno 23 - quindi sicuramente dopo il 13, 14 e 15, cioè i giorni della grande riunione a Belgrado - che a suo dire fu molto cordiale ed estremamente piacevole. A neanche ventiquattro ore dall'incontro con Draghi, lei riceve una telefonata a casa in cui apprende che il ministro del tesoro Ciampi la attende alle ore 11 al ministero. Lei, meravigliato, telefona ad Ernesto Pascale, apprendendo che anche lui è stato convocato al ministero per le 9 del mattino.

Il giorno dopo lei attende in ufficio il ritorno di Pascale che dice «mi hanno chiesto le dimissioni; mi hanno detto che è meglio per me ed io mi sono dimesso». Il presidente Agnes - cioè lei - dice che non si sarebbe dimesso, mentre Pascale consiglia «non fare sciocchezze, fallo!»

Alle ore 11 lei giunge al Ministero del tesoro dove viene ricevuto da Ciampi e Draghi. Il ministro la riempie di elogi tanto da farla arrossire, ma poi a freddo (si legge sul giornale) le comunica che sarebbe meglio se si dimettesse da STET, «lo vuole Prodi» le confida Draghi.

Ci vuole dire, per favore, che cosa è successo e se questo racconto ha bisogno di modifiche oppure è l'esatto specchio della situazione?

BIAGIO AGNES, Presidente pro tempore di STET. A parte gli orari, il resto è vero e dirò come è andata.

Vengo convocato la mattina per telefono mentre mi trovavo a casa per le ore 18,30 del pomeriggio. Chiedo a Pascale ed apprendo che anche lui è stato convocato per le 15 del pomeriggio. Alle 18,30, prima di andare all'appuntamento, vedo Pascale il quale mi dice di essersi dimesso perché glielo hanno chiesto anche se non ha capito bene il motivo. Rispondo che io non mi sarei dimesso perché non vedrei motivi per farlo.

Vado all'appuntamento e sono ricevuto dall'allora ministro del tesoro Ciampi e dal dottor Draghi. Premetto che corrisponde al vero il fatto che ventiquattro ore prima avevo visto il dottor Draghi, che non conoscevo, con cui ho parlato di strategie e della STET - che peraltro stava attraversando un buon momento - e con il quale ci siamo lasciati dicendo «ci rivediamo». Il giorno dopo è avvenuto quello che è avvenuto.

Sono andato all'appuntamento al Ministero del tesoro dove si è svolto un colloquio molto, molto civile con il ministro Ciampi, presente Draghi. Alla richiesta di dimissioni, motivate dal fatto che era meglio che nuove forze facessero le privatizzazioni, ho opposto un diniego al quale il ministro del tesoro ha risposto «la

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capisco, non posso dire che fa male, faccia come vuole». Ci siamo salutati e il dottor Draghi mi ha accompagnato alla macchina. Insieme abbiamo preso l'ascensore e parlando, Draghi mi ha chiesto «perché non si vuole dimettere? L'ha fatto anche Pascale». Ho risposto «Pascale ha i suoi motivi, io ho i miei e non intendo dimettermi». Ha continuato con «Ma chi glielo fa fare, chissà i giornali che cosa diranno...!» ed io ho controbattuto «diranno che non mi sono dimesso, non possono dire altro.» «Le conviene dimettersi, lei ha pure famiglia, perché non deve dimettersi? Pensi a tante cose!».

Non voglio dare alcun giudizio, racconto quanto è successo come ho fatto anche nell'intervista.

CARLO TAORMINA. È intimidatorio.

PRESIDENTE . La frase da lei riferita «lo vuole Prodi» che avrebbe detto Draghi, a cosa...

BIAGIO AGNES, Presidente pro tempore di STET. Ci sto arrivando. Lungo il percorso, esattamente nell'ascensore, il dottor Draghi mi chiese se ero amico di Prodi. Ho risposto «per la verità, non c'è stata mai una grande simpatia tra me e Prodi, non so per quali motivi». E Draghi «perché è Prodi che insiste molto affinché lei vada via».

PRESIDENTE. Lei, a questo punto, dice che la spiegazione si rinviene nel suo discorso all'ultimo consiglio di amministrazione che ha presieduto, che non è mai stato pubblicato.

BIAGIO AGNES, Presidente pro tempore di STET. No.

PRESIDENTE. Abbiamo il testo dove lei dice, dopo una serie di omissis, «tutto appare improprio, illogico, ingiustificato, ma io non posso non accogliere questo invito per la tranquillità mia e della mia famiglia». Che cosa vuol dire?

BIAGIO AGNES, Presidente pro tempore di STET. Ho ripetuto le stesse parole di Draghi. Sono andato via dal civilissimo incontro con il ministro del tesoro con la sicurezza di non dimettermi; dopo il colloquio in ascensore con Draghi, ci ho ripensato, ho fatto qualche telefonata a mia moglie e mi sono dimesso.

PRESIDENTE. C'è stata qualche preoccupazione umana comprensibile o no?

BIAGIO AGNES, Presidente pro tempore di STET. Da parte mia?

PRESIDENTE. Sì. Ho il dovere di spiegarle la ragione della domanda perché da un lato apprendiamo ora che lei ha telefonato a sua moglie, dall'altro si parla di tranquillità della famiglia.

BIAGIO AGNES, Presidente pro tempore di STET. A mia moglie dico tutto e anche allora raccontai come si era svolto il colloquio. Mia moglie rispose «perché non lo fai, avrai più tempo libero».

PRESIDENTE. Ritiene che il suo allontanamento da STET possa essere collegato all'operazione Telekom Serbia in qualche modo?

BIAGIO AGNES, Presidente pro tempore di STET. Non lo so, non voglio neanche pensarlo, non ho avuto neanche tempo per esaminare le carte di Telekom Serbia, perché non sono mai arrivate in STET almeno finché ci sono stato io. Non ho avuto neanche la possibilità di parlarne in consiglio di amministrazione; tuttavia quando su la Repubblica è apparso per la prima volta un servizio su Telekom Serbia, qualche pensierino l'ho fatto, ma si trattava di un pensierino ingenuo.

PRESIDENTE. Le risulta come sia nata l'operazione Telekom Serbia e se la stessa sia stata sollecitata, protetta o auspicata da parte di autorità politiche italiane ed estere?

BIAGIO AGNES, Presidente pro tempore di STET. Ai tempi miei no. Per quanto mi riguarda no.

Pag. 41

PRESIDENTE. Le risulta che il gruppo STET-Telecom Italia abbia avuto un interscambio di informazioni con il Ministero del tesoro e con quello degli affari esteri circa questa operazione?

BIAGIO AGNES, Presidente pro tempore di STET. Purtroppo non lo so.

PRESIDENTE. A suo modo di vedere - utilizzo le affermazioni del dottor Pascale, quindi non sono mie valutazioni - il Governo poteva o non poteva sapere dell'esistenza della trattativa? E poteva o non poteva aver dato il preventivo assenso al loro esito?

BIAGIO AGNES, Presidente pro tempore di STET. Presidente, questa domanda può essere rivolta a chiunque, non soltanto a me. Credo che le operazioni più grosse fatte in STET venissero fatte non con l'assenso, quanto meno con l'informazione al Ministero degli esteri.

PRESIDENTE. Ad un certo punto il pacchetto di maggioranza di STET passa dall'IRI al Ministero del tesoro: permangono le sue perplessità in ordine all'operazione Telekom Serbia?

BIAGIO AGNES, Presidente pro tempore di STET. Permangono... Bisogna considerare il momento in cui è avvenuto il passaggio: STET ha smesso di essere la holding delle telecomunicazioni in Italia e il tesoro è diventato azionista. Non capisco che rapporto possa esserci con l'operazione Telekom Serbia.

PRESIDENTE. Le pongo l'ultima domanda alla luce della sua esperienza e della sua lunga navigazione di vertice. Per l'operazione Telekom Serbia, il Governo poteva o non poteva o doveva sapere?

BIAGIO AGNES, Presidente pro tempore di STET. Ho detto che quanto meno il Ministero degli affari esteri poteva sapere.

PRESIDENTE. Grazie. La parola al senatore Consolo.

GIUSEPPE CONSOLO. Presidente Agnes, possiamo affermare - dato che l'ha detto il dottor Pascale - che nel momento delle sue dimissioni la società da lei presieduta aveva dei bilanci record, in positivo, nel campo delle partecipazioni statali?

BIAGIO AGNES, Presidente pro tempore di STET. Dando questa risposta mi sento orgoglioso: sì, era una grossa industria considerata l'Italia di allora. Anche la FIAT ci invidiava.

GIUSEPPE CONSOLO. Posso dire che quando lei è stato invitato a dimettersi, così come ha raccontato, aveva tra le sue benemerenze quella di guidare una società con un forte utile?

BIAGIO AGNES, Presidente pro tempore di STET. Senza dubbio.

GIUSEPPE CONSOLO. Quando l'hanno pregata di dimettersi, era stato confermato nella società da poco o molto tempo? Si ricorda il periodo temporale?

BIAGIO AGNES, Presidente pro tempore di STET. Sono stato nominato presidente della STET nel luglio 1990 e sono andato via alla fine di gennaio 1997.

GIUSEPPE CONSOLO. Rispetto al gennaio 1997, da quanto tempo era stato riconfermato alla guida della STET?

BIAGIO AGNES, Presidente pro tempore di STET. Da pochi mesi.

GIUSEPPE CONSOLO. Era stato riconfermato alla guida della STET dalla stessa maggioranza politica che poi - da quanto dice - l'aveva invitata a dimettersi?

BIAGIO AGNES, Presidente pro tempore di STET. Sono stato riconfermato nel 1994, credo; sì, era la stessa maggioranza. Il Presidente del Consiglio era Prodi.

Pag. 42

GIUSEPPE CONSOLO. Al momento della sua riconferma, chi era ministro del tesoro?

BIAGIO AGNES, Presidente pro tempore di STET. Credo fosse Ciampi.

GIUSEPPE CONSOLO. Sì, era Ciampi ma non volevo darle la risposta nella domanda.

Con la sua esperienza di manager pubblico, non ritiene inspiegabili i motivi in base ai quali dopo avere portato bilanci record - anzi, è orgoglioso dei successi da lei stesso paragonati a quelli di altri gruppi industriali nel settore delle partecipazioni industriali - ed essere stato riconfermato, tre mesi dopo le chiedono di dimettersi? Oppure è in grado di dare delle spiegazioni?

BIAGIO AGNES, Presidente pro tempore di STET. No so dare neanche oggi la spiegazione. Nel salutare la STET ho detto che mi sembrava una richiesta illogica, impropria, anomala: così è ed insisto su questo. No so dare una spiegazione tuttora, tant'è che al ministro del tesoro dell'epoca ho risposto «no, non mi dimetto!» E l'ho fatto soltanto dopo. Dopo qualche ora ho informato il Ministero del tesoro del fatto che mi sarei dimesso.

GIUSEPPE CONSOLO. Che attività svolge adesso?

BIAGIO AGNES, Presidente pro tempore di STET. Una bellissima attività, quella di pensionato.

GIUSEPPE CONSOLO. È stato sostituto da qualche giovane leva nel mondo delle partecipazioni statali o no?

PRESIDENTE. Senatore Consolo, la domanda non è posta secondo le regole. Presidente Agnes, da chi è stato sostituto?

BIAGIO AGNES, Presidente pro tempore di STET. Dal professor Rossi.

PRESIDENTE. Il professor Rossi viene dal mondo della finanza o da quello giuridico?

BIAGIO AGNES, Presidente pro tempore di STET. È un giurista che ha fatto anche finanza, è Guido Rossi.

GIUSEPPE CONSOLO. È stato anche senatore della Repubblica ed è avvocato.

Le risulta che sia notevolmente più giovane di lei? Diversamente non riesco a comprendere il ricambio.

BIAGIO AGNES, Presidente pro tempore di STET. Non so se avesse la mia età o fosse più anziano di me.

GIUSEPPE CONSOLO. La ringrazio, presidente Agnes.

GUIDO CALVI. Presidente, proporrei di rinviare il seguito dell'audizione del dottor Agnes, dal momento che noi senatori siamo costretti ad assentarci perché impegnati in alcune importanti votazioni.

PRESIDENTE. Accogliendo l'invito del senatore Calvi, chiederei al dottor Agnes se ha particolari difficoltà a tornare il 9 gennaio.

BIAGIO AGNES, Presidente pro tempore di STET. Sì, perché ho deciso di essere fuori Italia.

PRESIDENTE. Ha qualche problema per il 14 gennaio 2003?

BIAGIO AGNES, Presidente pro tempore di STET. D'accordo.

PRESIDENTE. Ringrazio il presidente Agnes, i colleghi intervenuti e rinvio il seguito dell'audizione alla seduta di martedì 14 gennaio 2003.

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:lol: ;) ma vuoi farmi sbellicare corto?ora che la commissione su Telekom Serbia si è chiusa con un nulla di fatto e l'inquisitore "capretta" trantino ha perso la faccia!!

Magari puoi fare cosi ,cercati Igor Marini se magari gli allunghi un centone ti fa di quelle dichiarazioni delle sue.

Non ti offendere su poi le ritratta pero :(

e il dossier mitrokhin nn me lo tiri fuori?? :(

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Io leggerei meglio.

Cosi' facendo, di solito ma nel tuo caso non so, si evitano figure barbine.

Qui i Marini (tutti) non hanno alcuna cittadinanza.

Curioso notare che nel caso in cui il nano venga assolto da qualsiasi capo d'imputazione e' assodato che sia perche' ha corrotto qualcuno, e' caduta in prescrizione l'accusa, etc etc.

Ovviamente, se tocca ar mortadella non se ne parla proprio, lui profuma d'onesta'.

Ribadisco il consiglio, allargandolo.

Fossi in te rileggerei molto bene anche il dossier IRI, basta quello senza scomodare altri bei capitoli come quelli qui trascritti.

(non hai messo abbastanza faccine, io ne aggiungerei qualcuna, magari non proprio uguale)

Ciao Nando, sbellicati pure.

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